Biologico: parte la riforma della normativa europea
La tanto attesa riforma del biologico in Europa ha preso il via. È solo il primo passo (conosciamo bene il lungo e complicato percorso delle leggi a livello UE), ma la proposta della Commissione è una decisione importante, in un settore ormai chiave in cui le norme devono essere aggiornate e adeguate per consentirne lo sviluppo ulteriore e far fronte alle sfide future. Visto che si tratta di un comparto intrecciato con molte politiche comunitarie: dall’agricoltura, ai consumatori; fino alla salute dei cittadini.
Un documento, quello presentata dall’Esecutivo di Bruxelles, che affronta svariati aspetti che si possono riassumere in tre obiettivi principali: mantenere la fiducia dei consumatori e dei produttori e facilitare il passaggio degli agricoltori alla produzione biologica. Cercando di colmare le lacune del sistema attuale.
Innanzitutto la proposta sancisce – come richiesto da più del 90% dei cittadini europei – che il biologico è, per definizione, privo di OGM. Tuttavia, ai fini dell’etichettatura, è tollerata una presenza accidentale e non intenzionale di questo tipo di organismi autorizzati sul territorio dell’Unione. Precisamente, lo 0,9% per ingrediente, con l’obbligo però di individuarne la causa della presenza. Il logo bio sugli alimenti trasformati garantisce inoltre che almeno il 95% degli ingredienti del prodotto sia biologico. Sarà consentito anche l’utilizzo di loghi nazionali a fianco di quello europeo. La presenza di residui di pesticidi, invece, sarà armonizzata a livello UE, per permettere una concorrenza leale tra Stati Membri. A ciò si aggiunge il fatto che, dall’entrata in vigore della riforma, il 100% dei mangimi utilizzati dovrà essere bio. Senza contare che nell’allevamento non sarà più permesso, nella fase finale dell’ingrasso, mantenere fermo il bestiame nelle stalle.
Scompaiono (finalmente, ci verrebbe da dire!) le aziende agricole miste, dove una parte di produzione è biologica e una parte no, per favorirne controlli. I quali saranno rafforzati, visto che verranno estesi a tutta la filiera senza eccezione, dai produttori ai trasformatori ai distributori. Decade così la deroga alla distribuzione per i prodotti preconfezionati. Inoltre, per il futuro dovranno essere conformi alle regole europee anche i prodotti provenienti da Paesi Terzi. Nel capitolo sugli accordi internazionali si legge, poi, che la Commissione ha la possibilità di negoziare l’export europeo di prodotti bio e non solo le importazioni, come avviene ora.
Interessante notare che i piccoli produttori, con aziende che non superano i cinque ettari, avranno la possibilità di convertirsi al biologico aderendo ad un regime di certificazione di gruppo.
Infine, per quanto riguarda la riconversione retroattiva a bio, non sarà più possibile ottenerla, salvo per le terre non coltivate per la durata della riconversione che è fissata a due anni per pascoli e culture arabili e a tre anni per le colture permanenti, come i frutteti e vigneti. Anche per il settore dell’acquacultura è vietata la riconversione retroattiva, ma si prevede di estendere al 2021 la deroga.
Il tutto è accompagnato dal tentativo di semplificazione della legislazione per ridurre i costi amministrativi a carico degli agricoltori e migliorare la trasparenza. Per quanto riguarda l’applicazione delle novità è previsto, in ogni caso, un periodo transitorio fino al 2021 per le sementi e per gli animali da riproduzione. Per gli altri settori la riforma dovrebbe essere operativa nel 2017. Il documento sarà ora trasmessa al Parlamento Europeo e al Consiglio. Nel frattempo, per aiutare agricoltori, produttori e commercianti ad adeguarsi alla proposta di riforma, la Commissione ha approvato un piano d’azione per il futuro della produzione biologica in Europa. Il piano prevede una migliore informazione degli agricoltori sulle iniziative in materia di sviluppo rurale e di politica agricola dell’UE a favore dell’agricoltura biologica, un rafforzamento dei legami tra i progetti di ricerca e innovazione, nonché sugli incentivi all’uso di alimenti biologici, ad esempio nelle scuole.
La riforma del settore rappresenterebbe inoltre, secondo le dichiarazioni ufficiali, una delle grandi priorità di politica agricola del semestre di presidenza italiano dell’UE che inizia il primo luglio.
“La produzione biologica in Europa deve crescere mantenendo un alto livello di eccellenza, che ha fatto il successo del settore”. Così il Commissario Europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos, ha commentato la proposta. Parole pronunciate anche alla luce dei dati. Il consumo di prodotti biologici in Europa è quadruplicato in dieci anni. Ma il successo di questo tipo di alimenti non finisce qui. Ogni anno mezzo milione di ettari di terreno agricolo nell’UE viene convertito a produzione biologica. Nella sola Italia la superficie è cresciuta del 6,4% tra il 2011 e il 2012. Non a caso il nostro Paese è tra i leader europei e mondiali. Tuttavia, gli agricoltori sono bene lontani dal soddisfare le richieste dei consumatori, che devono accontentarsi del biologico importato, con standard qualitativi non sempre conformi alle rigide regole europee. La produzione interna è, infatti, appena raddoppiata. A beneficiare dell’aumento dei consumi non sono stati quindi i produttori europei, ma quelli mondiali, che spesso esportano nell’UE senza veramente rispettare gli alti standard di produzione comunitari. Per questo la proposta mira a rivedere gli accordi internazionali.
Beatrice Credi