Giovanna Zucconi, tra cultura e colture, sempre “a seminar la buona pianta”
Giornalista ha lavorato per la televisione in programmi come Pickwick, Che tempo che fa, Gargantua e per la radio a Sumo. Ma Giovanna Zucconi, classe 1960 e natali a Camerino, oltre al giornalismo e ai libri si occupa di agricoltura (biologica). Ormai a tempo quasi pieno, negli Appennini Piacentini, dove vive con il marito, il giornalista Michele Serra. In un’azienda agricola dove coltiva lavanda ed erbe officinali. Materia prima preziosa per le essenze di Serra & Fonseca. Donna di cultura e colture. Il curriculum giusto per dirigere il Festival “A seminar la buona pianta“, promosso da Aboca, che da oggi a domenica, a Milano, porta in scena un ricco programma di parole, immagini e musica sul rapporto tra uomo e natura.
D) Giovanna, siamo all’edizione 2017 di “A seminar la buona pianta”, la sesta. Ormai la fisionomia è chiara, quali sono le differenze rispetto ai tanti altri festival che si organizzano in Italia?
R) Intanto è sostenibile e si segue un percorso dove non succede mai niente in contemporanea. L’ho pensata così, da utente dei Festival, dove vorresti fare quattro cose nello stesso momento e non puoi. E’un’organizzazione che ha a che fare con il concetto del limite. Mi piace definirla una passeggiata attraverso una serie di incontri, dove si pongono questioni ed interrogativi. Questa la metafora, poi c’è la passeggiata concreta, quella botanica lungo i Navigli.
D) Il festival ha influito nel tuo rapporto con la natura?
R) E’ la mia vita da un bel po’, me ne occupo ogni giorno e cerco di farlo in modo umanamente possibile, diffido degli integralismi. Porto poi in città questo rapporto con la terra.
D) Uno degli ospiti di quest’anno sarà lo scrittore indiano Amitav Ghosh che ha voluto provocare la comunità intellettuale con una riflessione semplice ma tagliente: “se il riscaldamento globale è il tema del nostro secolo, perché la cultura e, in modo particolare, la letteratura, non reagiscono?”. Cosa ne pensi?
R) E’ un bene che le arti facciano da cassa di risonanza, può essere utile. Ghosh lamenta questo e come il romanzo non riesca ad affrontare questi temi. Verrà anche a raccontarlo dal vivo sabato sera. Il punto è come rendere “sexy” una serie di argomenti ambientali, come trovare le parole. Anche il quotidiano britannico The Guardian ha realizzato un podcast con una serie di articoli: La più grande storia del mondo. I giornalisti sono partiti dal fatto che c’è un argomento così importante e significativo come il riscaldamento globale e hanno messo su, di conseguenza, un impianto giornalistico.Un fatto importante per il giornalismo mainstream! Il tema del linguaggio c’è, bisogna trovare le parole per dirlo senza essere un menagramo. Ma il problema (del cambiamento climatico, NdR) è reale, il fenomeno si è visto anche in tante parti d’Italia. Noi in campagna lo sapevamo già da aprile che l’estate sarebbe stata drammatica, ma non chi apre il rubinetto in modo “astratto” o per chi la pioggia è solo un fastidio…
D) All’interno del Festival, oltre a dibattiti e riflessioni, ci sono anche iniziative ecologiche pratiche, per far toccare con mano?
R) Voglio sottolineare intanto che non è scontato che un’azienda farmaceutica faccia un lavoro culturale così approfondito sull’ambiente. Poi nel Festival è prevista una semina. E’ una cerimonia, un rito collettivo. Abbiamo iniziato in Trentino, qui a Milano metteremo a dimora delle piantine che rimangono. Un modo per proiettarsi avanti nel tempo.
D) Qual è, secondo te, il problema ambientale più urgente per il nostro pianeta? I cambiamenti climatici o c’è dell’altro?
R) La mancanza di una visione complessiva e soprattutto di uno sguardo proiettato nel tempo, c’è un appiattimento sul tempo breve. Penso sia questo il vero problema ambientale. I singoli aspetti sono sormontabili se ci poniamo in un altra prospettiva e pensiamo per tempi lunghi – uno dei temi del Festival, ovvero il contrario del consumismo. Sempre che non sia troppo tardi, come sostiene Luca Mercalli, che sarà presente al Festival insieme alla Banda Osiris con lo spettacolo “Non ci sono più le quattro stagioni” – nato proprio qui. Lui pensa ci manchi il tempo per correggere la rotta… Io tendo invece a pensare, fideisticamente, che l’umanità possa ancora rimediare. Ci sono cose che si possono fare facilmente, come regolare dal punto di vista normativo la raccolta delle acque piovane. Il tema dell’acqua in Italia è enorme e dovrebbe portare a far ripensare il tipo di agricoltura che viene praticato.
D) La domanda di rito della nostra rubrica VIP (Very Important Planet): quali sono i tuoi comportamenti quotidiani a difesa dell’ambiente?
R) A parte prendere gli aerei per il resto direi che dovremmo più o meno esserci… Ma non sono comportamenti da beghina, la bigotteria ambientale non aiuta, deve essere sexy, ricercare una maniera di vita più sostenibile. Penso che negli ultimi 20 anni sia aumentata la consapevolezza e sia diffusa nel Paese. Prima non esistevano certe parole nel quotidiano: 40 anni fa si fumava negli ospedali, nei cinema o nei bar. La mentalità collettiva si modifica. Ma i comportamenti individuali non bastano, non è sufficiente. Non si può pensare la politica da una parte e la “gente” dall’altra. Ci sono influenze reciproche…
D) E con la coltivazione della lavanda come andiamo?
R) E’ ormai il lavoro numero uno, stando lì, in questa azienda agricola che ha anche altre erbe officinali. E’ la base di tutto, da lì viene tutto il resto…
Gian Basilio Nieddu