Gabriele Mainetti: il progetto di cinema collettivo “Edison for Nature”
Recita in teatro, televisione e al cinema, compone musica, produce e cura la regia di film e cortometraggi (l’ultimo si intitola “Lo chiamavano Jeeg Robot”). Ha studiato cinema tra Roma e New York e fatto il pieno di riconoscimenti ai David di Donatello (7), Ciak d’Oro (4), conquistando anche il Globo d’Oro come miglior film. Stiamo parlando di Gabriele Mainetti, il regista che con il documentarista Daniele Segre è responsabile del progetto Edison for Nature, cinema collettivo a tema ambientale.
D) Gabriele, stai per presentare “Edison for Nature”, ci racconti meglio il progetto?
R) Il tema è il rapporto tra uomo, ambiente e energia e tocca argomenti attuali come la valorizzazione della sostenibilità attraverso i comportamenti quotidiani, l’utilizzo dell’energia rinnovabile come energia del futuro e i mestieri dell’energia. In concreto sarà creata una piattaforma su www.edisonfornature.it dove le persone potranno postare delle storie, non necessariamente scritte sotto forma di testo ma anche video, foto, disegni, fumetti, messaggi audio. Materiale da cui è possibile trarre una storia e scrivere una sceneggiatura. Noi poi li aiuteremo – dopo aver selezionato le 10 idee che saranno valutate per dare sostegno produttivo a 10 docu-corti. Ci sarà anche una troupe che penserà a tradurre tecnicamente le idee. L’obiettivo è la produzione di un mediometraggio di 50/60 minuti.
D) Un cinema collettivo dunque, non un progetto per professionisti?
R) Mi piace molto il termine collettivo, io penso che la cultura si produce attraverso il confronto, per questo al progetto possono partecipare tutti, nessuno escluso. Conta l’idea, poi ben vengano anche i ragazzi che studiano cinema, ma le porte restano aperte a tutti. Sono molto curioso di ascoltare e vedere le proposte, di conoscere lo sguardo delle persone sull’ambiente. Mi entusiasma e mi stimola molto il fine, l’obiettivo di questo lavoro.
D) Uno degli obiettivi del progetto è sensibilizzare le persone a rispettare l’ambiente. Si intende sia in città che in campagna?
R) Si questo è un obiettivo. In campagna sicuramente l’ambiente è più rispettato rispetto alla città. Penso a Roma dove il centro è molto violentato, con Claudio Santamaria (attore protagonista di “Lo chiamavano Jeeg Robot“, NdR) abbiamo fatto una piccola ripresa a Colle Oppio, a due passi dal Colosseo, dove abbiamo scoperto centinaia di bottiglie abbandonate per terra… Sono cose che fanno male.
D) L’ambiente è normalmente presente nei tuoi film?
R) C’è la città, una città, in particolare la periferia, che soffre per l’ambiente. Questo progetto mi serve per prendere aria, anche se per raccontare la nevrosi urbana bisogna viverla. Io abito in una grande metropoli che amo e odio fortemente, Roma è una città sporca, che cade a pezzi, non siamo educati a rispettarla e mi spiace, eppure ha dei grandi e bellissimi parchi urbani.
D) Quali sono i tuoi comportamenti quotidiani rispettosi dell’ambiente?
R) Sono molto attento all’utilizzo dell’acqua, per evitare gli sprechi, ho e utilizzo un’auto ibrida, cerco di utilizzare i mezzi pubblici quando servono veramente. Per esempio durante il mio ultimo film a Cinecittà raggiungevo il set in metro, lasciando l’auto a casa, anche se a Roma non permette di raggiungere tutti i luoghi, come invece a New York, che conosco bene. Poi non sporco mai per terra, mai. Questo è un insegnamento che ho appreso dalla mia famiglia.
D) E’ possibile, secondo te, una produzione cinematografica veramente “eco-sostenibile”?
R) Sì, certo, per il mio prossimo film sto pensando di utilizzare un modulo strutturato e messo a disposizione da Edison, l’ Edison Green Movie, per ridurre l’impatto energetico durante la lavorazione del film. Nel set vi è un dispendio di energia importante che si deve limitare. Per esempio voglio sensibilizzare gli attori perché utilizzino l’auto in modo condiviso, così da impiegare meno mezzi. E’ necessario responsabilizzare le persone per avere comportamenti rispettosi dell’ambiente.
D) Qual è l’emergenza ambientale che reputi più pericolosa?
R) Ce ne sono talmente tante…forse l’ignoranza!
D) … E il disinteresse. Ma la nuda realtà dei problemi ambientali può avere audience?
Si inserisce nell’intervista il documentarista Daniele Segre, in compagnia di Mainetti (e anche lui responsabile di Edison for Nature), che risponde alla domanda:
R) Penso che anche il linguaggio del reale possa essere onirico, far volare e piangere oltre la realtà. In questo progetto cerchiamo storie che non conosciamo, i protagonisti devono essere persone capaci di recitare, di trasmettere emozioni. Non è sufficiente il dato giornalistico dell’idea, questa deve essere in grado di diventare cinema, di avere una forza narrativa, di andare oltre la realtà…
Gian Basilio Nieddu