Biocarburanti: un documentario contro gli “effetti collaterali” della prima generazione
Come un sogno che sembrava avverarsi, i vantaggi dei biocarburanti dovevano essere la mossa che avrebbe dato scacco matto alle emissioni di CO2, creando nuovi mercati meno dipendenti dalle importazioni di petrolio estero e rafforzando, al tempo stesso, la sicurezza energetica. Così, nel 2003, l’Unione Europea ha iniziato a mettere in atto una serie di misure per sostituire progressivamente i tradizionali carburanti diesel e benzina utilizzati nei nostri mezzi di trasporto con i biocarburanti. Ora, più di 10 anni dopo, quello a cui si assiste è il cosiddetto “effetto farfalla” indotto da queste fonti. O meglio, dall’uso distorto che se ne è fatto. Invece di ridurre l’impatto ambientale complessivo, la legislazione ha accelerato la deforestazione in alcune aree del pianeta e ha portato ad un aumento dei prezzi alimentari a livello mondiale.
Il quadro appena descritto è sintetizzato in un Web documentario - commissionato da BirdLife Europe, European Environmental Bureau (EEB) e Transport & Environment (T&E) – che esplora come l’Unione Europea non sia finora riuscita nella decarbonizzazione dei trasporti attraverso i biocarburanti – almeno quelli “di prima generazione“.
Il documentario è formato da quattro capitoli che coprono altrettanti aspetti della riforma sui biocarburanti dell’UE. Il primo riguarda come alcuni di questi siano responsabili della deforestazione rendendoli potenzialmente dannosi per il clima quanto i combustibili fossili (anche se rimarrebbero da comparare gli effetti sulla salute umana dei due diversi residui di combustione…). Il secondo indaga l’impatto sociale dei biofuel. Il loro effetto sui prezzi alimentari a livello mondiale, l’uso del suolo e il land grabbing, il fenomeno di acquisizione su larga scala di terreni agricoli in paesi in via di sviluppo, mediante affitto o acquisto di grandi estensioni. Le ultime due parti riguardano, invece, la battaglia delle lobby a Bruxelles e le posizioni politiche attuali di ciascuna delle tre istituzioni dell’Unione Europea.
Il documentario esce in occasione del primo dibattito che il Parlamento Europeo ospita sul tema della riforma dei biocarburanti. In settimana saranno presentati gli emendamenti ed il voto in Commissione Ambiente è previsto per la seconda metà di febbraio. Bisognerà, poi aspettare aprile per la decisione in Plenaria.
Tutto è iniziato più di dieci anni fa, quando l’UE ha introdotto la prima Direttiva sui biofuel con un obiettivo indicativo del 5,75% di questo tipo di carburanti nei trasporti entro il 2010. Questo traguardo è stato successivamente rafforzato nella Direttiva sulle Energie Rinnovabili, che prevede che entro il 2020 una quota minima del 10% dell’energia complessivamente consumata nel settore dei trasporti debba essere rappresentata da biocarburanti.
Ciò che a molti sembrava una buona idea – anche se una parte del mondo ambientalista e scientifico era scettico fin dall’inizio – si è rivelato avere conseguenze impreviste, come mostrato nel documentario. Questo accumulo di “prove” sul possibile impatto negativo della politica dei biocarburanti ha portato dunque ad una revisione da parte della Commissione già nell’ottobre 2012. Quella che verrà discussa dal Parlamento è, infatti, una proposta di Direttiva per limitare le emissioni di CO2 generate dal cambiamento di utilizzo del suolo, come ad esempio la distruzione di foreste, per far posto alle piantagioni di biocarburanti convenzionali, o lo spostamento della coltivazione del cibo altrove perché l’offerta rimanga almeno costante, il che aumenterebbe il conto complessivo delle emissioni. Quello, cioè, che in poche parole si chiama “Indirect land-use change” (Iluc).
Il testo in discussione limita a una soglia massima del 7% la porzione di biocarburanti di prima generazione, ossia quelli prodotti mediante coltivazioni agricole, sul totale dell’energia consumata dal settore dei trasporti. Le nuove misure incoraggiano invece il passaggio verso la seconda e terza generazione di biocarburanti, ossia quelli prodotti con materiale vegetale riciclato, che hanno un impatto ambientale completamente diverso. Vengono pertanto proposti incentivi in questa nuova direzione e l’obbligo per gli Stati membri di impostare obiettivi nazionali che assicurino che i biocarburanti “avanzati” rappresentino almeno lo 0,5% della quota del 10% riservata alle rinnovabili nel complessivo consumo energetico prodotto dal settore dei trasporti.
Beatrice Credi