Al romitorio di Lauriano come un eremita, “uomo-albero” fuso con la natura
Li vedo, tutti gli eremiti del mondo, che tornano qui. E intanto canticchio Nature Boy tra me e me. Una vecchia bellissima canzone, scritta da Eden Abhez: uno che davvero provò a vivere allo “stato di natura”. Per un certo periodo degli anni Sessanta visse come eremita, sotto la lettera L della scritta “Hollywood”, sulla collina di Los Angeles, incarnando la sintesi perfetta tra asceta e sballone.
Senza andare tanto lontano, se volete fare gli “eremiti per un giorno”, potete cimentarvi nell’emozionante ascesa al Romitorio di Lauriano (TO), nascosto come un gioiello da conservare tra le colline del Po e quelle del Monferrato, a un tiro di schioppo da Chivasso.
Probabilmente, durante la vostra oretta di camminata non incontrerete anima viva.
Lauriano lo trovi di passaggio, per caso, sulla provinciale da Torino in direzione Casale, o camminando lungo la destra orografica del fiume, attraverso il Parco Fluviale del Po. Tutt’intorno, un patrimonio naturalistico straordinario, non ancora abbastanza fiero di sè, tra Riserve Naturali (Confluenza del Po e della Dora Baltea), Siti di Interesse Comunitario (il Bosc Grand), colline e – lontano lontano - l’arco delle Alpi, bene in evidenza nelle belle giornate. Eppure Lauriano sembra recluso in un’area di metamorfosi tra Canavese e Monferrato, dove per un attimo non è rintracciabile più alcun genius loci: terra di nessuno – e dove poteva trovarsi un romitorio?
L’eremita non è solo una figura del nostro immaginario, una ricerca individuale per chi la intraprende. La sua figura proviene da una Tradizione, risalente al Medioevo e oltre. Letteralmente il romìto – da cui “eremita” – era l’Uomo Albero, l’espressione, cioè, di un antico culto arboreo. Così chiamato per via del corpo generalmente ricoperto di edera, si accompagnava con un bastone al quale legava un ramo di pungitopo e di ginestra, e viveva in romitaggio: senza una fissa dimora, diviso tra la “fusione panica” con la dea Terra e l’elemosina, che ricambiava con la sapienza e le spezie della Natura (sembra che questo tipo di tradizione abbia origine in una zona della Basilicata, a Satriano di Lucania).
Il cartello segnavia recita “Lauriano: paese fiorito”. In effetti la zona precollinare vanta una certa fioritura di Tulypa silvestris, volgarmente detto tulipano selvatico. Dalla provinciale, presa la deviazione per Lauriano, si oltrepassa, ancora al di qua dal paese, la cappelletta votiva della Madonna della Neve. Anche lei, come tutte le gemme di zona, sembra volere nascondere il suo candore alla vista del mondo.
In paese (quattro case davvero) passo davanti all’improbabile bar On the Road – nessuna traccia di hipsters o “vagabondi del Dharma”. Sotto il pergolato, anziani contemplativi scrutano l’orizzonte, immobili. Chiedo indicazioni per il romitorio. “Dopo la curva trova il cartello e in cima al bricco – il bric - c’è pure una bella chiesetta”. Da sotto, dal borgo o dalle strade limitrofe, è impossibile vedere il romitorio, così protetto dalla cima irsuta della collina. Anche questa è una caratteristica che sembra voluta da una geografia sacra, nel rispetto della vocazione e della storia del luogo. Io, col mio zaino armato di chitarra, potrei essere quello che rovina tutto!
Il sentiero che si arrampica sul poggio è una vena di radici e fango, segnato di tanto in tanto dai pneumatici del trattore, piuttosto che che dai piedi dell’uomo o dalle zampe delle bestie. A mezzo poggio, si allarga una zona di bosco ceduo o di taglio: ecco il perché dei segni del trattore. La pendenza, la luce crepuscolare e le spoglie degli alberi rendono apocalittico il colpo d’occhio. Mi spingo sempre più in alto con il crescere della pendenza. Per lunghi tratti di sentiero cammino sotto piccole volte di arbusti, in una specie di galleria del Green.
Poco prima di trovare la cima, costeggio un muretto di mattoni, completamente immerso nella boscaglia. Che sia questo il romitorio? Un muretto sbrecciato? No, è quel che resta di un antico torrione medioevale, un ricetto per lo stivaggio di alimenti e la protezione dei raccolti. Infine, al sommo della collina, tra il controluce degli alberi, spicca il romitorio, come un’installazione austera dello spirito, con il suo piccolo abside del XII Secolo, in perfetto stile romanico. Aggiro il tempietto e mi ritrovo davanti alla bella facciata, inondata di luce al tramonto.
Il romitorio è chiuso, senza eremiti da ospitare. Su un’iscrizione trovo l’informazione che cercavo: “questi locali ospitarono eremiti tra il XVII e il XIX secolo”. Rimarrò ancora un po’ qui, fino al calare della luce. Non sarò solo. Avrò dalla mia parte uomini-albero, a tenermi compagnia.
Orlando Manfredi
Playlist:
- Alberi, un film di Michelangelo Frammartino, 2013
- Henry David Thoreau, Walden. Vita nel bosco, Feltrinelli
- Into the Wild, Colonna Sonora Originale, 2007, J.Records
- Eden Ahbez, Eden’s Island, 1960 Del-fi/ 2004 Collector’s Choice