AlterPELLET, per una filiera locale del “cippatino”
Una valida alternativa al riscaldamento alimentato a gas e gasolio è costituita oggi dalle biomasse, di cui si utilizzano principalmente due tipi: il cippato di legna, per gli impianti tecnici di grandi dimensioni, e i tronchetti o pellet per quelli domestici di piccola dimensione. Il pellet ha un valore commerciale molto alto, perché è comodo, facilmente codificabile e controllabile, di immediata reperibilità, mentre il cippato perde continuamente prezzo.
“Il problema – spiega il professor Alberto Poggio del Politecnico di Torino- è che nell’arco alpino dove noi viviamo c’è buona possibilità di produrre cippato, mentre è bassissima la capacità di produzione del pellet. Una grossa percentuale di quello in commercio, infatti, arriva dal Nord America, dal Canada nello specifico; quasi sempre si tratta di materiale recuperato attraverso azioni aggressive di deforestazione: l’albero fresco viene abbattuto, tagliato e poi fatto essiccare artificialmente, spesso con combustibile fossile, e trasportato in Europa con grandi navi. Insomma è tutto tranne che un processo sostenibile!”.
Da questa considerazione è nato il progetto AlterPELLET, finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale della Regione Piemonte e promosso dal Politecnico di Torino (Dipartimento Energia, gruppo di ricerca Analisi Energia Sostenibile, da anni impegnato sul tema dell’utilizzo delle risorse energetiche forestali), che ha messo a punto un processo di lavorazione del cippato delle nostre valli per adattarlo alle attuali stufe a pellet. “Cinque anni fa è partito lo studio teorico di contesto con gli enti locali – continua il professor Poggio, referente di progetto per il Politecnico – per capire le potenzialità e le risorse dei territori, e lo scorso anno, insieme alle aziende Rossetto Legnami e La Foresta Soc. Coop., due operatori forestali di riferimento della provincia di Torino, abbiamo cominciato la ricerca pratica” per sviluppare una tecnica di trasformazione della materia e per adeguare la stufa a pellet al nuovo composto.
Così, a un passo dal termine della fase di sperimentazione, che chiuderà i sipari in estate, è stato inaugurato il primo essiccatore in Italia ad energia solare (operativo a Luserna San Giovanni), e, grazie alla collaborazione di Herz Italia, uno dei principali costruttori mondiali di caldaie a biomasse, è stata lanciata la prima caldaia modificata a “cippatino”, un cippato triturato a scaglie della dimensione del pellet e con lo stesso grado di essiccazione, conveniente e pratico per l’utente.
L’essiccatore si compone di due vani di stoccaggio indipendenti di dimensioni utili al carico e scarico dei mezzi forestali, da un vano tecnico per le attività di manutenzione e controllo, da una serra solare, con esposizione ottimizzata del campo solare. Ha una capacità di essiccazione della biomassa del 10% circa. La caldaia “adeguata” ha una potenza di 22 kW, un rendimento misurato dell’85-90% e un consumo di combustibile di 6 kg/h.
“A fronte dei risultati emersi e delle prove fatte in questi mesi, possiamo senz’altro affermare che un’alternativa più sostenibile al pellet può esistere”, continua il professore. Per pensare a tutta la filiera dagli elevati standard ambientali e qualitativi, però, è necessario fare un ragionamento anche sulle modalità di consegna e sull’imballaggio. “Oggi il pellet è venduto in sacchi di plastica, buttati a fine scorta. Noi stiamo pensando ad una confezione riutilizzabile o ricaricabile”, per abbattere ancora la produzione di rifiuti e l’impatto ambientale dell’intero processo. “E poi ci piacerebbe allargare il ragionamento a nuovi produttori” per stimolare la gestione forestale e la qualificazione ed evoluzione delle imprese di settore.
Intanto, per presentare il prodotto, AlterPELLET sarà presente alla fiera Forlener 8° Salone biennale dell’energia del legno, in programma dal 25 al 27 settembre al Lingotto Fiere di Torino.
Alfonsa Sabatino