L’allegra Apocalisse
La fine del mondo, nel libro L’allegra apocalisse (Iperborea, pp. 315, 16 euro) del finlandese Arto Paasilinna, arriva nel 2023. Ma non colpisce tutti indiscriminatamente. Almeno un luogo, la piccola comunità di Ukonjärvi, nella Finlandia profonda, si salva. Mentre New York è invasa dall’immondizia, Parigi è ricoperta da sei metri d’acqua e le terre intorno sembrano ormai deserte e tornate a un’epoca arcaica, il villaggio rimane un’isola felice. Grazie a una ricetta particolare e per niente scontata. La comunità nasce all’inizio degli anni Novanta per volere di Asser Toropainen, gran bruciachiese che in punto di morte affida al nipote Eemeli il compito di costruire proprio una chiesetta di legno. Intorno alla cappella e alla canonica, per molti anni senza prete, si sviluppa gradualmente l’allegra comunità. Un gruppo di alcune migliaia di persone spensierate, che vivono di ciò che producono, in sintonia con l’ambiente.
Da una parte ci sono gli “ecologisti”, un gruppo di giovani arrivati dalla città per impedire l’abbattimento della chiesa, costruita abusivamente. Dall’altra, un esercito strampalato di guardie di frontiera, che difendono la comunità da attacchi esterni. Non sono vegetariani né non violenti, è vero: ma cacciano gli animali solo per il sostentamento e cercano di fabbricare da soli tutto ciò che serve. Quando si trovano per le mani una bomba H durante la guerra, fanno di tutto per metterla in sicurezza e farla scomparire. L’autosufficienza, sembra dirci Paasilinna, insieme a una vita in sintonia con la natura, è il segreto per vivere un po’ meglio degli altri. E alla fine, Ukonjärvi viene solo lambita dall’apocalisse: l’eco della fine del mondo, nel villaggio, arriva sotto forma di un Natale caldo, con i ghiacci che si sciolgono e i prati verdi. Scenari inconsueti e preoccupanti, ma niente a che vedere con la catastrofe che si è abbattuta sul resto dell’Europa.
Una riedizione dell’insegnamento di Voltaire, «bisogna coltivare il proprio giardino»? Sì, anche se con una venatura più amara: perché in fondo, gli effetti delle catastrofi, in un mondo così globalizzato, ci raggiungono anche nel giardino più isolato e felice. Il romanzo, a metà tra il fantasy e la fantascienza, racconta con grande ironia una storia che si adatta perfettamente ai giorni nostri.
Veronica Ulivieri