Il fumo uccide… l’ambiente
Ogni giorno 195 milioni di cicche di sigaretta vengono abbandonate in strada, nei campi o nelle spiagge, gettate nei tombini o buttate insieme alla spazzatura.
Ma qual è il loro impatto sull’ambiente?
Di questo argomento si è discusso ieri presso la sede ENEA di Roma, durante la giornata di studio “L’impatto ambientale del fumo di tabacco. Le cicche di sigaretta: un rifiuto tossico dimenticato”.
Accendere una sigaretta, spiegano gli esperti, significa immettere nell’ambiente più di 4000 sostanze chimiche ad azione irritante, nociva, tossica, mutagena e cancerogena. Una parte di queste sostanze chimiche resta nel filtro e va a contaminare la parte di sigaretta non fumata che comunemente chiamiamo cicca o mozzicone. Nelle cicche quindi è possibile trovare moltissimi inquinanti: nicotina, benzene, gas tossici quali ammoniaca e acido cianidrico, composti radioattivi come polonio-210, e acetato di cellulosa (la materia plastica di cui è costituito il filtro).
Nello specifico, lo studio ENEA – AUSL di Bologna presentato da Carmine Lombardi, Giuliana Di Cicco, Vincenzo Zagà, valuta il carico inquinante delle cicche di sigaretta sul territorio italiano. Secondo la ricerca, il carico nocivo di ogni cicca è basso (dell’ordine di milligrammi): il fattore che amplifica il problema è proprio l’elevato numero di mozziconi prodotti. La valutazione si basa dunque sul numero di fumatori (13 milioni), sul numero medio di sigarette fumate da ogni fumatore (15 sigarette al giorno), sui quantitativi di alcuni agenti chimici presenti in ogni sigaretta e sul numero complessivo di cicche immesse nell’ambiente ogni anno (72 miliardi di cicche/anno).
Una recente ricerca delle Nazioni Unite ha inoltre ricordato che i mozziconi di sigaretta occupano il primo posto nella top-ten dei rifiuti che “soffocano” il Mediterraneo. Disperdere nell’aria e nell’acqua queste sostanze significa mettere a rischio la salute umana e animale, senza contare i danni provocati ogni anno dalle 4.500 sostanze derivanti dal fumo di sigaretta e dalle circa 3.600 tonnellate di cenere prodotte.
Lo studio sottolinea ancora che, non esistendo normative nazionali che ne limitino la dispersione nell’ambiente, ma solo singole iniziative da parte di alcuni comuni, il fenomeno risulta totalmente fuori controllo. I comuni, gli amministratori locali, i datori di lavoro – concludono i ricercatori – dovrebbero non solo emanare norme di comportamento, ma anche installare, in analogia a quanto previsto per altre tipologie di rifiuti, appositi raccoglitori. Fondamentali sono poi le azioni di sensibilizzazione dei cittadini e soprattutto dei giovani, al rispetto della propria e altrui salute.