Filippo Romano: istantanee dalla baraccopoli di Mathare, dove il riuso è necessità
Mathare è uno “slum” situato a circa 5 km dal centro di Nairobi. Con una popolazione di circa 500.000 abitanti è, per ordine di grandezza, la seconda baraccopoli della capitale keniota. In questa ex cava i residenti hanno sviluppato una strategia informale ma efficace di economia su piccola scala che si svolge per lo più in precarie case-bottega.
La Triennale di Milano ha accesso i riflettori su questo luogo con una mostra dal titolo “Made in Slums – Mathare Nairobi”. La mostra – curata da Fulvio Irace – nasce dal lavoro svolto sul campo dall’ONG Liveinslums, impegnata da due anni in un progetto di cooperazione allo sviluppo che ha incoraggiato la costruzione di una scuola di strada e l’avviamento di un progetto agricolo comunitario nello slum di Mathare. Filippo Romano, fotografo, ha realizzato (insieme a Francesco Giusti) il reportage fotografico di “Made in Slums – Mathare Nairobi”:
D) Come nasce l’idea della mostra?
R) La mostra nasce da uno degli ultimi viaggi a Nairobi, nel corso del quale Liveinslums ha coinvolto il giovane designer Francesco Faccin per la progettazione degli interni della scuola che l’organizzazione sta costruendo nello slum. Da questo breve soggiorno a Nairobi è nata l’idea di “fare l’elenco” degli oggetti di uso comune. Si tratta di oggetti interessanti dal punto di vista della realizzazione perché riutilizzano materiali di scarto. L’oggetto di “design povero” è diventato il modo per parlare di questo luogo. Ed è così che è nata la mostra ospitata dal Museo del Design di Milano, la quale si è arricchiata di materiali fotografici e video che Liveinslums aveva già realizzato. L’esposizione, inoltre, è stata recentemente prorogata fino a febbraio 2014.
D) In tema di riuso, cosa emerge dalle sue fotografie?
R) Ci sono parecchie storie e molti elementi sono legati al riuso. La raccolta dei rifiuti destinati al riutilizzo, ad esempio, è una delle attività degli abitanti dello slum. È il caso dei ragazzi che raccolgono le bottiglie di plastica: dopo averle raccolte, solitamente le portano da un artigiano che le fonde per creare altri oggetti. Pure i sacchetti di plastica hanno una nuova vita nello slum: nella mostra c’è infatti un pupazzo molto carino fatto con le buste. Ma non solo plastica: anche i materiali di metallo vengono fusi e riassemblati per essere riutilizzati per altri scopi.
D) E le scarpe?
R) Sono uno dei business della comunità Masai che vive all’interno dello slum. Loro sono dei bravissimi artigiani: utilizzano i copertoni e ne fanno delle scarpe. Questa ci può sembrare una cosa fuori dai nostri canoni, eppure qualcosa di analogo avveniva nell’Italia del secondo dopoguerra, ma forse lo abbiamo dimenticato…
D) Qual è la situazione ambientale della baraccopoli?
R) È molto pesante. Nonostante gli sforzi delle ONG, lo Stato keniota non fa molto. I grossi problemi sono legati alle fogne. Ci sono inoltre problemi legati alla qualità dell’aria, in particolare nelle altre baraccopoli a ridosso della gigantesca discarica di Dandora dove, di notte, vengono bruciati i rifiuti. Pare che tra la popolazione ci siano moltissimi problemi respiratori e diversi casi di cancro. Mathare ha invece un grosso problema di Aids, con un numero elevato di casi. C’è inoltre un’alta percentuale di tubercolosi e polmonite. Questo situazione sanitaria è causata da molte ragioni, ma credo soprattutto alla non facile vita tra le lamiere e alla precarietà delle fogne.
D) Qualche idea per il futuro? C’è da terminare la costruzione della scuola?
R) Il progetto Liveinslums continua. Siamo una piccola organizzazione e non abbiamo grosse cifre a disposizione. Quel poco tuttavia cerchiamo di farlo fruttare. Speriamo quindi di poter continuare gli interventi sul territorio di Mathare, in particolare in ambito educativo. L’educazione scolastica è un tema molto importante per Mathare. È uno dei fattori dell’esclusione. Lo Stato non garantisce in maniera continuativa l’educazione scolastica, quindi moltissimi bambini nel giro di poco tempo rimangono a casa. La nostra scuola è attualmente in funzione e nel frattempo è in corso l’ampliamento di un piano. Per questo progetto abbiamo realizzato un libro che servirà a raccogliere risorse economiche per costruire il secondo piano della scuola. Si tratta di un volume venduto nelle scuole di Milano che contiene le foto del sottoscritto e di Francesco Giusti, l’altro fotografo che lavora assieme a Liveinslums. Speriamo in questo modo di raccogliere una cifra sufficiente per terminare la costruzione della scuola.
Giuseppe Iasparra