Cinema in un ambiente diverso: “Peak”
La giuria della sezione “Cinema in un ambiente diverso” - composta da Andrea Gandiglio, direttore editoriale di Greenews.info, Michele Munerol di Air Dolomiti, dall’architetto Gianmaria Sforza e dalla regista Elena Maggioni – ha assegnato ieri sera, al Milano Film Festival il premio, sponsorizzato da Air Dolomiti e Aeroporto di Monaco, al film di Musa Syeed, “Valley of Saints“. Di grande interesse anche gli altri lungometraggi in concorso, di cui pubblichiamo le recensioni a cura di Michele Munerol.
La telecamera si avvicina lentamente ad una coppia di musicanti alpini in costume tradizionale. E’ il preludio alla descrizione della “borderline life” di alcune comunità montane accomunate dal cambiamento strutturale del loro ambiente di vita, nel racconto di Hannes Lang, autore di questa co-produzione italo-tedesca.
Per gli operosi abitanti del fronte alpino austriaco i problemi derivano dal ritirarsi del ghiacciaio di Solden e dalla necessità di avere neve artificiale per tutto il periodo invernale, per supportare il turismo sciistico. Da qui la costruzione di un bacino artificiale di raccolta dell’acqua, per produrre neve finta. Il regista ci presenta, con impietosa lucidità, l’affaccendarsi degli addetti ai lavori e le spiegazioni tecniche sulla costruzione del bacino, così come i metodi per la produzione di neve artificiale (bellissima la sequenza notturna quando la neve sprigionata sembra nebbia, quasi a confondere il limite dell’atmosfera con quello della crosta terrestre).
Il messaggio di Lang è evidente in ciò che il suo occhio inquadra. Come quando ci mostra il paesaggio surreale della montagna ormai priva di neve, con gli impianti sciistici inutilizzati, i residence vuoti, la motoslitta abbandonata. Le sequenze ironiche, come il passaggio della corsa ciclistica o le sagre paesane, sono la proiezione di quanto tutto ciò sia effimero di contro all’immagine del “buco nero” in mezzo alla natura costituito dal bacino artificiale.
Se la preoccupazione degli abitanti transalpini delle località sciistiche è solo quella di dover ripulire la sporcizia lasciata dai turisti, quella degli svizzeri-italiani del San Gottardo è invece legata crescente isolamento dalla civiltà. I protagonisti riescono tuttavia a trasmettere un sorriso, per quanto amaro, agli spettatori del lungometraggio: come quando il cinquantenne allevatore parla di trovarsi o meno una moglie; la sua speranza per il futuro viene immediatamente ridimensionata dalle tragiche parole della nonna: “…la tecnologia ha distrutto amore e dolore”. Frase che riassume un po’ il senso dell’intero film. Un’opera che si conclude, circolarmente, con l’allontanarsi della telecamera e l’inquadratura su un’altra coppia di musici di montagna. Come dire: altro luogo, stessi problemi.
Michele Munerol