Puliamo il futuro
“Tutti i sondaggi, anche recenti, affermano che i cittadini, le istituzioni, i sindacati, gli imprenditori, i partiti politici tengono in grande considerazione i problemi della tutela ambientale. Nei fatti però sappiamo, purtroppo, che non sempre questo interesse per l’aria pulita, per le acque pulite si traduce in atti, iniziative coerenti. Una cosa è l’affermazione di principi generici, le denunce quotidiane sui media in materia di riscaldamento globale, sullo smog che continua ad ammorbare i grandi centri metropolitani (e non solo), un’altra cosa è comportarsi coerentemente, civilmente, attuando la raccolta differenziata, sollecitando (e non boicottando) la costruzione di moderni termovalorizzatori, limitando il riscaldamento nella case, rottamando le vecchie caldaie, comprese quelle industriali, per garantire emissioni pulite, riducendo, cioè, le polveri sottili. Non basta infatti protestare, denunciare, fare la voce grossa nei confronti dei Comuni, delle Regioni e delle altre istituzioni (che certo hanno le loro colpe) se ognuno di noi non si assume le proprie (piccole) responsabilità. Un futuro pulito dipenderà certo dalle grandi scelte che dovranno fare tutti i Paesi del mondo, a cominciare da quelli maggiormente industrializzati ma anche dalle piccole scelte quotidiane di ciascuno di noi”.
Queste le parole del giornalista Aldo Forbice nel prologo del suo ultimo libro, Puliamo il futuro. Viaggio attraverso i comportamenti ambientali degli Italiani, edito da Guerrini e Associati (€ 18,50, pp.198). Un monito che deriva da un attento studio dei comportamenti ambientali degli italiani: il libro, infatti, ripercorre criticamente trent’anni di storia dell’ambientalismo italiano dalla diossina di Seveso a Cernobyl; dalla discussa chiusura delle centrali nucleari alle discariche abusive, all’ecomafia, alle navi dei veleni, ai gravi inquinamenti dell’aria, del suolo, dell’acqua; dal Protocollo di Kyoto alla Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici e non manca di evidenziare casi di eccellenza come il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, iniziativa di un settore produttivo (e di un gruppo di operatori) che, coerentemente con le disposizioni di legge, si sono “sporcati le mani” per dare una mano all’ambiente.
Molti i contributi eccellenti, la prefazione di Stefania Prestigiacomo, Ministro dell’Ambiente, e le postfazioni di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, Ermete Realacci, fondatore e presidente onorario di Legambiente e Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel. Chiude il volume una “non conclusione” di Paolo Tornasi, presidente del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati.
Tra scandali, polemiche, cattiva informazione e, di contro, la crescita lenta ma costante di una “coscienza ecologica”, Aldo Forbice traccia un ritratto del nostro paese che, nonostante i limiti e l’arretratezza in materia di energie pulite e buone abitudini ambientali, lascia intravedere alcuni spiragli per il futuro: l’importante è l’impegno e il contributo di tutti, siano essi semplici cittadini, politici, sindacalisti o imprenditori.
Per dirla con le parole di Ermete Realacci: “Occuparsi oggi d’ambiente non significa solo difendere la salute dei cittadini, il nostro paesaggio e il patrimonio storico e culturale, salvaguardare gli equilibri naturali. Non implica solo combattere contro l’inquinamento e l’illegalità. Occuparsi d’ambiente , soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo , può essere il progetto per guardare con più fiducia al futuro. Perché rilancia l’economia e dà speranza. Perché la risposta ai mutamenti climatici, con quello che comporta in termini di innovazione, di ricerca, non è un peso ma una delle chiavi per affrontare la crisi. Oggi la cosa più importante da fare è non assistere da spettatori ma favorire e accompagnare mutamenti in atto nell’economia e nella società”.
Elena Marcon