La mappa dei disastri naturali e tecnologici in Europa
Nel decennio 1998-2009 in Europa, i disastri naturali e quelli indotti dalla tecnologia sono aumentati notevolmente rispetto ai decenni precedenti, comportando un conseguente peggioramento della salute dell’uomo, dello stato delle economie dei Paesi membri e dell’ambiente.
A metterlo in evidenza è l’ultimo studio condotto dall’Agenzia Europea sull’Ambiente (AEA). Il report analizza la frequenza con cui i disastri naturali si sono verificati nel periodo considerato e gli effetti che hanno sull’uomo, sulle economie e sugli ecosistemi, mettendo in guardia l’Europa sulla necessità di una gestione del rischio maggiormente integrata tra i paesi membri.
Sono tre i tipi di pericolo: idro-metereologico, in cui sono comprese le tempeste, gli eventi legati all’aumento o diminuzione estrema delle temperature, la siccità, le inondazioni e gli incendi delle foreste; geofisico, tra cui le valanghe, le frane, le eruzioni vulcaniche e i terremoti; e tecnologico, dove vengono annoverati gli incidenti industriali, la fuoriuscita di petrolio dalle petroliere, e la fuoriuscita di sostanze tossiche durante le attività di estrazione.
Anche nei casi in cui si tratta di disastri “naturali”, come nei primi due gruppi, pare in realtà che siano tutte situazioni estreme di origine antropica.
Il considerevole aumento degli incendi delle foreste negli ultimi anni, ad esempio, è un effetto dell’aumento delle temperature dovuto essenzialmente all’assottigliamento dello strato di ozono. In questo caso, lo studio riporta che sono 70.000 gli incendi che in media ogni anno si verificano in Europa, con la conseguente distruzione di oltre un milione di ettari di foreste, principalmente negli stati che si affacciano sul Mediterraneo. Gli effetti sono devastanti: morti umane, danni all’economia stimati per circa 1,5 miliardi di Euro per anno, e inevitabilmente disastri nelle aree naturali e sugli ecosistemi, con il conseguente degrado dell’ambiente e l’aumento della desertificazione.
Le stesse considerazioni possono valere per la scarsità idrica. A livello europeo l’informazione su questo problema è, per altro, imprecisa e incerta. La conoscenza che i cittadini europei hanno riguardo alla disponibilità, all’estrazione e all’utilizzo di acqua, è molto povera così come l’informazione relativa agli impatti della scarsità idrica. Anche se l’Europa non è minacciata da decessi dovuti alla mancanza di acqua, la sua scarsità negli ultimi anni ha avuto delle conseguenze sull’agricoltura, sul turismo e l’energia. Basti pensare che l’eccezionale siccità del 2003 provocò una perdita in termini economici di circa 8,7 miliardi di Euro. Gli effetti di breve periodo legati al settore economico, sono poi accompagnati da conseguenze di medio e lungo periodo sugli ecosistemi, sulla qualità dell’acqua e sull’utilizzo delle falde acquifere.
In termini generali, il report mette in evidenza che i disastri considerati nel periodo 1998-2009, complessivamente hanno provocato 100.000 decessi e conseguenze negative sulla salute di 11 milioni di persone. Le perdite finanziarie nello stesso periodo sono state stimate per oltre 150 miliardi di Euro nei 32 Paesi membri.
Il 2003, per intendersi, è stato l’anno in cui l’ondata di caldo che ha colpito l’Europa occidentale e meridionale, ha provocato 70.000 decessi, mentre il terremoto in Turchia del 1999 ne ha provocati 17.000.
In totale tra il 1998 e il 2009 si sono verificate in Europa 213 alluvioni, 155 tempeste, 339 incidenti industriali, ponendosi in cima alla lista dei disastri tecnologici.
In questa situazione, quale potrebbero essere le azioni più appropriate che l’Unione Europea dovrebbe intraprendere? Lo studio dell‘AEA punta sui decisori politici dell’Europa e sulla loro capacità di mettere in atto un programma di gestione integrata del rischio, ovvero di prevenzione, risposta e recupero dei disastri.
Donatella Scatamacchia