Green Cities, Happy People: intervista a Monica Frassoni
Ecopass e velocità controllate, targhe alterne e blocchi del traffico, ma lo smog non accenna a diminuire. L’impalpabile Pm10 fa tremare gli abitanti del Nord tanto quanto la tangibile monnezza il Sud. L’Italia è sotto l’occhio vigile e severo dell’Europa, che ora pensa alle sanzioni.
Per questo Monica Frassoni, Presidente del Partito Verde Europeo, giunta a Milano da Bruxelles per il convegno internazionale Green Cities, Happy People – organizzato dal comitato Milanosimuove in collaborazione con la rappresentanza della Commissione Europea - bacchetta, dal palco di Palazzo Marino, la politica ambientale del nostro Paese. “Parigi, Barcellona, Monaco e tante altre città europee hanno da tempo intrapreso la strada della sostenibilità – racconta la Frassoni – da noi manca una visione strategica che tuteli i diritti alla salute e metta al centro la persona”.
D) Seconda domenica a piedi appena archiviata, ma Milano resta avvolta da una cappa di smog che perdura da un mese, con picchi ripetuti oltre i 150 microgrammi al metro cubo di Pm10, tre volte oltre la soglia giornaliera di 50. Cosa c’entra la politica in tutto ciò?
R) Penso che ci sia un problema culturale e di incapacità di governo. In Lombardia, tra le zone più ricche, e in teoria, più sviluppate del nostro Paese, questo problema appare molto grave, per un’assoluta mancanza di volontà che si è protratta negli ultimi anni. Non si è capito che le politiche ambientali non servono solo per aumentare il consenso, visto che migliorano la qualità della vita dei cittadini, ma risolvono alcune questioni fondamentali. Dall’inquinamento all’eccesso di emissioni, dalla salute alla tutela della natura, sono problemi che qualsiasi governo, sia di destra che di sinistra, deve affrontare come priorità.
D) Siamo ancora in tempo per recuperare?
R) I dati di questo giorni su tutta la Pianura Padana ci dimostrano chiaramente che dobbiamo metterci urgentemente al passo con i tempi e avanzare delle proposte concrete e drastiche, prima che sia troppo tardi.
D) Ma dove sta il freno a partire?
R) In Italia dobbiamo spesso lottare sia contro un approccio conservatore che contro i numerosi interessi politici. A causa di tutto ciò non è mai stata attuata nessuna politica ambientale sistemica. Quindi si fa l’Ecopass, ma in un’area troppo ristretta; si dimenticano le piste ciclabili; si discute di un miglioramento del patrimonio abitativo, ma non si interviene sui vecchi stabili e per di più si continua a pensare che il centro commerciale, l’auto siano cose comunque immutabili.
D) Quali sono le città europee da prendere come esempio?
R) Ci sono tante città che hanno fatto delle scelte precise e forti in ambito ecologico. A Parigi sembrava impossibile, ma è stato ridotto lo spazio delle automobili. Il 30% in meno di macchine. Hanno limitato lo spazio della circolazione in modo tale che la mobilità sulle due ruote e il trasporto pubblico potessero realmente essere potenziati. I parigini all’inizio si sono opposti, poi hanno capito che si poteva vivere, forse anche meglio, senza auto. A Bruxelles risiedono una quantità enorme di istituzioni, uffici, enti e Evelyne Huytebroeck, Ministro per l’Ambiente, l’Energia e la Riqualificazione Urbana della Regione di Bruxelles – che porterà la sua testimonianza a questo tavolo - ha detto che, in pochi anni, vuole trasformare tutti gli edifici pubblici in edifici ecocompatibili. Una soluzione fondamentale se pensiamo che il 40% delle emissioni deriva dalle abitazioni, il 30% dal traffico e solo il resto è di carattere industriale. A Monaco dal 1998 esiste un piano urbanistico che guarda all’ambiente. Una città disegnata per essere aperta, accogliente, come dev’essere una vera metropoli europea.
D) Blocchi del traffico a Milano, a Saronno auto a 30 chilomteri all’ora la domenica, a Cremona riscaldamento giù fino a 18 gradi, a Brescia targhe alterne. In Italia troppa disomogeinità?
R) Come dicevo, non ci sono provvedimenti strutturali, ma solo soluzioni tampone, temporanee e senza lungimiranza. Le misure devono essere ragionate: se, per esempio, scelgo di limitare il traffico, devo ridurre la velocità, costruire più piste ciclabili, potenziare i mezzi pubblici, creare più aree pedonali e così via. E soprattutto bisogna pensare a un sistema che ruoti intorno alla sostenibilità. Quando io ho cambiato casa, a Bruxelles, dopo due settimane è arrivato un signore del Comune che mi ha detto “siamo venuti ad aiutarla a rendere più efficiente il suo riscaldamento”. Questo vuol dire creazione di nuovi posti di lavoro, nuove figure professionali e incentivi, naturalmente, per motivare le persone a consumare meno. L’approccio ecologico non può diopendere solo dalla mia buona volontà.
D) L’Italia è stata bacchettata dal Parlamento di Strasburgo per la monnezza campana e deferita dalla Corte di Giustizia Europea per non aver rispettato i limiti previsti dalle direttive del 1999 e del 2008 per il Pm 10. Cosa accadrà ora?
R) L’Italia, insieme a dieci altri Paesi, è stata portata davanti alla Corte perché non ha fatto nessun piano nazionale per la gestione dello smog. Questo è un obbligo che non è stato rispettato nonostante le continue sollecitazioni. Se l’Italia non risponderà a questo dovere, potrà essere condannata a pagare delle sanzioni giornaliere, molto pesanti, che toglieranno altre risorse che si sarebbero potute destinare all’ambiente.
D) Cosa bolle in pentola al Parlamento Europeo sulle questioni ambientali?
R) E’ in corso la discussione sull’applicazione delle regole per rispettare l’obiettivo del 20-20-20. Poi c’è la grossa spinta all’impegno per la riduzione delle emissioni del 30%, sta per uscire il Piano sull’efficienza energetica, è uscito un grosso Action plan sull’energia e infine ci sono una serie di grandi manovre per fare in modo che i sussudi alle rinnovabili vengano uniti a dei sussidi per altre tecnologie low carbon. Insomma siamo nel pieno della battaglia per realizzare gli obiettivi del pacchetto energia e per aumentare gli impegni, ma allo stesso tempo il nostro partito sta cercando di limitare i danni che le lobby del carbone e del nucleare rischiano di generare inserendo nuove norme e piccoli escamotage che, attraverso un cambio nella struttura dei sussidi, possano limitare la priorità concessa alle rinnovabili .
Francesca Fradelloni