Daniele Sepe: “Consumiamo troppo, ma non credo nella decrescita”
Sulle scene ormai da 15 anni, Daniele Sepe è un sassofonista e compositore che ama spaziare. La sua musica, infatti, parte da una orgogliosa radice partenopea per abbinarsi poi a elementi reggae, folk, world, jazz, rock, fusion, blues, con uno sguardo anche alla musica classica. Proprio per l’eclettismo che lo caratterizza, Sepe parteciperà al Torino Jazz Festival (in programma dal 25 aprile al primo maggio) con il concerto di apertura. Non è un caso che l’inizio del Festival coincida con la Festa della Liberazione. Da musica clandestina sotto il regime fascista, il jazz è divenuto, dopo il 25 aprile, sinonimo di libertà. A partire dal tema della Liberazione, il primo giorno di concerti offrirà un percorso storico e musicale che immergerà il pubblico nell’atmosfera degli anni Quaranta e della musica swing: dagli appuntamenti pomeridiani con Trovesi & Filarmonica Mousiké a quello serale di Daniele Sepe. Ci saranno omaggi a figure di musicisti a loro modo “resistenti”, come Matteo Salvatore, Frank Zappa, Charles Mingus, Victor Jara.
D) Il jazz festival come omaggio alla resistenza. Come ti inserisci in questo contesto?
R) La celebrazione della Resistenza rimane un concetto vuoto se non si ammette che siamo ben lontani dall’ideale di società per il quale i nostri nonni combatterono. Oggi le distanze tra ricchi e poveri sono le stesse di allora, e sopratutto la distanza tra potere reale, economico, culturale da un lato e reale e semplice democrazia virtuale dall’altro è lampante. Si resiste ancora oggi, poco, ma necessariamente.
D) La tua musica ha tanti agganci con il folk e la world music. Che valenza hanno per te le tradizioni e il legame con il territorio?
R) La tradizione non è nostalgia del passato. È qualcosa che cambia e muta in continuazione. L’identità col territorio, legata alla tradizione, è utile quando non diventa un mezzo di esclusione degli altri, ma quando segna le differenze e ne apprezza i distinguo come ricchezza e non come identità e superiorità rispetto all’altro.
D) Qual è il tuo rapporto con l’ambiente?
R) Oggi si parla molto di green dimenticando spesso che sono la produzione e il consumo di massa a deteriorare l’ambiente e a indirizzare la gente verso il consumo e l’acquisto senza criterio. In realtà è il sistema produttivo a fare danni all’ambiente e al cervello della gente.
D) Quali sono le azioni quotidiane che compi per rispettarlo, dalla differenziata, alla spesa, ai consumi?
R) Metto in pratica tutto quel poco che il singolo può fare, che resta un po’ una foglia di fico rispetto al fatto che se non si affronta il problema alla radice nulla può mutare.
D) Sul tuo sito è molto divertente il riferimento al rapporto con le tue automobili: come vivi la mobilità sostenibile e cosa ne pensi del rispetto ambientale anche in questo ambito?
R) Io ho una moto euro 1 di 22 anni che certo inquina non c’è male, ma non sono del tutto convinto che passare a una euro 4 sia proprio una grande conquista dell’umanità. Di certo è un buon affare per l’industria pesante.
D) Credi nelle potenzialità delle tre R: reduce ricycle reuse?
R) Certo, ma non credo nel pauperismo e nella decrescita. Cominciassero a consumare meno quelli che hanno di più. A Napoli c’è un proverbio: la monnezza è lo specchio della ricchezza.
D) Come pensi che la musica possa aiutare a formare una coscienza ambientale?
R) Come in tutto la musica può aiutare a riflettere, ma di certo Imagine non ha fermato la guerra in Vietnam o in Iraq.
D) Hai mai pensato di tenere concerti a zero impatto ambientale?
R) Sì ci ho pensato, ma penso pure al problema dell’impatto ambientale dell’energia eolica o al problema della rimozione dei pannelli solari. A volte le soluzioni creano più problemi di quanti ne vogliano risolvere. Di certo consumiamo più di quanto ci serva per essere felici.
D) Ho letto che ti è capitato di autoprodurti: cosa ne pensi del crowdfunding?
R) È una cosa a cui ho pensato, ma mi sembra un po’ una truffa vendere qualcosa che non puoi già valutare se ti è utile o no.
D) Hai scritto tante colonne sonore negli anni: che musica sceglieresti per raccontare la tua visione dell’ambiente?
R) La Pastorale di Beethoven.
Daniela Falchero