Rapporto Ecomafie 2011: più di 84 reati ambientali al giorno
«Come un virus, con diverse modalità di trasmissione e una micidiale capacità di contagio». Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, descrive così il fenomeno dell’Ecomafia, al centro dell’omonimo rapporto annuale 2011 (Edizioni Ambiente, 24 euro).
«Un virus – prosegue Fontana – che avvelena l’ambiente, inquina l’economia, mette in pericolo la salute delle persone; che ha un sistema genetico locale e una straordinaria capacità di connessione su scala globale». Il rapporto Ecomafia 2011 è dedicato quest’anno ad Angelo Vassallo, primo cittadino di Pollica innamorato dell’ambiente, ucciso dalla camorra il 5 settembre scorso, «sindaco della bella politica».
Secondo l’indagine di Legambiente, condotta in collaborazione con le forze dell’ordine, le Capitanerie di porto, l’ufficio Antifrode, l’Agenzia delle dogane, le polizie provinciali, l’istituto di ricerche Cresme e la Direzione investigativa antimafia, nel 2010 sono stati accertati 30.824 illeciti ambientali, con un incremento del 7,8% rispetto al 2009: più di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora. Una crescita che, spiega il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, significa due cose: «Innanzi tutto una maggiore attenzione da parte delle forze dell’ordine, accanto a un aumento dei crimini contro l’ambiente».
I reati relativi al ciclo illegale di rifiuti (dalle discariche ai traffici illeciti) e a quello del cemento (dalle cave all’abusivismo edilizio) rappresentano da soli il 41% sul totale, seguiti dai reati contro la fauna, (19%), dagli incendi dolosi (16%), da quelli nella filiera agroalimentare (15%), mentre tutti le altre tipologie di violazioni non superano complessivamente il 6% degli illeciti accertati.
I numeri sono da far venire i brividi. I rifiuti sequestrati solo in 12 delle 29 inchieste per traffico illecito messe a segno dalle forze dell’ordine nel 2010, sono 2 milioni di tonnellate. Una montagna enorme di immondizia e rifiuti tossici, che per essere trasportata avrebbe bisogno di 82.181 tir, che incolonnati fanno 1.117 chilometri, più o meno da Reggio Calabria a Milano. «Una strada impressionante eppure ancora sottostimata, perché i quantitativi sequestrati sono disponibili per meno della metà delle inchieste ma anche perché, com’è noto, viene normalmente individuata solo una parte delle merci trafficate illegalmente», fa notare l’associazione. Il 2010 è un anno da record per le inchieste sull’unico delitto ambientale, quello contro i professionisti del traffico illecito di veleni: sono state ben 29, con l’arresto di 61 persone e la denuncia di 597, e il coinvolgimento di 76 aziende. Reati a cui si aggiungono i circa 6.000 illeciti accertati relativi al ciclo dei rifiuti, più o meno un reato ogni 90 minuti.
La classifica a livello nazionale è guidata da Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, ma cresce anche il numero di reati accertati nel Lazio e in Lombardia. E poi c’è la piaga del traffico internazionale dei rifiuti, che dall’Italia arrivano via mare in Cina, Corea del Sud, India, Malesia. L’Agenzia delle Dogane ha segnalato più di 100 casi e sequestrato nei porti italiani 11.400 tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi, il 54% in più rispetto al 2009.
Fanno tremare anche i dati del ciclo illegale del cemento: nel 2010, l’edilizia abusiva ha consumato suolo equivalente a 540 campi da calcio, con 26.500 nuovi immobili stimati. «Una vera e propria cittadina illegale, con 18.000 abitazioni costruite ex novo e la cementificazione di circa 540 ettari». Sono stati accertati 6.922 illeciti, con 9.290 persone denunciate, più di una ogni ora. La Calabria è la prima regione come numero d’infrazioni (945) seguita dalla Campania, dove si registra il maggior numero di persone denunciate (1.586) e dal Lazio.
Meno numerose, ma altrettanto degne di attenzione sono le frodi alimentari: il maggior numero di reati è stato riscontrato nel settore delle carni e allevamenti (1.244), della ristorazione (1.095) e dei prodotti alimentari vari. Sono stati 5.835 i reati commessi contro la fauna, quasi 16 al giorno, soprattutto nell’ambito dell’espansione globale dei mercati orientali, con un volume d’affari di specie animali e vegetali e di prodotti lavorati che supera ormai, a livello mondiale, i 100 miliardi di euro all’anno.
Il fenomeno dell’ecomafia, ha sottolineato Cogliati Dezza, «si propaga e si rafforza anche grazie al coinvolgimento dei cosiddetti colletti bianchi e alle infiltrazioni nell’imprenditoria legale». Una possibile soluzione? Maggiore attenzione da parte del governo e del Parlamento. «Per porre rimedio a questa situazione, avevamo atteso con ansia il decreto col quale il governo deve recepire la Direttiva Europea sulla tutela penale dell’ambiente, inserendo finalmente i delitti ambientali nel Codice Penale». Oggi, infatti, i reati contro l’ambiente sono tutte contravvenzioni, punibili cioè con pene pecuniarie che non fanno paura agli ecocriminali.
Veronica Ulivieri