Cinema in un ambiente diverso: “El Lupe de la Vaca”
La giuria della sezione “Cinema in un ambiente diverso” - composta da Andrea Gandiglio, direttore editoriale di Greenews.info, Michele Munerol di Air Dolomiti, dall’architetto Gianmaria Sforza e dalla regista Elena Maggioni – ha assegnato ieri sera, al Milano Film Festival il premio, sponsorizzato da Air Dolomiti e Aeroporto di Monaco, al film di Musa Syeed, “Valley of Saints“. Di grande interesse anche gli altri lungometraggi in concorso, di cui pubblichiamo le recensioni a cura di Michele Munerol.
Il racconto della vita quotidiana di “El Coralito”, località rurale messicana dedita all’allevamento, attraverso le parole dei suoi abitanti, sembra un normalissimo soggetto di un “doc-film”. Almeno sulla carta. Ma a El Coralito si dice che si aggiri un “nanetto” con un occhio solo a cavallo di una vacca. E allora cambia tutto. Tradizione, superstizione, leggenda. “Lupe” incarna per la gente un vero e proprio protettore e patrono. Tutti ne parlano, ma nessuno in realtà l’ha quasi mai visto.
La componente “fantasy” del film si completa con le parole dei protagonisti – non attori, ma persone vere, spontanee – che parlano della presenza dei Goblin. Il “one eyed dwarf” viene espresso cinematograficamente grazie a un disegno animato dal sapore molto “comics”, trasformandolo così da patrono in un fumettistico supereroe, un po’ donchisciottesco nelle movenze. I dispettosi spiriti maligni vengono invece mostrati al pubblico attraverso l’inserimento di alcuni fotogrammi nelle sequenze rupestri. Bellissimo e suggestivo è il racconto di come si possono catturare e assecondare. A El Coralito le mucche hanno tutte un nome e rispondono quando vengono chiamate, a El Coralito la mungitura si fa ascoltando i Clash, a El Coralito ci si commuove quando i piccoli porcellini vengono allattati. La regista alterna sapientemente sequenze della dura e povera vita quotidiana a scene di idilliaca vita pastoral-naturale. Come se le attività dell’allevamento, legate all’intervento umano, fossero un tutt’uno armonico con il mondo boschivo e superstizioso circostante.
A caratterizzare El Coralito sono comunque, soprattutto, i suoi abitanti. Sudore e fatica durante il lavoro, ma anche folklore e un po’ di verve creativa, quasi artistica. Veri e propri personaggi di un “plot” filmico. Josè tuona contro le multinazionali che tagliano gli alberi (che lui conosce uno ad uno), tanto quanto gli abitanti del villaggio che uccidono gli animali senza motivo, sconvolgendo il connubio uomo-natura proprio del territorio. Don Chema, il mago del formaggio (che è “più geloso di una donna”), è zoppo, ma anche “più furbo di un coyote”. Ma sono i personaggi femminili i main characters. A cominciare da Luci, prova vivente che le donne di El Coralito non riposano mai: costruisce la propria casa a mano e cura i suoi maiali con una dedizione e una passione instancabili. Poi c’è Maria, la vera e propria matrona del pueblo, quasi un’incarnazione della “Madonna di Guadalupe”. In realtà è lei che rappresenta lo spirito più profondo de “El Lupe de la vaca”. Infine c’è Laronda, la piccola star, che, come una novella Caterina della “Bisbetica domata” di Shakespeare, si rende protagonista di un’invettiva contro gli uomini messicani: sono tutti ubriachi e non sanno ballare. E’ lei che danza mentre scorrono i titoli di coda che ricordano i costi del latte: 10 cents al produttore e 1 dollaro a chi lo compra. In mezzo il sudore e la fatica di chi non vuole abbandonare il proprio territorio.
Michele Munerol