Antonio Frattini: i rubinetti sostenibili che guardano al futur(ism)o
Mentre a maggio scorso la Commissione Europea ha diffuso il regolamento per ottenere, anche nel settore della rubinetteria, la certificazione Ecolabel – a cui è dedicato, in tutta Europa il mese in corso – in Italia nascono i primi miscelatori sostenibili. Una strada su cui è particolarmente impegnata una giovane azienda novarese del distretto del rubinetto, la Antonio Frattini, che da alcuni anni coniuga con successo sostenibilità e design, con la determinazione ad andare contro il luogo comune: chi vuole prodotti a basso impatto ambientale non deve per forza accontentarsi di forme spartane.
Torniamo all’inizio di questa storia, quando nel 2009 Antonio Frattini, cresciuto tra le rubinetterie dell’azienda di famiglia, la Ras, decide di staccarsi per dar vita a una nuova avventura. All’insegna di un concetto utopistico – la bellezza – cercando di costruire un’impresa in grado di rispondere ai canoni di domani più che a quelli attuali. “Un’azienda deve essere anche un po’ futurista. Un tempo le fabbriche erano molto belle, pensavo fosse necessario tornare a poterle vedere come qualcosa di positivo anche oggi”. Recupero di una visione del passato, unita però a ciò che rende oggi le aziende all’avanguardia: “In quest’ottica si inserisce la sostenibilità, intesa come attenzione all’ambiente e ai lavoratori. Prima la sensibilità ecologica non c’era, ma oggi un’azienda che vuole essere moderna e guardare al futuro non può farne a meno”, continua Frattini pesando con cura parole spesso abusate.
Una sostenibilità che parte dall’impresa e arriva al prodotto: la sede è un vecchio stabilimento ristrutturato, illuminato con luci a led e dotato di riscaldamento a pellet. Rispetto ai rubinetti, si è lavorato innanzi tutto sulla portata: “Uno classico arriva a 20 litri, i nostri a 5 litri, senza però dare l’idea che esca solo un rivolo d’acqua. Le bocche sono più piccole e, grazie agli areatori, l’acqua viene combinata con più aria, mantenendo però alla vista un getto paragonabile a quello degli erogatori standard”.
In nome del rispetto dell’ambiente, l’impresa di San Maurizio d’Opaglio ha rispolverato anche il concetto, purtroppo oggi un po’ passato di moda, dei pezzi di ricambio: “Ci puntiamo molto. Al contrario di quello che fanno le altre aziende, li vendiamo con margini molto bassi, perché siamo convinti che alla base della sostenibilità ci sia la riparazione degli oggetti”. Anche il packaging è stato studiato con cura particolare: “E’ tutto in cartone, completamente riciclabile. Abbiamo tolto tutte le spugne e i sacchetti di solito utilizzati per l’imballo, che creano problemi in fase di riciclo”. Al loro posto, solo un panno da utilizzare anche per pulire i rubinetti una volta montati: “E’ prodotto in fibre di cotone provenienti da scarti di lavorazione e riciclate. Quando ero piccolo questa modalità era molto utilizzata, ma paradossalmente, nonostante si tratti solo di uno straccio, ritrovare oggi un fornitore è stato difficilissimo. Trovavamo solo panni in materiale sintetico”.
Nel 2011, l’azienda ha ottenuto una menzione d’onore al Compasso d’Oro con la serie Ort: linee pulite e minimaliste, eleganza e bassi consumi. A Cersaie 2013 ha presentato la linea Dudok Wood con inserti in legno e ha partecipato al progetto Aggregati di Davide Vercelli per una beauty spa “distribuita” e immersa nella natura.
L’idea di rispetto dell’ambiente che Antonio Frattini vuole far passare attraverso i propri prodotti è una sostenibilità in positivo, considerata un valore e non una rinuncia: “Non sono d’accordo con chi pensa che il consumatore che vuole cose sostenibili deve rinunciare al design. Quando usano un prodotto, poi, le persone non devono avere l’impressione di fare a meno di qualcosa, nel nostro caso dal rubinetto non può uscire solo un rivolo d’acqua: bisogna coniugare il risparmio delle risorse con l’efficienza e la bellezza”. E gli utenti capiscono il messaggio: “In Italia è più difficile avere a che fare con gli showroom, che spesso non hanno una politica di sostenibilità e puntano su prodotti che si vendono da soli. Nei Paesi scandinavi dove esportiamo, invece, si guarda meno al marketing e più al contenuto di un progetto: un’azienda con una filosofia chiara è apprezzata”, racconta Frattini, che critica quei casi in cui la comunicazione pubblicitaria fa greenwashing, “danneggiando anche quelle imprese che provano davvero a essere sostenibili”.
L’azienda conta sei dipendenti e un fatturato di circa 500.000 euro. La produzione per adesso è parzialmente esterna. “Siamo ancora una realtà piccola. Cerchiamo in ogni campo di avere un approccio sostenibile per quanto ci è possibile, mentre per altri progetti dovremo aspettare di crescere un po’”. Il più grande è quello sull’Africa: “Mi piacerebbe molto fare un progetto innovativo, realizzato in zone dove sarebbe bello creare lavoro, a metà strada tra un’impresa e una missione umanitaria. Penso per esempio a un rubinetto prodotto in Africa, ma in modo moderno e nel rispetto dell’ambiente. Trovare un partner locale è difficile, ma è un sogno che continuo a coltivare”.
Veronica Ulivieri