George Lyon, dalla Scozia per l’Europa: “Il cambiamento climatico non si ferma alle frontiere”
George Lyon è l’unico scozzese che al Parlamento Europeo siede tra le fila del gruppo politico dell’ALDE, l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa. Vicepresidente della potentissima Commissione per il Budget comunitario, Lyon fa anche parte della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale. È stato membro della Royal Agricultural Society e Presidente della National Farmers Union of Scotland. È, inoltre, dal 1972, agricoltore di un’azienda di 550 ettari nell’isola di Bute. Accanto ai suoi colleghi liberal democratici si batte per un’economia forte, per mantenere la Scozia nel Regno Unito e il Regno Unito al centro dell’Europa. Con Greenews.info ha parlato del fattore comunitario, fondamentale per affrontare anche le problematiche ambientali.
D) Onorevole Lyon, quali saranno, secondo lei, le sfide che attendono l’Unione Europea in campo ambientale durante i prossimi cinque anni?
R) Bisogna lavorare per creare un ambizioso programma verde per proteggere il nostro ambiente e creare posti di lavoro verdi. Il cambiamento climatico non si ferma alle frontiere e credo sia fondamentale lavorare con gli altri Paesi europei per tagliare le emissioni di carbonio, promuovere i green jobs, ridurre l’inquinamento e proteggere la biodiversità. Ai molti che vogliono il Regno Unito fuori dall’Unione Europea rispondo che i Liberal Democratici sono l’unica forza politica che in campagna elettorale è a favore di questa visione. Perché? Perché oltre 3 milioni di posti di lavoro britannici dipendono dalla nostra adesione all’UE. In parole povere, nell’Europa c’è il lavoro, abbiamo anche lanciato una petizione online per chi vuole sostenere questa idea. Al contrario lo UKIP – il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito guidato da Nigel Farage – cercando di tirare la Gran Bretagna fuori dall’Europa, sta mettendo la nostra economia a rischio e sia i Laburisti che i Conservatori sono troppo spaventati per reagire.
D) La nuova PAC, la Politica Agricola Comune post 2013 rappresenta la voce principale del budget UE e ha un elevato impatto sociale – nonché profonde implicazioni economiche – in ogni Stato membro. Come considera la riforma appena varata? Quali aspetti crede debbano essere migliorati in futuro?
R) Come portavoce del Gruppo parlamentare dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE) per quanto riguarda la Commissione Agricoltura, ho svolto un ruolo chiave nella riforma della Politica Agricola Comune. Ho, infatti, scritto il Rapporto Lyon sulla riforma della PAC – ho spinto per pagamenti diretti più mirati, per un focus sull’efficienza produttiva sostenibile, per maggiori incentivi alla ricerca, per raggiungere una crescita verde nelle aree rurali, per le misure a sostegno dei giovani agricoltori e per gli investimenti nelle fonti rinnovabili. La maggior parte degli aspetti sono stati accolti nella proposta della Commissione: mi ritengo, quindi, soddisfatto.
D) E per quanto riguarda invece la Politica Comune della Pesca?
R) Il fulcro attorno al quale deve ruotare la Politica Comune della Pesca sono i rigetti in mare. Credo, inoltre, che l’Unione Europea debba delegare il potere alle comunità locali. Pescatori e scienziati di ogni Paese devono essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano. In questo modo Bruxelles ha la possibilità di approvare piani personalizzati e specifici a seconda delle caratteristiche di ciascuna area. Nel settore è poi cruciale la difesa e la creazione di posti di lavoro per le generazioni a venire senza per questo dimenticare di incentivare gli stock ittici sostenibili.
D) In un’intervista con Europolitics, ha commenta i recenti tentativi da parte di alcuni Stati membri di far rivivere la proposta del 2010 della Commissione Europea sulle regole di autorizzazione per la coltivazione delle colture geneticamente modificate sul territorio dell’UE. È d’accordo con la proposta della Commissione di dare agli Stati membri la libertà di decidere se vogliono coltivare OGM o no?
R) Dopo le elezioni di maggio la Commissione cambierà. Così sembra molto improbabile che i negoziati si svolgeranno prima delle elezioni e la nomina dei nuovi Commissari. Inoltre, gli Stati membri restano divisi. Alcuni sono favorevoli, altri sono contro. Alcuni Paesi stanno cominciando a rendersi conto che può essere vantaggioso far crescere una nuova generazione di colture geneticamente modificate, con migliori performance sanitarie e ambientali – ad esempio riducendo l’uso di pesticidi. Io preferirei vedere una “soluzione europea”. Ma, se tale soluzione non può essere trovata, lasciare agli Stati membri la facoltà di decidere può essere l’unico modo per andare avanti. Dare ai consumatori la possibilità di scegliere attraverso l’etichettatura. Il mio unico desiderio è che le decisioni siano basate sulle evidenze scientifiche. Se ci allontaniamo dalla scienza rischiamo di perderci perché la questione sarebbe ancora più politicizzata rispetto a quanto non lo sia già.
Beatrice Credi