Sole e vento africani: l’asso nella manica dell’UE
L’Europa si sta caratterizzando sempre più per la sua crescente domanda di energia, accompagnata da un’offerta sempre minore. L’approvvigionamento energetico dell’Unione Europea dipende quasi esclusivamente, ormai, da Paesi terzi, quali la Russia e i Paesi mediorientali e, in prospettiva, dai Paesi della sponda sud del Mediterraneo.
La necessità di ridurre le emissioni di carbonio nell’atmosfera e di salvaguardare la salute del nostro Pianeta e dei suoi abitanti, unita alla spinta della crisi economica (che ha visto nella green economy l’opportunità di nuovi posti di lavoro e investimenti), ha dunque portato la diversificazione delle fonti energetiche ad essere una priorità nell’agenda politica europea. Ma anche nell’ambito delle energie rinnovabili, il Vecchio Continente non è così ricco di risorse, come lo potrebbero essere, invece, il Medio Oriente e il Nord Africa (paesi Mena).
Il sole del Sahara e dei deserti mediorientali e il vento delle rive africane sull’Atlantico sono così diventati gli obiettivi futuri per l’approvvigionamento delle energie rinnovabili in Europa. Questo è quanto emerso dalla Conferenza Annuale sull’Energia organizzata a Bruxelles lo scorso 9 Febbraio dall’Istituto Francese di Relazioni Internazionali (Ifri).
Seppure ad uno stato embrionale, i progetti riguardanti lo sfruttamento delle risorse naturali della sponda sud del Mediterraneo, per produrre energia da esportare in Europa, sembrano avere tutte le carte in regola per poter essere implementati. Si tratta di iniziative molto ambiziose che rientrano nel Med Solar Plan. L’obiettivo è quello di sfruttare il vasto potenziale solare ed eolico del Nord Africa, con un target di 20 GW entro il 2020 tramite l’utilizzo di un mix di tecnologie quali il PV, CSP e l’eolico. Con il risultato atteso di creare una interconnessione elettrica tra l’Europa e il mercato locale dei paesi terzi del Mediterraneo.
Due i progetti portanti:
- Desertec, promosso del governo tedesco e con l’obiettivo di creare una rete di centrali elettriche e infrastrutture per la trasmissione di energia elettrica a lunga distanza. Le risorse rinnovabili saranno in particolare l’energia solare dai deserti del Sahara e del Medio Oriente tramite la tecnologia del solare termodinamico e l’energia eolica prodotta sulle coste atlantiche;
- MedGrid, che è stato definito la versione francese di Desertec. Anche questo programma prevede infatti la partecipazione di un gran numero di compagnie internazionali pronte ad investire sull’energia solare ed eolica della regione mediterranea.
I mezzi che l’Europa ha a disposizione per l’implementazione dei due progetti si fondano sull’articolo 9 della Direttiva Europea del 23 Aprile 2009, che di fatto rende possibile l’attuazione di progetti comuni tra i Paesi Europei e Paesi Terzi. Ma all’effetto della normativa europea vanno sommati altri importanti fattori politici e tecnici, quali il supporto da parte dei governi maghrebini, la possibilità di creare una griglia tra l’Europa e il Nord Africa, attraverso l’interconnessione sottomarina tramite lo Stretto di Gibilterra, ed infine, la possibilità di poter contare su una serie di finanziamenti multilaterali, che vedono la partecipazione della Banca Mondiale e della Banca Centrale Europea.
Come ha dichiarato l’economista Jean-Michel Charpin, speaker alla Conferenza, “le difficoltà non mancano e sono essenzialmente legate alla gestione della complessità geopolitica della ragione mediterranea e mediorientale da un lato, e alla difficoltà di ottenere profitti alti e immediati, dall’altro”. “Come tutti i processi innovativi – continua Charpin - anche la creazione di una rete di trasferimento di energia rinnovabile tra le due sponde del Mediterraneo, richiederà tempo, pazienza e soprattutto investimenti miliardari”.
Viene dunque da chiedersi: quale sarà il ruolo dell’Italia in tutto ciò? La vocazione Mediterranea del nostro Paese, data dalla prossimità geografica al Maghreb e al Mashrek è fuori discussione. E la vicinanza fisica presuppone generalmente un’intensificazione dei rapporti economici, culturali e politici tra Paesi, che si dovrebbe manifestare tramite l’istituzione di una politica di vicinato. In questa occasione però l’Italia non sta giocando un ruolo da protagonista, quantomeno sul piano politico. I Paesi europei promotori dei progetti sono la Francia e la Germania, anche se imprese italiane, come Terna (gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale) e Enel Green Power, sono entrate a far parte dell’azionariato dei vari progetti. Si tratta tuttavia di una presenza “privata”, pur trattandosi di aziende a partecipazione statale.
Quale che sia stato il ruolo dell‘Italia nella fase di ideazione e promozione dell’ iniziativa, sta di fatto che ora il progetto è diventato parte integrante della più ampia iniziativa europea di riduzione delle emissioni di carbonio. E si inserisce perciò nel novero di quelle grandi opportunità offerte dalla green economy, con nuove ed enormi possibilità di investimento. Un treno che l’Italia farebbe bene a non perdere.
Donatella Scatamacchia