Conferenze sul clima: a Doha l’UE ci riprova
L’Unione Europea ci riprova al prossimo summit Onu sul Clima che si terrà dal 26 novembre al 7 dicembre a Doha in Qatar. L’obiettivo è quello di puntare ad un taglio del 30% delle emissioni globali di CO2 entro il 2020. Lo stimolo è partito dagli Eurodeputati della Commissione Ambiente in una risoluzione adottata a larga maggioranza, che dovrebbe arrivare all’esame di tutta l’Assemblea durante la prossima plenaria del 19-22 novembre.
Il Parlamento Europeo preme dunque, di nuovo, sull’acceleratore - dopo gli insuccessi di Copenhagen, Cancun e Durban – consapevole del fatto che ci si sta avvicinando al limite dei 2 gradi, la soglia critica di non ritorno del riscaldamento globale. “È tempo di muoversi”, ha ricordato il Presidente della Commissione Ambiente del PE, Matthias Groote, che guiderà la delegazione dell’Unione Europea al vertice, che tenterà, per l’ennesima volta, di stimolare le nazioni del pianeta a limitare le emissioni inquinanti e frenare le conseguenze negative innescate dal cambiamento climatico e dall’innalzamento della temperatura (Sandy docet). L’obiettivo è trovare l’accordo globale (vincolante) attorno ad un “secondo” Protocollo di Kyoto, in modo da portare a termine, con coerenza, i progetti iniziati negli anni passati, che avranno scadenza alla fine di quest’anno.
Pieno sostegno, da parte della Commissione ENVI, anche all’inclusione dell’aviazione nel mercato UE delle emissioni di CO2 nonostante le ritorsioni commerciali che paesi come Stati Uniti, Cina e India stanno portando avanti da gennaio, da quando, cioè, l’Unione Europea ha imposto un regime di tassazione alle compagnie aeree internazionali che decollano o atterrano in scali europei, per la compensazione delle emissioni rilasciate durante le tratte percorse. Rimane aperta la questione dell’inquinamento provocato dai trasporti via mare, tema che gli eurodeputati auspicano si possa discutere al più presto a livello internazionale.
Il summit di Doha, tuttavia, non ha catturato l’attenzione solo degli europarlamentari, ma è stato argomento di discussione anche durante l’ultimo Consiglio Ambiente UE. Nelle Conclusioni dei Ministri emerge, infatti, quanto l’incontro sia strategico per le decisioni future in materia climatica e di come l’Unione Europea sia decisa ad adottare posizioni di leadership per portare verso un maggiore coinvolgimento il numero più ampio possibile di Stati del mondo.
L’impegno internazionale giunge, non a caso, in concomitanza con la pubblicazione, da parte dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) di due nuovi studi: “Approximated EU greenhouse gas inventory: early estimates for 2011” e “Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2012”, che dimostrano come le emissioni di gas a effetto serra all’interno dell’Unione Europea siano diminuite in media del 2,5% dal 2010 al 2011 e di ben il 17,6% rispetto al 1990 (anno di riferimento). L’UE, nel suo insieme, ha dunque superato gli obiettivi sanciti dal Protocollo di Kyoto: ridurre, tra il 2008 e il 2012, le emissioni totali dei Paesi sviluppati di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990. Quasi tutti gli Stati membri, perciò, sono individualmente sulla buona strada per quanto riguarda gli impegni assunti e per quelli che non hanno raggiunto il loro target sulle emissioni i meccanismi di flessibilità rimangono in vigore fino al 2015.
Secondo le stime dell’EEA, le maggiori riduzioni relative sono state registrate a Cipro, seguito da Belgio, Finlandia e Danimarca. Il Regno Unito si aggiudica invece il primo posto in termini assoluti: 36 milioni di tonnellate di CO2 (6%). In nove Stati membri si è registrato, al contrario, un aumento delle emissioni tra il 2010 e il 2011. Bulgaria +11%, Lituania +3% e Romania +2%. Tuttavia, questi paesi hanno fatto alcuni dei più profondi tagli alle emissioni complessive dal 1990. In ritardo anche Spagna e Italia, che rischiano di fallire gli obiettivi di Kyoto. Il Belpaese, in particolare, deve ancora tagliare 14,1 milioni di tonnellate di CO2 (6,5%). Un dato che scatena le critiche dell’Agenzia sulla politica italiana in campo ambientale. “Nell’UE a 15 l’Italia è l’unico paese che utilizza i meccanismi flessibili di Kyoto senza fornire informazioni in merito all’assegnazione delle risorse finanziarie per il loro utilizzo”, si legge senza mezzi termini nella relazione dell’EEA. Il nostro Paese non ha, infatti, ancora illustrato un piano per arrivare a centrare l’obiettivo. Se poi Italia e Spagna non si allineeranno, tutti gli altri Paesi europei che hanno sottoscritto il Protocollo saranno costretti a pagare, con il grave rischio di mettere a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi complessivi successivi.
Per adesso gli aiuti sembrano arrivare solamente da fattori “esterni”: il caldo inverno scorso, che ha accompagnato la maggior parte dei Paesi europei, è stato senza dubbio un fattore chiave nella riduzione delle emissioni, in quanto la domanda di combustibili fossili per il riscaldamento è stata inferiore rispetto agli anni precedenti. Un contributo è poi giunto anche dalla crisi economica, che ha spinto il settore industriale a produrre meno e quindi a consumare meno energia. Dalla metà del 2013, inoltre, le cifre saranno ancora più precise grazie alla nascita di un database aggiornato che raccoglierà tutti i diversi tipi di gas a effetto serra.
Connie Hedegaard, Commissaria UE all’Azione per il Clima ha intanto ricordato, ancora una volta, con la massima chiarezza, come sia possibile ridurre le emissioni senza sacrificare l’economia, che deve sempre più essere legata al concetto di sostenibilità.
Beatrice Credi