Il significato profondo dell’alpinità nella “Lettera di un Alpino anonimo”
A seguito della 91°Adunata Nazionale degli Alpini di Trento, del 13 maggio scorso, pubblichiamo la “Lettera di un alpino anonimo” di Massimo Spadetto, sergente dell’Artiglieria da Montagna del Gruppo di Belluno, in servizio nel 1987 alla Caserma Bertolotti di Pontebba. Il testo, segnalatoci da Ivan Pierotti, Presidente del Medical Center di Merano, è disponibile, in versione integrale sulla pagina Facebook del gruppo pubblico “Storie e racconti degli Alpini“.
…Il mio anno di appartenenza al Gruppo Artiglieria da Montagna Belluno è stato
il mio svezzamento alla Vita.
Ho capito il valore dell’acqua quando dovevo percorrere 30 km a piedi sotto il sole cocente con una sola borraccia nel mio zaino da 30 kg.
Ho capito che quando avevo fame, una gavetta di pasta scotta pallidamente condita era una bontà da leccarsi i baffi, sperando in un bis.
Ho imparato a tacere, ascoltare e parlare solo quando venivo interpellato e al contempo pronunciare, scandire bene le parole per non essere frainteso.
Ho capito che per comandare bisogna saper obbedire.
Ho capito che il mio prossimo da amare non aveva necessariamente sembianze umane; il mio Mulo, gli alberi che cingevano e proteggevano la piazza d’armi, il fiume Fella che costeggiava la caserma…tutti miei prossimi.
Ho capito che “Frà” significa fratello, anche se il mio cognome era diverso e anche se non gli somigliavo per niente.
Ho imparato a rispettare la Montagna, il suo silenzio e i suoi abitanti, flora o fauna che fossero.
Ho imparato a tener duro e raggiungere la meta prefissata a tutti i costi.
Ho capito che quello in difficoltà potevo essere io e che per chiudere il cerchio dovevo aiutare chi lo era più di me.
Ho visto che la neve poteva nascondere insidie ma anche i primi bellissimi fiori d’inverno.
Ho sentito sulla mia pelle e nel mio profondo che “l’unione fa la forza” non è solo un proverbio.
Ho imparato a rispettare e capire la Natura, sentendomi parte di essa fino all’ultima stilla di sangue. “Se spezzi quel ramo deve servirti per sopravvivere altrimenti lascialo dov’è”.
Ho sentito quanta felicità mi può dare la pioggia incessante e battente che cade sul mio corpo dopo tre ore di cammino con 40 gradi all’ombra e provare altrettanta felicità sentendo un raggio di sole che mi scalda in una gelida giornata d’inverno.
Ho capito che il valore di un Uomo non si misura con denaro, potere, fama e successo ma solo con la sua umanità.
Oggi (ma da qualche anno a questa parte) ho capito che se non avessi passato quell’anno Alpino, sarei sicuramente un Uomo peggiore.
Questo…e molto di più.