Cangiari è possibile, anche nella moda.
La metafora più azzeccata è forse quella della busta da lettera. Abiti come grandi buste per recapitare un messaggio di cambiamento. Cangiari è il nome del primo marchio etico dell’Alta moda italiana, – nato nel 2009 nella Locride – che in dialetto calabrese significa appunto “cambiare”. Un progetto sviluppato da alcune cooperative nell’ambito del Consorzio Goel, che puntando sulla sostenibilità sociale e ambientale, sul mutamento possibile del modo di vivere, è arrivato nel 2010 sulle passerelle milanesi. Fino a raggiungere un riconoscimento ancora più importante: essere l’unico marchio di moda italiana ammesso e premiato, a maggio 2010, al Salone del lusso sostenibile di Parigi.
«Goel è un gruppo di imprese sociali nato in Calabria nel 2006 per produrre cambiamento e lottare contro le ingiustizie e la n’drangheta, per uno sviluppo ecosostenibile della regione», spiega Vincenzo Linarello, presidente del consorzio. Goel svolge attività in vari settori: dall’assistenza sociale e i servizi alle imprese a tour operator di turismo responsabile, all’agricoltura biologica (i prodotti a marchio Goel Bio saranno presto commercializzati nelle botteghe del commercio equo), fino alla moda. «Tra le nostre cooperative, ce n’erano alcune con maestranze di artigianato tessile che avevano recuperato la tessitura al telaio della nostra tradizione. Si trattava di tessuti di grande qualità, e così abbiamo pensato di creare una linea di abiti di alta moda», racconta Linarello.
Una linea che si contraddistinguesse dalle altre per la sua differenza, come sottolinea il simbolo stesso di Cangiari, quello che in matematica significa dissimile, diverso. E Cangiari è davvero diverso da tutte le altre case di moda già presenti sul mercato: «Per prima cosa, gli abiti sono confezionati sartorialmente, con tessuti in parte fatti a mano. Poi, Cangiari è certificato Gots, marchio che contraddistingue i tessuti biologici, ma certifica anche la filiera, verificando la sostenibilità delle posizioni di lavoro e delle politiche ambientali di un’azienda. Terza cosa: i nostri abiti non sono solo Made in Italy, ma anche made in sociale, visto che sono realizzati da cooperative sociali, i cui dipendenti sono, per almeno il 30%, persone svantaggiate», racconta orgoglioso Linarello.
Lo stile dei vestiti è insieme moderno e tradizionale, sobrio ed elegante: «A ispirare il look Cangiari è il Mediterraneo, uno spazio in cui sono proliferate civiltà meravigliose e le frontiere non diventano barriere. La Calabria è una penisola protesa su questo mare di tradizioni: per questo le nostre collezioni, pur essendo moderne, assaggiano i diversi stili mediterranei. E da qui nasce anche il messaggio sociale che vogliamo lanciare: l’incontro tra popoli diversi genera cultura, no ai respingimenti e alle chiusure».
L’esperienza è ancora molto giovane: «L’idea è nata nel 2009, mentre la prima campagna di comunicazione l’abbiamo lanciata nel 2010. Abbiamo passato un anno a rafforzare il marchio, sostenuti anche dalla Camera nazionale della moda italiana, che da subito ci ha dato il suo appoggio». A luglio 2010 è arrivato il Premio Moda & Sociale del Galà della Moda di Catania, a settembre gli abiti Cangiari sono andati per la prima volta in commercio, a novembre è stato inaugurato lo SpazioCANGIARI, il primo concept store di prodotti ecologici provenienti dalle imprese sociali, aperto a Milano in un immobile confiscato alla ‘ndrangheta.
Cangiari è un’impresa sostenibile anche dal punto di vista ambientale: grucce riciclate e riciclabili in cartone e packaging sostenibile. La linea è completamente vegan, senza capi e accessori in pelle; la seta è cruelty free, ricavata senza uccidere il baco, per evitare di incidere sugli animali, sottolinea Linarello, ogni volta che questo è possibile. E l’azienda si sta anche impegnando per usare solo energia prodotta con fonti rinnovabili.
Un profilo di profonda responsabilità, che però non sempre viene apprezzato dai consumatori: «In Italia ci stiamo affermando più per la bellezza e la qualità dei nostri capi, che per la sensibilità ambientale e sociale. E comunque, questo valore aggiunto legato alla nostra responsabilità è più riconosciuto dai clienti e molto meno dai buyer». All’estero, intanto, la loro esperienza è piaciuta molto: di questo marchio nato nella Calabria Ionica si sono occupate le televisioni di Francia, Germania e Austria. «Per adesso però non siamo ancora approdati oltreconfine con i nostri abiti. Prima vogliamo affermarci in Italia, Paese che rimane sempre un punto di riferimento nel mondo della moda». Il futuro è pieno di progetti: «Dal prossimo settembre, i nostri capi saranno in quattro delle dieci boutique più importanti d’Italia. Stiamo anche lavorando per realizzare dei vestiti con tessuti di ginestra dell’Aspromonte, secondo una lavorazione tradizionale della Calabria, e con seta lavorata a mano».
Veronica Ulivieri