Campioni della differenziata. CONAI, verso un’industria italiana del riciclo
Alla conferenza di Rio+20, è stato presentato come una delle eccellenze italiane. Un sistema per la gestione della raccolta differenziata efficiente, ma con costi ridotti rispetto agli altri modelli europei. Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, nato nel 1997 in applicazione del decreto Ronchi per raggiungere gli obiettivi di riciclo e recupero previsti dall’Unione Europea, ha da poco compiuto 15 anni di attività. Festeggiati con risultati significativi: “Nel 1998 veniva recuperato e riciclato solo un imballaggio su tre, mentre oggi siamo arrivati a tre su quattro, circa il 75% dell’immesso al consumo”, spiega il direttore generale Walter Facciotto, che quest’anno, con il progetto Raccolta10+, ha voluto portare la raccolta differenziata anche nelle tappe del Giro d’Italia.
Conai si occupa, in particolare, dell’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio provenienti soprattutto dalla raccolta urbana di sei materiali, indirizzando l’attività di altrettanti consorzi specifici: acciaio (Ricrea), alluminio (Cial), carta/cartone (Comieco), legno (Rilegno), plastica (Corepla), vetro (Coreve). “In 15 anni, la raccolta domestica è cresciuta in Italia del 132%. Nel 1998 era a livelli molto bassi, andava un po’ meglio solo per il vetro e la carta, materiali tradizionalmente avviati al riciclo nel nostro Paese. La svolta è avvenuta tra il 2000 e il 2002, quando si è passati dal 40% al 57% di imballaggi recuperati. Solo nel 2012 ne abbiamo recuperate 8,2 milioni di tonnellate”, continua Facciotto. Con benefici importanti per il nostro Paese: “L’attività di Conai ha generato un beneficio economico e ambientale quantificabile in 12,7 miliardi di euro, facendo crescere l’occupazione di 16.000 unità. Inoltre, il riciclo ha permesso di evitare emissioni di CO2 pari a 82 milioni di tonnellate”.
Oggi Conai, consorzio privato senza fini di lucro, ha più di 1,2 milioni di soci, che finanziano la sua attività di attraverso il cosiddetto “contributo ambientale”: imprese che producono e utilizzano imballaggi, oltre ad aziende che commercializzano merci imballate. Per fare un esempio, tra i soci ci sono i produttori di bottiglie di plastica, i marchi che imbottigliano l’acqua e le aziende che la vendono. Dal 2000 è in vigore l’accordo con Anci, che riconosce ai Comuni che decidono di aderire il versamento di un corrispettivo da parte di Conai per i materiali raccolti. In pratica, “i Comuni conferiscono i diversi materiali differenziati ai consorzi, dietro il pagamento di una somma a tonnellata che varia in base alla qualità della raccolta differenziata, ossia alla presenza o meno di rifiuti estranei, garantendo così i Comuni rispetto alle fluttuazioni dei prezzi sul mercato. I consorzi poi vendono i materiali alle aziende attraverso le aste”. Un sistema che ha rappresentato “un volano anche per incentivare in generale la raccolta differenziata.
Oggi all’accordo aderiscono oltre la metà dei Comuni italiani, fino a superare il 90% nel caso della plastica. “L’anno scorso abbiamo riconosciuto alle amministrazioni più di 300 milioni di euro”, ricorda Facciotto. Una fonte di liquidità preziosa, in tempi di casse vuote e investimenti bloccati dal Patto di Stabilità, segno di come, al di là di ogni facile retorica, i rifiuti rappresentino veramente una risorsa. Ambientale – perché grazie al riciclo consentono di non usare materiali vergini – ed economica, in grado di alimentare un’industria particolarmente importante per l’Italia, povera di materie prime. “Abbiamo l’obiettivo di trasformare quello che è stato visto come uno strumento per salvaguardare l’ambiente in una vera e propria industria del riciclo, che si accompagni a un utilizzo sempre più diffuso di materie prime seconde. Uno dei settori simbolo dell’economia verde, che vogliamo far crescere puntando molto sull’economy oltre che sul green”, spiega Facciotto. Conai, oltre alle iniziative per promuovere la raccolta differenziata, offre anche supporto alle imprese virtuose, per esempio attraverso Eco Tool, strumento gratuito di valutazione dell’impatto ambientale degli imballaggi.
Nel percorso verso lo sviluppo di una vera e propria industria del settore, gli obiettivi di riciclo imposti dall’Unione Europea per il 2020 sono cruciali. “Vogliamo far capire che la raccolta è un mezzo e non un fine: lo scopo ultimo deve essere il riciclo, che ha bisogno di frazioni di buona qualità, senza troppi scarti. In questo ci aiuta anche la direttiva UE del 2008, in cui si prevede che i Comuni raggiungano il 50% di riciclo dei materiali provenienti dalla raccolta domestica entro il 2020. L’Italia oggi ha una media di raccolta differenziata del 35%: si tratta quasi di raddoppiare questa percentuale, arrivando almeno al 60%, visto che poi in fase di riciclo va sempre considerato un 10% fisiologico di scarti”.
Ma gli enti locali si stanno impegnando per arrivare pronti al 2020? “Per adesso c’è un po’ di difficoltà. Penso che il governo dovrebbe intervenire per far crescere questa industria, incentivando prima di tutto l’uso di materiali riciclati. Una cosa che si potrebbe fare subito sarebbe far rispettare la norma sul Green Public Procurement, oggi largamente disattesa: prevede che le amministrazioni pubbliche comprino per almeno il 30% prodotti ottenuti da materiale riciclato. In questo modo si creerebbe una domanda in grado di innescare un ciclo positivo”.
Veronica Ulivieri