Ascanio Celestini: “Bisogna anche saper rompere i c…i”
Dopo i precari, ora i matti. Con il suo film “La pecora nera“, in concorso alla 67° Mostra del Cinema di Venezia, Ascanio Celestini ha fatto il pieno di consensi. Tanto da diventare uno degli attori e registi d’impegno civile più stimati e ascoltati d’Italia. Uno dei rappresentanti di spicco della seconda generazione del “teatro di narrazione”.
D) Dove vive abitualmente a Roma? In una casa autonoma o in un condominio?
R) Vivo nella borgata in cui sono nato, borgata Morena. E sto in un condominio. Purtroppo è una zona abbandonata dalle istituzioni cittadine: pur avendo molto verde intorno, cioè campi coltivati e molte case con giardini e orti, è completamente priva di verde pubblico.
D) Come si sta nella Città Eterna? Ci dia un giudizio a 360 gradi, estetico-paesaggistico, a livello di qualità della vita…
R) Roma è una città dentro una città. La metropoli che ci piace chiamare Capitale sta dentro a un centro urbano più vasto, fatto di quartieri conosciuti solo da chi ci abita, come quello in cui io vivo. Pur non essendo lontani dall’altra città, dalla Roma nota a tutti, sono decisamente un’altra cosa. Eppure non hanno l’identità dei paesi separati e autonomi.
D) Cosa cambierebbe?
R) Della bella città che sta dentro cambierei ben poco. Sostanzialmente cercherei di far funzionare quello che c’è. Della Roma esterna invece cambierei molto. Nella mia borgata non ci sono centri di aggregazione, se non privati e a pagamento. Ci sono i grandi centri commerciali pieni di supermercati carichi di cibo, scarpe, divani, giocattoli. In tutto il decimo municipio, che ospita decine di migliaia di abitanti, c’è una piccola multisala che propone “cinepanettoni” tutto l’anno. Solo un piccolissimo cinema dei preti e nessun teatro. Eppure è la municipalità che ospita Cinecittà!
D) Da questo quadretto non viene proprio voglia di andare ad abitare in periferia di Roma. Ha mai pensato di trasferirsi?
R) Se dovessi andare via dalla mia borgata (e non succederà perché da un anno ho comprato un rudere che spero di poter ristrutturare) mi piacerebbe vivere nel centro di una città antica. Una qualunque. Per poter godere di quella bella stratificazione urbanistica che ha creato la cultura della piazza.
D) Le attuali politiche italiane sembrano dimostrare scarsa convinzione verso i problemi dell’ambiente e dell’inquinamento. Se non ci pensano “dall’alto”, crede che la soluzione per la salvaguardia del nostro Paese sia l’impegno dei singoli nella dimensione domestica e lavorativa?
R) Sì, ci credo. Dalla produzione di energie alternative, al recupero, al riuso, alla raccolta differenziata: tutto è importante. Ma non possiamo nemmeno lasciar correre per quel che riguarda la dimensione politica. Dobbiamo far pesare la nostra opinione: nelle scuole in cui portiamo i nostri figli, negli ospedali in cui ci curiamo, anche al bar dove prendiamo il caffè.
D) Che cosa intende?
R) Dobbiamo diffondere una cultura della decrescita. Freghiamocene degli economisti che ci spingono ad aumentare i consumi: occorre produrre meno, consumare molto meno e in maniera consapevole.
D) Qualche esempio concreto sulla reale applicabilità?
R) Non posso comprare a mio figlio un pallone di cuoio cucito da un bambino della sua età che sta dall’altra parte del mondo e che per campare è costretto pure a vendersi un rene. E’ una colpa comprare quel pallone, ma è una colpa anche non voler sapere cosa c’è dietro.
D) Se non fosse un attore, quali dei cosiddetti green jobs sceglierebbe? Vorrebbe fare il contadino, il ricercatore sulle energie alternative, il guardiaparco, il commerciante di prodotti bio…
R) Mi piace il lavoro manuale. Mio padre era artigiano e ha restaurato mobili per tutta la vita. Avere una bottega in cui rifugiarmi sarebbe straordinario.
D) Si è mai impegnato in campagne o manifestazioni in difesa dell’ambiente?
R) Come molti altri che fanno il mio mestiere, partecipo continuamente a sottoscrizioni di ogni genere. Ma credo soprattutto nella lotta di quei comitati autorganizzati che cercano di fermare le centrali a carbone, gli inceneritori, le discariche, l’alta velocità. A Chiaiano un architetto mi parlava del suo interesse per le questioni relative alla monnezza. Ha iniziato a interessarsene nella regione che in basco è chiamata Euskal Herria: tra i parametri secondo i quali un paesino era stato scelto come sito per una discarica c’era la “docilità” del territorio. Ecco, mi piace chi non è docile. Garibaldi scrisse “io son fatto per romper i coglioni a mezza umanità: e l’ho giurato. Si! Ho giurato per Cristo! Di consacrare la mia vita all’altrui perturbazione”.
D) Suona come una sfida alla politica. Ha anche un buon proposito da lasciare ai nostri amministratori?
R) La caratteristica più odiosa dei personaggi che formano la nostra classe dirigente è il paternalismo, il loro continuo trattarci da ragazzini stupidi. Sappiamo quanto sia importante che i figli si liberino dei padri. La cosa migliore che possono fare per i nostri politici per l’ambiente è andarsene.
Letizia Tortello