“Eventi estremi”: la sottile analogia tra clima e finanza
Turbolenze sui mercati finanziari annunciate dopo l’ennesimo crollo delle Borse europee e turbolenza atlantica in arrivo sull’Europa del Sud come previsione del servizio Meteo di Sky per lo stesso giorno del novembre 2010. Così si apre lo stimolante saggio di Tonino Perna, dal titolo “Eventi estremi. Come salvare il pianeta e noi stessi dalle tempeste climatiche e finanziarie”, pubblicato da Altreconomia Edizioni.
Il linguaggio di economia e clima sembra infatti essere diventato comune, le stesse parole raccontano processi e meccanismi talmente “simili” da portare a pensare che siano collegati da una medesima causa madre: “fluttuazioni giganti provocate da una fortissima accelerazione dei processi”.
Un punto di vista nuovo, un’analisi originale e mai sentita, un paragone che lascia basiti inizialmente, che incuriosisce e che viene spiegato e motivato in modo convincente dall’autore, economista e sociologo, docente di Sociologia Economica presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Messina.
Innanzitutto è il tempo - il momento in cui questi eventi estremi avvengono - che li accomuna. Contemporanei ai nostri tempi, la grandiosità e le dimensioni di questi fenomeni sono indice di due sistemi – quello economico e quello ambientale – che stanno crollando e, anche, che si condizionano a vicenda. Non è un caso, quindi.
“La speculazione finanziaria sfrutta i mutamenti climatici come -nell’economia reale – governi e grandi imprese sfruttano i disastri naturali per rafforzare il loro potere. Si può affermare, senza tema di smentite, che la crisi ambientale dà una mano all’espansione del capitalismo finanziario, ma ha un costo sempre più insopportabile per la maggioranza della popolazione”. Nell’estate del 2010, per citare uno degli esempi del testo, l’alluvione che ha colpito il Pakistan ha obbligato 12 milioni di persone a lasciare le campagne per recarsi nelle periferie delle città. I consumi urbani e le attività economiche cittadine hanno un’impronta ecologica maggiore rispetto ai consumi rurali e questo trasferimento di massa non ha fatto altro che aumentare la CO2 emessa nel Paese.
Altre volte è addirittura il mercato stesso la causa di tante carestie. Ne è un esempio palese la Cina, che con il suo sviluppo sconsiderato e irragionevole sta depredando il proprio territorio e mettendo a rischio il benessere di mezzo mondo. Con l’obiettivo di crescere e produrre, la Cina è oggi un paese ecologicamente devastato, ma ne è consapevole e, astutamente, si porta avanti nella previsione dell’impoverimento delle proprie terre. “La strategia del governo cinese è ormai chiara: procurarsi, nel resto del mondo, terreni agricoli e allevamenti zootecnici per sopperire al deficit presente e soprattutto futuro”. Questo comporta condizioni di vita (benessere, istruzione, servizi sociali) già oggi pessime nelle campagne cinesi, un futuro peggioramento delle condizioni di vita nelle campagne controllate dalla Cina in altri paesi del mondo e un controllo economico e sociale da parte di una unica grande potenza, possibile causa di privilegi e conflitti anche sociali.
Il quadro è chiaro e decisamente poco ottimistico. Gli eventi estremi delle economie e del clima stanno creando un sistema sbilanciato e pericoloso, pronto a scoppiare. È necessaria un’economia altra, diversa, più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, per salvare “Gaia” e i suoi abitanti.
Alfonsa Sabatino