Cancun, l’UE ci riprova
In Europa si scalda la temperatura politica, in vista del COP16, il vertice sui cambiamenti climatici che apre oggi a Cancun e durerà fino al 10 dicembre.
L”UE si presenta al tavolo delle trattative con gli impegni votati dal Parlamento europeonella risoluzione del 25 novembre scorso: tagliare del 20% le emissioni entro i prossimi dieci anni, raggiungere un’ulteriore riduzione al 30%, tentare di accordarsi sul cosiddetto “Kyoto track”, sulle regole per l’uso del suolo, sul cambiamento di destinazione d’uso del suolo e la silvicoltura, sul meccanismo flessibile e sull’inclusione, nella lista nera, di nuovi gas a effetto serra.
Se la “temperatura” delle negoziazioni politiche sale, la temperatura mondiale rischia infatti di aumentare, entro la fine del secolo, di oltre due gradi Celsius, con gravi conseguenze per il pianeta. I delegati, arrivati da ogni angolo della terra, tenteranno dunque di trovare un accordo legalmente vincolante per ridurre le emissioni di gas serra, anche se il pessimismo regna sovrano e le voci sono quelle di un fallimento annunciato.
Il Parlamento ha esortato l’Unione Europea e i suoi Stati membri a definire e applicare un principio di “giustizia climatica”, a tutela dei paesi in via di sviluppo. Nella risoluzione si ribadisce anche che, per rispettare l’obiettivo dei 2ºC, occorre che le emissioni globali di gas a effetto serra si stabilizzino, al più tardi, entro il 2015 e che entro il 2050 si riducano di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990, per poi continuare a diminuire. Si esortano dunque tutti i partner internazionali, Usa e Cina in primis, a presentare impegni di riduzione più ambiziosi, basandosi sul principio di una “responsabilità comune, ma differenziata“.
“Giocare in casa” infatti non basta. La risoluzione del PE appoggia l’idea, espressa nella comunicazione della Commissione Europea, secondo la quale, a prescindere dall’esito dei negoziati internazionali, è interesse dell’UE perseguire un obiettivo di riduzione delle emissioni superiore al 20%, poiché questo potrà promuovere la creazione di posti di lavoro verdi, nonché la crescita e la sicurezza economiche. Un impegno importante, ma l’Europa deve evitare il solipsismo.
Un punto su cui far leva, per convincere altri paesi a farsi virtuosi e trainare l’accordo, sembra invece essere il fatto che, a seguito del calo di emissioni dovuto alla recessione, il costo annuale del raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del 20% è diminuito di un terzo, passando da 70 a 48 miliardi di euro e, secondo le stime, alzare la posta della riduzione al 30% costerebbe “solo” 11 miliardi di euro in più rispetto all’obiettivo del 20%, ovvero un costo aggiuntivo inferiore allo 0,1% del valore dell’economia dell’Unione Europea.
Francesca Fradelloni