Il paradosso del riuso: mille volti ma privo di un linguaggio e di una normativa comuni
Riuso: cos’è e chi è costui? L’antiquario fa riuso? E l’officina meccanica che ci ripara l’auto? Riqualificare uno spazio industriale dismesso? E un orologio di lusso tramandato per generazioni è riuso? Ecco un settore dell’economia nazionale che fin che non “lo tocchi” sembra tutto chiaro, ma appena ti avvicini…apriti cielo!
A Torino il Tavolo del Riuso, nato su stimolo e contributo della Compagnia di Sanpaolo, ha provato ad accendere i riflettori sul tema facendo incontrare e confrontare, in un workshop interdisciplinare alla Casa del Quartiere di San Salvario, una quarantina di operatori dei diversi ambiti del riuso.
Non una giornata per dare risposte, ma per inquadrare la questione, identificarne i limiti e cercare di porre le basi per progetti comuni tra più soggetti, che a volte non sanno nemmeno di appartenere alla stessa “famiglia”.
Innanzitutto c’è il problema del linguaggio, o del wording, per comunicare al pubblico il mondo del riuso, come ha ricordato il pubblicitario milanese Giuseppe Mazza. Un po’perché riuso e usato, nell’immaginario collettivo, fanno ancora un po’sfigato (anche se molto meno di un tempo). Ma anche perché il linguaggio della comunicazione di cui siamo imbevuti è di origine fordista, deriva dalla concezione lineare della catena di montaggio (di cui fa parte anche il consumatore finale), e fa fatica a piegarsi alla circolarità di questa nuova economia.
C’è poi un’altra seria questione, secondo l’architetto Roberto Tognetti, fondatore di iperPIANO e coautore, con Giovanni Campagnoli, di “Riusiamo l’Italia“: il bias cognitivo, o distorsione cognitiva, un termine apparentemente complesso che indica, in realtà, un’esperienza piuttosto frequente, che ognuno di noi ha avuto nel rapporto con politici anacronistici o funzionari pubblici fuori dal mondo: le mappe mentali (spesso datate) di costoro gli impediscono di cogliere appieno la contemporaneità e le sue esigenze. E di conseguenza anche solo di “capire il problema”. E’la sensazione che hai quando provi a raccontare, ad esempio, i benefici e le opportunità del consumo-zero di suolo a un sindaco che ha in testa solo lo schema degli oneri di urbanizzazione. C’è un disallineamento totale che rende molto difficile, se non impossibile, la comprensione. Il “modello di business” del riuso patisce questo disallineamento quando si cerca di “venderlo” all’assessore di turno. Anche perché non è nemmeno chiaro, rebus sic stantibus, quale sia l’assessore di riferimento! All’ambiente? Alle attività produttive? Al sociale?
Quello dell’inquadramento normativo è infatti l’altro grande problema, sollevato da molti degli operatori presenti. La Cooperativa Insieme di Vicenza ad oggi costituisce quasi un unicum e, grazie ad un dialogo “allineato” con gli uffici comunali competenti e con l’Arpa, è riuscita, ormai da tempo, a interpretare favorevolmente la regolamentazione sui dei centri di riuso e la normativa sul trattamento dei rifiuti, per dare lavoro a 130 persone ed evitare che tanti oggetti ancora utili e funzionanti finiscano in discarica. Come fa anche, a Torino, la cooperativa Triciclo, che al termine del workshop di venerdì ha rilanciato il suo progetto “Cit ma bun“, la rete di raccolta volontaria di quegli oggetti di piccola taglia che hanno ancora la possibilità di essere riutilizzati e reimmessi sul mercato.
Ma non sempre la strada verso queste azioni è tutta in piano. Ne sa qualcosa Giorgio Bertolino, della Astelav, l’azienda di Vinovo (TO) leader nei ricambi per elettrodomestici che, insieme al Sermig di Ernesto Olivero, ha recentemente aperto a Torino il primo negozio del progetto Ri-generation, per “ricondizionare” vecchie lavatrici, lavastoviglie e altri elettrodomestici rottamati. E si è subito scontrato con le prime follie burocratiche tipicamente italiane: test per verificare la presenza di uranio (?!), vasche di scarico per le acque dei test e IVA al 22% replicata senza pietà anche sull’usato rigenerato – una forzatura alla quale i fratelli Bertolino non sembrano intenzionati a sottomettersi docilmente, tanto che hanno attivato il commercialista dell’azienda per un interpello all’Agenzia delle Entrate.
Per questo Greenews.info e Associazione Greencommerce, che hanno partecipato, nel corso dell’ultimo anno, alla costituzione del Tavolo del Riuso, intendono proseguire il cammino con un supporto di tipo culturale, informativo e di sensibilizzazione, per aiutare i cittadini, da un lato, a comprendere meglio sia le opportunità (economiche, ambientali e di salute) che le storture normative del riuso, e gli operatori del settore, dall’altro, a conoscersi meglio tra loro e avviare progetti comuni e attività di sana lobbying.
Andrea Gandiglio