Il ceroplasta e il pettirosso: storia a lieto fine di un Museo botanico
Con “Il ceroplasta e il pettirosso” di Cristina Delunas, primo classificato, a pari merito con altri quattro autori, nella sezione Racconti Adulti, prosegue la pubblicazione dei racconti vincitori della prima edizione del concorso letterario su tema naturalistico “Michele Lessona”.
Nell’Orto Botanico di un paese in un’isola del Mediterraneo, un giovane ceroplasta di nome Cris volle dedicare la sua arte alla Natura. Pensò di fare un museo pieno di modelli di piante, fiori e insetti di cera per rendere immortali le creature meravigliose che osservava in natura. Un signore molto influente di quel paese si commosse per tanta passione e gli affidò un piccolo locale nell’Orto Botanico per fare il museo. Il locale era umido e buio, ma a Cris sembrò il luogo più bello del mondo e volle chiamarlo Museo Botanico. Organizzò un piccolo laboratorio e si mise subito all’opera: voleva far rivivere l’arte della Ceroplastica dimenticata da più di due secoli. Pensava che realizzando modelli di piante, di fiori, di insetti, poteva contribuire alla divulgazione di una coscienza ecologica che in quel paese si stava perdendo.
Un giorno grigio, una gelida mattina di gennaio, Cris il ceroplasta del Museo Botanico, sentì picchiettare sul vetro del laboratorio. Si affacciò e vide un pettirosso.
Cris lavorava ormai da anni al Museo e realizzava modelli talmente belli e veritieri che si narrava si animassero le notti di luna piena. Lavorava sempre solo perché il suo era un mestiere dimenticato. Aveva imparato la lingua segreta dei ragni, delle lucertole, ma soprattutto degli uccelli.
Quel giorno, un giorno di solitudine come tutti gli altri, si rivolse al pettirosso e gli chiese: “Cosa fai qui?”.
Il pettirosso rispose: “Ciao sono Tim, mi fai entrare? C’è un gattone che m’insegue”.
“Certo, ti faccio entrare subito”. Rispose Cris che aprì la finestra del laboratorio.
Il piccolo uccello entrò e cominciò a curiosare. Saltellava ed esplorava ogni angolo con quei suoi occhioni neri. A un certo punto si fermò drizzò le piume del capo e chiese: “Che strano posto è questo, mi racconti cosa fai?”
E Cris cominciò a raccontare: “Sai, una volta vidi delle piante di cera talmente belle che parevano vere, fu a Firenze. Me ne innamorai subito e volli sapere tutto su chi le fece. Scoprii che secoli fa esisteva una fiorente attività, sospesa tra arte e scienza, per creare in cera non solo modelli botanici, ma anche zoologici e soprattutto anatomici. Furono grandi artisti come Clemente Susini, che guidati da famosi scienziati misero la loro arte, la Ceroplastica, al servizio della scienza. Erano i secoli XVIII e XIX, durante i quali con la cera si realizzavano modelli di piante di flore appartenenti a paesi in via di esplorazione. Contemporaneamente si studiava l’anatomia e i modelli erano indispensabili nelle lezioni di Medicina.”
“Perché proprio di cera?” Domandò Tim.
Cris riprese il racconto: “Sai, è un po’ impressionante dirlo, ma a quei tempi si studiava l’anatomia sui cadaveri che venivano sezionati……”
Tim nascose la testa sotto l’ala e disse: “Ho paura però l’argomento è così affascinante che….. dai continua.”
Cris proseguì: “L’esigenza era di realizzare i modelli velocemente poiché all’epoca non esistevano metodi di conservazione dei tessuti viventi. La cera è un materiale facile da modellare e non ha bisogno di essiccazione, si può colorare e ha un aspetto sericeo che la rende molto adatta a simulare superfici viventi. E’ per questo che Susini e gli altri ceroplasti la preferirono ad altri materiali. Spesso utilizzavano dei calchi fatti direttamente sulle dissezioni e in questi versavano la cera a strati. Altre volte lavoravano i vari pezzi sulla fiamma di lampade ad alcool.”
Il pettirosso sempre più curioso: “E tu? Anche tu lavori nello stesso modo?
Con un pizzico d’orgoglio Cris annuì e continuò: “Sai Tim, ci vuole una grande conoscenza scientifica di ciò che vuoi riprodurre, una buona dose di doti artistiche e tanta tanta sperimentazione.”
“Sperimentazione?” Chiese Tim.
