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Digital Experience Festival: unire il territorio, tra reale e virtuale

giugno 1, 2012 Progetti, Smart City

La cucina regionale, le coltivazioni tipiche e i presidi Slow Food: quando si tratta di valorizzare il territorio poche cose sono più efficaci del cibo e del vino di qualità. Se a queste eccellenze nazionali si aggiungono le potenzialità offerte da web 2.0, allora le possibilità sono davvero infinite.

Il Digital Experience Festival (a Torino, fino al 2 giugno) ha deciso di occuparsi del tema, con un incontro alle Officine Grandi Riparazioni dal titolo “Progettare tra reale e virtuale per il Territorio e la Sostenibilità”. Applicare alla gastronomia i nuovi strumenti digitali, infatti, vuole dire far incontrare chi acquista con prodotti altrimenti poco conosciuti e con chi li produce. In una parola: fare rete. Durante l’incontro organizzato da Telecom e dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino si sono alternati diversi modi per mettere in relazione le cose, le persone, il territorio.

WantEat e Gnammo, ad esempio, sono due iniziative che uniscono la buona tavola e i social network, mischiando cultura tradizionale e nuovi mezzi di comunicazione. “A livello mediatico il mondo della cucina è sempre più importante”, ha spiegato Gian Luca Ranno, uno dei fondatori di Gnammo. “Si sono moltiplicate le trasmissioni tv con cuochi protagonisti, e spuntano sempre più foodblogger, chef amatoriali che con le loro ricette sono diventati piccole star del web”. Seguendo questa rincorsa al buon cibo è venuta l’idea di creare un servizio per il social eating: Gnammo mette in contatto chi sa cucinare con chi ha voglia di mangiare bene, condividere la propria casa e fare incontri. Un po’ come avviene per il couchsurfing e chi ospita in camera per qualche notte viaggiatori prima sconosciuti, ma con le tovaglie invece che con le lenzuola. L’idea di conoscersi attorno al tavolo deve piacere, perché a meno di tre mesi dal lancio Gnammo ha già 2.500 iscritti, e ancora dovono partire le prime cene collettive.

Allo stesso pubblico è dedicata l’applicazione WantEat, nata dal Progetto PIEMONTE dell’Università di Torino. Qui il cibo viene utilizzato per raccontare la cultura locale: gli utenti che assaggiano qualcosa di buono lo fotografano e condividono sul web, le altre persone collegate possono chiedere informazioni, commentare, dare consigli, conoscere i produttori e incontrarli. Di nuovo relazioni virtuali portano a esperienze fisiche e culinarie. WantEat è ancora in fase di sperimentazione: l’applicazione definitiva verrà presentata al Salone del Gusto 2012, il prossimo ottobre, con l’appoggio di Telecom, Slow Food e dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

Ma le belle idee per applicazioni internet e giovani aziende non bastano. Secondo Franco Fassio, dell’ateneo di Pollenzo, “è necessario pensare un nuovo modello produttivo, fare sistema a livello di territorio per sfruttarne al meglio le caratteristiche”. In pratica bisognerebbe pensare in maniera “olistica” a tutto il processo del cibo, dalla nascita nei campi o in fattoria fino al consumo, allo smaltimento e alla sua capacità di richiamare turisti, per ridurre gli sprechi e guadagnarci tutti: un po’ come per il maiale di cui non si butta via niente, “oppure come i ravioli, buonissimi ma fatti con gli avanzi del giorno prima”.

Matteo Acmè

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