Baba Jaga: la fragilità della natura diventa arte sull’Appennino Tosco-Romagnolo
Chiara (Tabaroni) è di padre ferrarese e madre veneta ma nata sulle colline umbre di Umbertide, Bruno (Fronteddu) è sardo di Dorgali. Ma il duo si è incontrato a Bologna dove lei si è laureata al Dams, covo degli “indiani metropolitani” del ’77, e lui all’Accademia delle Belle Arti. Due artisti che con l’associazione Baba Jaga e il loro casolare isolato a Ca’ Colmello, nell’appennino tosco-romagnolo, sono diventati un punto di riferimento per i creativi che amano sperimentare nella natura. E sono tanti gli appuntamenti che organizzano in questo luogo magico, come il workshop residenziale “La danza del respiro” con la danzatrice belga Marie Close, che si tiene ai primi di marzo. E’ solo uno dei tanti appuntamenti creati dai due artisti nel loro casolare immerso nel verde, un rifugio artistico ad alto tasso di creatività…
D) Chiara, Bruno, ci raccontate la vostra residenza artistica, quel laboratorio immerso nella natura dell’Appennino dove ideate attività per bimbi e adulti? Come scrivete nel sito: “un ponte tra arte e natura”…
R) Baba Jaga nasce come associazione culturale nel 2004 ed è stato l’incontro di diversi percorsi: teatro, educazione e arti visive, inizialmente per sviluppare un progetto comune rivolto principalmente al mondo dell’infanzia. Dal 2011 abbiamo trasferito la sede a Ca’ Colmello, un antico casolare immerso tra le colline dell’appennino tosco-romagnolo, un luogo dove poter intrecciare ricerca artistica, spazio abitativo e d’accoglienza. In questo spazio abbiamo cercato l’approfondimento delle possibilità creative in uno stretto connubio tra arte e natura…
D) Non solo però mondo dell’infanzia, avete ampliato gli orizzonti al mondo degli adulti e c’è un filo conduttore ambientale nel vostro lavoro, vero?
R) Abbiamo pensato a proposte rivolte agli adulti tra cui la rassegna estiva S.I.A Sottili Innesti Amorevoli che coinvolge artisti anche internazionali, ospiti con workshop di alta formazione (espressione corporea, drammaturgia, canto, danza, pittura…), poi spettacoli e concerti. Il nostro obiettivo è anche quello di rivitalizzare e far conoscere il territorio montano. Inoltre con l’associazione produciamo spettacoli, letture e narrazioni, ospitiamo residenze artistiche e promuoviamo campi in natura per bambini, laboratori e percorsi esperienziali.
D) Come nasce l’idea di Baba Jaga e qual è il suo significato più autentico?
R) Come luogo della delicatezza, dell’ascolto, della curiosità… Ci interessa ciò che si esprime nella propria fragilità, ciò che nella sua piccolezza si definisce più autentico: un gesto, una storia, un canto, la corsa di un bambino, l’aprirsi di una gemma, il muso morbido di un animale, il colore mutevole del cielo….cose che necessitano di uno sguardo che sappia riconoscere la meraviglia…
D) Quanto influisce sulla produzione artistica l’abitare e lavorare a stretto contatto con la natura?
R) Essere passeggeri terrestri è una condizione che appartiene a tutti, anche se nel quotidiano questo aspetto viene dimenticato da molti, e di conseguenza anche il rapporto con la natura perde inevitabilmente quella forza primaria e ancestrale, viene dimenticato il linguaggio specifico che abita nell’ascolto profondo e nel silenzio. Per noi abitare così isolati, immersi in una natura selvatica, è diventata una necessità, una forma di vita immersiva, in cui non è possibile più distinguere nettamente ricerca, vita quotidiana, natura: come splendidi vasi comunicanti si nutrono l’un l’altro, alimentando visioni, forme del pensiero e direzione dell’agire.
D) Qual è, secondo voi, il pericolo ambientale maggiore per il nostro Pianeta?
R) Difficile focalizzare un unico e prioritario pericolo ambientale, ormai cecità e follia umana hanno reso la terra una creatura fragile, che lancia a più riprese urla di avvertimento, e alcune parti già stanno collassando. Sebbene tutti siano a conoscenza di ciò, si continua a procedere ugualmente in una direzione egoistica e sfruttatrice di tutte le risorse. Arrivati a questo punto, l’unico cambiamento possibile, è quello dei singoli, nel proprio quotidiano. Piccoli passi di consapevolezza cosciente che possono fare la differenza. Sicuramente la risorsa idrica, è un enorme problema: ogni forma di vita dipende da essa per la propria sussistenza, e la siccità della scorsa estate giunta fin qui, ha portato molte riflessioni amare.
D) Voi cosa fate concretamente, nel vostro quotidiano, per ridurre la vostra impronta ambientale?
R) Cerchiamo di condurre una vita il più possibile coerente con un’etica che tenga in considerazione l’equilibrio dell’ecosistema su più fronti: attenzione allo spreco dell’acqua, al risparmio energetico, al riuso di materie organiche, al rispetto per gli animali e le piante tutte… Abbiamo un piccolo orto per la produzione famigliare, che annaffiamo con acqua piovana proveniente da un grande deposito, un frutteto sta nascendo… Anche il rimboschimento con giovani querce rappresenta un’azione di impegno attivo per il territorio in cui viviamo. Piantare un albero è un atto politico/poetico. L’ambiente ha bisogno di cure amorevoli, ancora e ancora. I passi possono essere tanti, e sensibilizzare le nuove generazioni può essere uno di questi: i bambini di oggi, si sa, saranno gli abitanti del mondo di domani. Partire da loro può essere una speranza, poiché vorremmo invecchiare in una terra che ancora respira e pulsa…
D) Oggi è la “giornata del risparmio energetico“, ricordatevi di spegnere la luce!
Gian Basilio Nieddu