Cris gli spiegò: “Si, gli antichi non lasciarono nulla di scritto sulle tecniche e i materiali che utilizzavano: erano segreti di bottega. Per riscoprire l’antica arte sperimento miscele di cere e coloranti che mi permettono di rendere al meglio ciò che voglio rappresentare. Ogni modello è un “pezzo unico” le cui singole parti sono ottenute lavorando la cera sulla fiamma di una lampada ad alcool. Le colorazioni le ottengo con coloranti minerali aggiunti a caldo nella cera.”
Intanto si era fatta notte e un raggio di luna argentato rimbalzò di vetrina in vetrina illuminando il piccolo museo. Tim non credeva ai suoi occhi quando alcuni strani personaggi uscirono dalle vetrine e fecero un girotondo intorno alla vetrina del fior di loto. Erano i modelli ingranditi dei fiori delle orchidee che in quella notte di plenilunio iniziarono a ballare.
“Chi sono?” chiese Tim a Cris
“Loro li ho realizzati per primi, è per questo che sono i primi a svegliarsi ………” Rispose Cris
E di seguito anche gli altri modelli, ad uno ad uno, fecero capolino dalle vetrine. Dalla vetrina delle Amanite uscirono funghi multicolori tanto simili a quelli veri che pareva di sentire il profumo tipico del sottobosco. Le piante carnivore si misero ad inseguire i modelli dei coleotteri. I granuli di polline, riposti nella vetrina dedicata alle allergie, si divertivano a cambiare di posizione e a generare una gran confusione con le didascalie. I fiori rari giocavano a nascondino.
“E’ una festa bellissima Cris!,” escamò Tim
“Io mi diverto così. E’ l’unico momento in cui il Museo prende vita. Vorrei tanto che venissero i visitatori, vorrei raccontare la storia della ceroplastica e come oggi può contribuire alla divulgazione scientifica e alla salvaguardia della natura. Alle volte sono triste e penso di vivere in un epoca che non mi appartiene, ma sento le voci degli antichi scultori in cera che mi sussurrano di non mollare, di portare avanti questo progetto anche in ricordo della loro opera.” Disse Cris malinconico.
“Coraggio Cris vedrai che la costanza nel seguire il tuo ideale prima o poi porterà i suoi frutti.”
Pian piano si fece giorno, Cris ebbe un bel da fare per risistemare le vetrine e riordinare le didascalie. Tim ringraziò per l’accoglienza e dopo aver gradito un pezzetto di plumcake gluten free volò via contento di aver conosciuto questo misterioso e affascinante personaggio.
Il Museo era sempre in ordine come se da un momento all’altro potessero entrare i visitatori. Ma passarono ancora lunghi anni. Cris non si scoraggiava e continuava a realizzare modelli meravigliosi dei fiori più inconsueti, delle piante più rare e degli insetti impollinatori. L’amico Tim era volato e spesso Cris si chiedeva se l’avrebbe mai rivisto. Certe volte, ripensando a quell’incontro, credeva addirittura di aver sognato.
In quegli anni aveva raggiunto livelli incredibili nella lavorazione della cera, riusciva a rendere la trasparenza dei petali e la consistenza acquosa di certi frutti.
Un giorno, quando proprio non se l’aspettava, sentì un gran trambusto e il pettirosso Tim bussò alla finestra. La gioia di Cris fu indescrivibile, aprì la finestra ed esclamò: “Amico mio, ma dove eri finito?! Ti ho aspettato tutti i giorni ma non sei venuto!”
“Caro Cris volevo farti una sorpresa, ho volato intorno al mondo, ho raccontato la tua storia e ………guarda un po’ chi mi ha seguito” Disse Tim con quei suoi occhi neri e il becco sorridente.
Cris non credeva ai suoi occhi: la terrazza antistante il museo pullulava di una miriade di visitatori accorsi da tanti paesi per visitare quell’esposizione così insolita. Si creò una lunga fila per settimane e settimane e il nome Museo Botanico echeggiava in tutto l’Orto e in tutto il paese. Cris era indaffaratissimo e perse di vista il suo amico. Fra i visitatori ci furono docenti, studenti, politici, scienziati e artisti e tutti riconobbero il messaggio di amore per la Natura che scaturiva dall’ammirare quei magnifici modelli. Il Museo fu aperto al mondo e la Ceroplastica, nelle mani di Cris, trovò nuova vita.
Spesso Cris, il ceroplasta, ripensò all’incontro col pettirosso, ma non seppe mai se fu un sogno frutto della sua immaginazione, se fu un’incontro reale o l’ispirazione che lo portò a persistere nel suo mestiere.