Emissioni auto, la scandalosa decisione del Parlamento UE
Quanto è potente la lobby dell’industria dell’auto europea? La risposta sta tutta in ciò che è andato in scena la scorsa settimana al Parlamento Europeo. Dove, nonostante lo scandalo Volkswagen, con 323 voti contrari, 317 in favore e 61 astensioni, in sessione plenaria è stata bocciata la proposta di risoluzione della Commissione Ambiente dell’Europarlamento che mirava a ristabilire i limiti originariamente fissati dalle norme comunitarie per le emissioni inquinanti delle auto (Euro 6).
Si tratta della proposta che avrebbe dovuto annullare la decisione presa il 28 ottobre scorso dal Comitato tecnico permanente UE per i veicoli a motore – in cui siedono gli esperti rappresentanti dei governi insieme alla Commissione europea – nella quale i limiti riguardanti gli ossidi d’azoto (NOx) emessi dai motori diesel erano stati notevolmente innalzati. Più del doppio fino al 2020 rispetto ai livelli di 80 mg/km per i veicoli diesel fissati fin dal lontano 2007.
Secondo la Commissione Europea, infatti, l’aumento temporaneo dei limiti sarebbe giustificato dalla necessità di considerare i dubbi tecnici relativi all’uso dei nuovi dispositivi portatili di misurazione delle emissioni (PEMS), così come i limiti tecnici per il miglioramento – nel breve termine – della performance, in condizioni reali di guida, del rilevamento delle emissioni per le autovetture a diesel attualmente prodotte.
A nulla sono serviti i voti di Verdi, Socialisti e Democratici, Sinistra unitaria europea e della maggioranza dei Liberali. Per la co-presidente del Partito Verde Europeo Monica Frassoni, “Si tratta del primo provvedimento europeo dopo lo scandalo Dieselgate-Volkswagen. E la maggioranza degli europarlamentari ha fatto il gioco della parte più retriva dell’industria automobilistica, senza curarsi della salute dei cittadini che dovranno subire livelli di inquinamento sempre più alti e pericolosi”. Per Frassoni, poi, “è sorprendente che nella lista dei votanti a favore ci sia anche il presidente della commissione europarlamentare Ambiente – Giovanni La Via – la cui maggioranza si era schierata per il rifiuto della dilazione dei tempi e dei limiti stabiliti”. Da notare che La Via inizialmente aveva sostenuto l’iniziativa della censura contro il Comitato tecnico per poi votare compatto con tutto il suo gruppo politico di appartenenza, il Ppe. Ha poi osservato che “ora abbiamo impegni chiari presi dalla Commissione europea: una clausola di revisione, con un calendario preciso, al fine di abbattere i valori massimi di emissione ai livelli che sono stati concordati dai co-legislatori e, nel lungo termine, una proposta di riforma del regime di omologazione UE per le auto, così come richiesto dal Parlamento”.
Il “no” di Strasburgo al veto contro questa decisione scandalosa dimostra che l’UE non è affatto pioniera mondiale delle norme ambientali, non promuove la competitività e l’innovazione dell’industria – cioè delle imprese che riescono a ridurre le emissioni e a costruire auto per il futuro – e non difende neanche le condizioni di equa concorrenza, sono alla fine, infatti, penalizzati quelli che avevano rispettato le norme UE, e premiati quelli che le hanno infrante. Una bruttissima pagina per le istituzioni europee e una decisione che va solo a favore delle lobby automobilistiche e assolutamente contro l’ambiente e la salute dei cittadini. Vale la pena ricordare che, in Europa, l’inquinamento urbano, legato in parte al traffico, comporta mezzo milione di morti premature e un costo di mille miliardi di euro l’anno.
L’unico modo per mettere un freno alla politica europea sempre più chiaramente decisa a condonare lo scandalo del dieselgate è ora implementare al massimo l’utilizzo di auto ibride ed elettriche. Decisamente più virtuose sia sul versante climatico che su quello dell’inquinamento locale. Molte case automobilistiche, in ritardo, ci stanno pensando, evidentemente, con tempi troppo lunghi.
Beatrice Credi