Antica Enotria: la filosofia del biologico, oltre l’etichetta
Trent’anni fa era un rudere, “poche pietre abbandonate nella piana del Tavoliere”, a Cerignola, in Puglia; oggi la masseria Contessa Staffa, tirata su nel 1700, è un’azienda agricola modello che ha ispirato molti imprenditori agricoli della zona nella scelta del biologico. Parliamo di Antica Enotria fondata, anzi riconvertita, nel 1993 da Raffaele Di Tuccio che, dopo generazioni e generazioni di lavoro agricolo puro, in quegli anni decise di mettersi a trasformare i frutti della terra. Una scelta obbligata perché in quegli anni era “impossibile vendere l’uva bio, non aveva mercato né acquirenti” spiega Luigi, il figlio di Raffaele, che dopo gli studi scientifici ha seguito le orme paterne e da 15 anni si dedica all’azienda, di cui oggi è amministratore.
La filosofia di vita della famiglia si legge in questi versi, vergati a mano dal padre e pubblicati sul sito internet aziendale: “Improvvisamente sei consapevole che non puoi continuare a sfruttare, avvelenare, forzare perché ciò che fai alla terra lo fai a te stesso. Ed inizia il rispetto. Il rispetto per te stesso e per la terra, per il tempo e per la vita. Il respiro torna regolare, naturalmente lento, finalmente naturale. La vigna che coltivi diventa avara, ma lo capisci: i suoi grappoli sono ora più preziosi ed il vino è ricco, come tutte le cose povere. Agricoltura Biologica, la chiamano…”. Una vera conversione (in senso lato), più che una scelta di mercato. Le parole di Raffaele spiegano infatti, meglio di tanti ragionamenti, perché lui, la moglie Antonia e il figlio Luigi abbiano fatto questa scelta impegnativa e lungimirante, prima di ogni “moda”.
Una svolta non facile, dura, ma ricca di soddisfazioni: “abbiamo iniziato con un vino artigianale, da garagista come si dice in gergo, con pochi mezzi e attrezzature, ma senza additivi chimici. Negli anni siamo cresciuti, abbiamo migliorato la qualità e conquistato il gusto dei consumatori”. Nei 40 ettari di Contessa Staffa, nei primi anni 2000, racconta Luigi, al vigneto si sono aggiunte altre colture con ” la lavorazione di pomodori secchi, carciofi, conserve, pelati. Frutti dei nostri campi, tutta roba nostra“.
Un impegno sempre maggiore che “ci ha cambiato la vita, siamo arrivati a completare tutta la filiera, con un nostro marchio che ci ha offerto l’opportunità di valorizzare i prodotti della nostra terra. In provincia di Foggia c’è sempre stata una grande produzione, ma non di alta qualità. Noi abbiamo puntato sul rifiuto della chimica, su lavorazioni semplici per stravolgere il meno possibile le caratteristiche originali dei nostri prodotti“. Ecco un esempio concreto: “il vino lo teniamo in botti grandi, non in quelle piccole (le barriques, NdR) che cambiano l’aroma naturale. Siamo vicini al mare e otteniamo vini molto tesi che si prestano molto bene all’invecchiamento, eleganti, fini e non piacioni e marmellatosi“. Quindi ecco dei Nero di Troia, Aglianico, Primitivo, Negroamaro (alcuni senza zolfo), con aromi e sapori autentici, che non seguono mai le tendenze, “mode che vanno e che vengono, ma noi non seguiamo i mercati di massa, per fortuna c’è una nicchia che apprezza la nostra filosofia“.
Per non cedere al ribasso dei prezzi della grande distribuzione e dei canali tradizionali la famiglia Di Tuccio, con i nove collaboratori, punta sulla distribuzione alternativa: ristoranti, gastronomie di qualità, negozi biologici, e-commerce specializzati e tanto estero: Nord Europa, Stati Uniti, Asia. Piccoli numeri, ma buoni. Approccio glocal con salde radici nel territorio. Dove oltre ad aver sperimentato per primi il biologico hanno puntato anche alla custodia della memoria storica delle architetture con il recupero della masseria del XVIII secolo, che è un vero e proprio lavoro di valorizzazione dell’identità del luogo. “E’ un monumento del 1700, una sorta di piccolo villaggio, con le stalle, le dimore per i contadini e intorno l’azienda agricola – spiega Luigi – Ci abbiamo lavorato tanto e non abbiamo ancora finito”.
Un’idea di sviluppo virtuosa per il Sud, ma Luigi non ama i luoghi comuni: “penso che ci sia Sud e Sud… In Puglia c’è tanta imprenditoria innovativa, non penso che sia una terra del malessere anzi ci sono tante persone operose. Per esempio qui a Cerignola molti altri produttori hanno seguito il nostro modello bio ed oggi ci sono tante aziende che hanno ripreso la nostra scelta. In verità devo sottolineare che siamo anche fortunati, grazie alla qualità del terreno e al clima molto favorevole per il biologico”. E sul bio (recentemente indagato da Report nelle sue storture) Luigi ha idee molto chiare: “il sistema ha tante falle, non basta il biologico per assicurare qualità. La differenza è tra produzione industriale e artigianale, non basta l’etichetta“.
Gian Basilio Nieddu