CanapaCruda: nelle Marche (ri)nasce la carta di cannabis sativa con zero chimica
La storia di CanapaCruda è prima di tutto quella di una strada trovata nonostante le mille difficoltà della crisi, di un progetto nato da zero e a costo quasi zero, ma ad alto contenuto di creatività. Prima di raccontare meglio il progetto di carta di canapa (solo acqua e fibre vegetali, nessun additivo o colla) nato nelle Marche pochi mesi fa, vale la pena partire dalla sua ideatrice. Melania Tozzi, 35 anni, ha fatto tanti lavori diversi: prima la ragioniera, poi la barista e la cuoca; ha sempre dipinto, fatto creazioni di piccolo artigianato. Dopo aver perso il lavoro e dopo due anni di (naturale) scoramento, si è salvata da sola: ha fatto appello alla sua creatività, ha archiviato l’idea di lasciare l’Italia e, unendo la passione per le fibre di canapa alla tradizione cartaria di Fabriano, la sua città, si è inventata CanapaCruda.
“E’ nato tutto un po’ per caso. Ho seguito un corso al museo della tessitura vicino a Spoleto, e ho iniziato così a fare manufatti in canapa. E’ un materiale che mi piace molto, perché è caldo, nuovo, e porta con sé una storia particolare legata anche al proibizionismo. Poi a settembre scorso ho seguito a Fabriano un master per l’uso creativo della carta e a dicembre ho iniziato a elaborare il mio progetto. Le prime sperimentazioni le ho fatte a gennaio”. È servito un lungo lavoro di ricerca, perché se è vero che con la canapa già nel Medioevo si producevano corde, vele per le imbarcazioni, tessuti ,e la carta di canapa era già usata in Cina più di due millenni fa, molto di quel sapere nel nostro Paese è andato perduto. “Andando a scavare, ho trovato ingegneri e tecnici in pensione che l’avevano sperimentata nelle cartiere di Fabriano. Unendo le diverse informazioni, leggendo libri, sono arrivata a realizzare il mio progetto”.
La messa al bando della cannabis – nonostante una forte differenza di concentrazione del THC, l’ingrediente degli stupefacenti, tra la canapa indiana e quella tessile – e la concorrenza delle fibre sintetiche ha fatto scomparire le coltivazioni decenni fa. Ora però qualcosa sta cambiando, sono nate nuove coltivazioni e si moltiplicano le fiere, da Fermo (Indica Sativa Trade) a Napoli (Canapa in mostra). Secondo alcune stime, nel 2013 si sarebbero registrate in Italia 200 ettari di coltivazioni di canapa per uso industriale, il 1300% in più rispetto al 2012, “non molto, se pensiamo che, visto che fino agli anni ’30 del secolo eravamo i secondi produttori al mondo per quantità, nel periodo di massima produzione solo in Italia erano coltivati a canapa oltre 79.000 ettari”, si legge su Canapaindustriale.it.
Ma come avviene concretamente la produzione di carta con la cannabis sativa? “E’ un processo abbastanza economico, che usa solo acqua e canapa, senza l’aggiunta di colle e additivi. Grazie alle fibre molto lunghe dello stelo, infatti, i fogli sono resistenti e compatti senza bisogno di aggiungere sostanze chimiche. La fibra viene macinata con un macchinario detto cilindro olandese, usato anche per la produzione di carta tradizionale, poi viene immersa nell’acqua e con il telaio viene formato il foglio. Quest’ultimo viene appoggiato su un feltro e, una volta asciugato e pressato, è pronto”. Il risultato è una carta particolare, diversa da quella da fibra di legno: “E’ ruvida, l’odore assomiglia a quello del fieno, rievoca i campi”. Gli utilizzi possibili sono molti: si va dai gioielli ai bloc notes ai fogli per la scrittura e la stampa, fino ai vestiti e ad oggetti di design come lampade e cornici. “Sto lavorando a un progetto per abiti in CanapaCruda e sto collaborando con un ecodesigner pugliese. Inoltre, mi piacerebbe poter collaborare in futuro con imprese di biopackaging anche alimentare e con altri designer”. La canapa a Melania arriva dall’azienda agraria Trionfi Honorati di Jesi: “Coltivano la cannabis sativa per usi cosmetici e alimentari. Per la produzione di carta si usano gli steli, che sarebbero uno scarto”.
Grazie a un piccolo finanziamento in arrivo dalla fondazione Marche e dalla Fondazione Merloni, entro fine anno Melania vorrebbe aprire il suo laboratorio. “Per il momento mi appoggio all’Istituto tecnico di Fabriano. Sto lavorando per costruire un macchinario ad hoc per la macinatura delle fibre, e continuo le mie sperimentazioni. Il mio sogno è arrivare a produrre da sola anche la canapa, utilizzando gli steli per la carta e le altre parti della pianta per prodotti cosmetici e alimentari, chiudendo la filiera. E’ un progetto che permetterebbe di creare anche posti di lavoro in un territorio che, a causa della chiusura di molte fabbriche, ne ha un gran bisogno”.
Veronica Ulivieri