“Harvest”: agricoltura dopata e caporalato nel nuovo docu-musical di Andrea Mariani
Un giovane regista “d’inchiesta”, che ama scandagliare gli aspetti più controversi della green economy, delle fonti rinnovabili, e ora anche dell’agricoltura. Verità scomode, scavate con l’attenzione di un archeologo, per portare alla luce fatti poco o per nulla noti al pubblico. Si chiama Andrea Paco Mariani, ha 33 anni, è nato a Brescia ma il suo ultimo lavoro lo ha girato nell’Agro Pontino laziale e i protagonisti sono indiani. Agricoltori sikh sfruttati, che “si fanno” di sostanze pericolose per poter lavorare. Questa la trama di Harvest , l’ultimo documentario (ancora in fase di realizzazione), anzi docu-musical ad alto tasso sociale, che alza il sipario su un’agricoltura poco rispettosa dell’ambiente e dell’uomo.
D) Andrea, il tuo ultimo lavoro è girato in campagna, ma non c’è niente di bucolico in queste terre. I protagonisti sono “schiavi”, schiacciati dal sistema del caporalato, e la natura è maltrattata…
R) Quest’opera non è solo un documentario, miscela anche fiction e musical, e nasce dall’urgenza di far conoscere e denunciare un fenomeno di duro sfruttamento che si verifica nelle nostre campagne. Nell’Agro Pontino, a soli 60 chilometri da Roma. I protagonisti sono degli indiani sikh che lavorano fino allo sfinimento e utilizzano parte della loro stessa retribuzione per acquistare sostanze che gli permettano di lavorare. Un sistema di doping per poter reggere la pressione richiesta dal datore di lavoro.
D) Tutta un’altra immagine rispetto alla campagna pace e tranquillità, e luogo dei ritmi naturali dell’immaginario collettivo…
R) Questa terra è stata occupata da una distesa di serre, un processo di industrializzazione spinto con la devastazione del territorio. Per dare alcune misure a Fondi c’è il più grosso mercato agroalimentare del Sud Europa. Nell‘Agro Pontino si spezza anche il ciclo stagionale, si esaspera e si stravolge tutto. Tradizionalmente per gli agricoltori l’inverno è un periodo più rilassante rispetto all’estate, mentre, al contrario, nelle serre i turni sono più massacranti.
D) Quali sono le conseguenze del caporalato sugli individui?
R) Abbiamo registrato uno sfruttamento che porta anche al deterioramento fisico, visti i ritmi di lavoro. Si registrano tanti suicidi, i sikh hanno un alto senso del pudore e questi meccanismi provocano umiliazioni che spesso portano a gesti estremi. Eppure il contesto in cui vivono, paradossalmente, non è degradato: non ci sono ghetti o baraccopoli. Vivono in normalissimi appartamenti con le loro famiglie. C’è speranza nei loro figli, che stanno diventando dei cuscinetti sociali perché aiutano i genitori a decifrare i contratti che firmano!
D) In passato ti sei già occupato di temi ambientali scomodi, in quali occasioni?
R) Nei mesi del referemdum sulle trivelle con Smk Videofactory abbiamo prodotto Quale Petrolio un lavoro incentrato e sincronizzato sulla campagna referendaria. Lo stile era quello giornalistico, ma nonostante l’urgenza del tema abbiamo fatto un ottimo lavoro anche dal punto di vista tecnico. Nel 2014 ho girato Green Lies un documentario dedicato alla speculazione economico-finanziaria nella green economy, in particolare indagando i settori della geotermia, del fotovoltaico e dell’eolico. Abbiamo dimostrato che ci sono delle anomalie anche qui. Chiaramente non è tutto così, anzi c’è un grande valore sociale nella “rivoluzione verde” che coinvolge il campo energetico.
D) Il Cinema può portare ad una maggiore coscienza ambientale ?
R) Noi ci proviamo. Il cinema indipendente deve prendere parola sul sociale, quindi pure sulle tematiche ambientali. Usando quei linguaggi che permettono di portare alla luce storie ai margini e portano ad approfondire un problema. Condividiamo il progetto Harvest dal basso attraverso una piattaforma di crowdfunding per la raccolta fondi. Smk Videofactory è una casa di produzione indipendente che punta al sostegno popolare.
D) Quali sono secondo te le maggiori criticità ambientali del pianeta?
R) Non è facile stabilire una scala di priorità. Sicuramente all’origine dei grandi problemi ambientali c’è l’esasperazione della logica del profitto. Per esempio in Harvest il problema sociale è legato a quello ambientale. I ragazzi si ammalano, soffrono di patologie polmonari per via dell’ambiente di lavoro non proprio sicuro. Nelle serre fa molto caldo e si usano sostanze che bisogna maneggiare con cura. Quando qualcuno ha iniziato ad alzare la testa è finito in pronto soccorso, figuriamoci se c’è attenzione alla salute e all’ambiente…
D) Nel tuo quotidiano sei “ecologicamente responsabile”?
R) Ci sono tante contraddizioni nella nostra vita, bisogna stare attenti alle piccole cose quotidiane. Io cerco di farlo. Poi capisco, per esempio, che il discorso sul biologico è molto bello, da valorizzare, ma chi non riesce ad arrivare a fine mese spesso è quasi costretto a fare scelte dettate dalla condizione economica.
Gian Basilio Nieddu