La Ecotecture di Matteo Thun per i vini della Valle della Mosella
“Per poter interagire in maniera rispettosa con un luogo è necessario conoscerlo a fondo, saperlo apprezzare e immedesimarsi in esso. Per un architetto, questo significa doverne esplorare le particolarità geografiche, naturalistiche, meteorologiche e culturali. E progettare rispettando tutte queste particolarità. Si può quindi dire che l’architettura può prendere spunto dall’agricoltura estensiva, intervenendo sul terreno, ma non sfruttandolo oltremodo”. E’ questa la filosofia di Matteo Thun, architetto e designer, vincitore per ben tre volte del prestigioso premio per il design Compasso d’Oro e inserito nella Hall of Fame di New York nel dicembre del 2004. Fondatore dello studio Matteo Thun&Partners, dagli anni Ottanta ha cercato una strada alternativa al costruire moderno, chiamata Ecotecture – Ecology Economy Architecture. Attraverso di essa ha coniugato la contemporaneità ad un attento ascolto del contesto e ha concepito l’architettura come dialogo tra opera e ambiente, mettendo in relazione componenti tra loro diverse. Per lui ”il “progettare sostenibile” è una conseguenza automatica del “rispetto del Genius Loci”: solo proteggendo e conservando un luogo, lo si rispetta fino in fondo“.
Nella sua ultima realizzazione, la Winery Longen-Schlöder nella Valle della Mosella, in Germania, Thun ha condiviso e sostenuto l’idea della famiglia Longen, sviluppando un progetto di ampliamento e integrazione della struttura produttiva esistente, in linea con il suo approccio olistico e sostenibile all’architettura. Il complesso è stato realizzato in collaborazione con gli architetti Stein-Hemmes-Wirtz, per la gestione del cantiere, e Johannes Cox per il progetto delle aree verdi.
D) Architetto, il progetto dell’azienda vinicola Longen è stato insignito del premio Architekturpreis Wein 2013: può raccontarci con quali valori ha vinto questo importante riconoscimento?
R) Il premio ha l’obiettivo di mettere in luce quei progetti architettonici che contribuiscono a comunicare ad un ampio pubblico l’antica tradizione della viticoltura attraverso messaggi e segni di contemporaneità. Con l’approccio del Genius Loci – lo spirito del luogo – abbiamo valorizzato materiali locali come la pietra e il legno, e reso la flora parte integrante del paesaggio culturale circostante. Al contempo abbiamo trovato un modo molto personale di interpretare la ricettività: piccole casette al posto di grandi edifici, privacy e contatto con la natura al posto di animazione e ambienti artefatti. L’ospite è invitato a vivere e lavorare nel giardino, a diventare, per il tempo del suo soggiorno, parte integrante della vita del podere vinicolo.
D) L’attento ascolto del contesto è forse la prima delle responsabilità del progettista. Quanto influisce questo modo di approcciarsi all’opera?
R) Solo attraverso l’attenta lettura del luogo è possibile realizzare edifici che mantengano un loro valore estetico, funzionale e aggregante a lungo termine e che di conseguenza risultano sostenibili – inteso come longevi. In questo senso, è sempre importante interessarsi al contesto sul quale si va a intervenire - che si vada a costruire in città o in campagna, al mare o in montagna.
D) L’uso di materiali ecocompatibili è forse l’unica soluzione per una progettazione sostenibile: Frank Lloyd Wright definiva il legno come il materiale, tra tutti, più vicino all’uomo. Come concepisce la sua idea di architettura nel dialogo con i materiali?
R) Penso che il legno sia il materiale costruttivo del futuro. Ha eccellenti prestazioni in termini di isolamento acustico e termico. In caso di incendio risulta più stabile del cemento armato. E in caso di smantellamento dell’edificio è totalmente riciclabile. Parlando del legno come materiale eco-compatibile faccio una premessa: può dirsi tale se proveniente da foreste controllate e se queste foreste si trovano nel raggio di pochi chilometri dal cantiere. Infatti, nell’ottica della sostenibilità, è importante prendere in considerazione ogni aspetto dell’impatto di un materiale sull’ambiente, che si tratti del legno o di altri materiali. Ridurre i percorsi per il trasporto significa abbattere inquinamento acustico e visivo, oltre che a livello di emissioni. E poi va considerato l’impatto del materiale in caso di smantellamento dell’edificio: il legno è appunto riutilizzabile in tantissimi modi. E così, parlando, ho già potuto accennare ad una mia filosofia progettuale importante: i 3 Zeri con l’obiettivo di raggiungere Zero chilometri, zero emissioni e zero rifiuti.
D) La filosofia che lei sposa è quella dello Zero design: come si arriva al rispetto dei 3 Zero senza rinunciare all’espressione creativa dell’architettura?
R) I 3 Zeri parlano di sostenibilità mentre Zero Design è un altro mio fil rouge che riguarda l’approccio creativo: mi piace lavorare sugli archetipi, ridurre il linguaggio estetico di un oggetto al minimo indispensabile, pensando che un bambino avesse potuto disegnare l’oggetto in maniera similare – Zero Design quindi. Penso che nascano così le vere icone dei nostri tempi: oggetti che comunicano attraverso la loro immediatezza formale e che nella loro semplicità acquistano una forza espressiva durevole nel tempo.
D) In Italia stiamo iniziando soltanto da poco a seguire le orme estere della filosofia cradle to cradle: una progettazione e costruzione ispirata al ciclo della natura e caratterizzata da un completo smaltimento dei materiali impiegati. Quanto pensa che nel nostro Paese questa sensibilità trovi riscontro?
R) In tempi di crisi come questi, normalmente è difficile sensibilizzare le persone per tutto quello che va oltre lo stretto necessario alla sopravvivenza. Ma in questo caso, lo stretto necessario procede di pari passo con il ciclo della natura. Affrontare la crisi pensando ad un ritorno alla natura, al saper apprezzare la sua essenzialità, è sicuramente un modo per fare della necessità – della riduzione, del risparmio, del riciclo e così via – una virtù.
Valentina Burgassi