Crescentino scalda i motori: il bioetanolo di seconda generazione è realtà
È ormai realtà il sogno italiano dei biocarburanti di seconda generazione. A due anni dalla posa della prima pietra, mercoledì 9 ottobre è stata inaugurata ufficialmente la bioraffineria di Crescentino (VC), il primo impianto al mondo per la produzione di bioetanolo da biomasse non alimentari, di proprietà di Beta Renewables, joint venture tra Biochemtex, società di ingegneria del gruppo Mossi Ghisolfi, il fondo americano TPG (Texas Pacific Group) e il leader mondiale dell’innovazione biotech, la danese Novozymes.
L’innovazione principale di questa bioraffineria sta nelle materie prime che verranno utilizzate per la produzione di bioetanolo: paglia di riso, di cui l’area è ricca, ma anche canna gentile (Arundo Donax), che può essere coltivata su terreni marginali. La sfida dei biocarburanti di seconda generazione sta infatti nel produrre combustibile senza sottrarre spazio alla produzione agricola ad uso alimentare. Guido Ghisolfi, amministratore delegato di Beta Renewables, ci tiene a rassicurare su questo aspetto: «Andiamo ad utilizzare la parte residua delle coltivazioni. Dove ciò non è possibile, andiamo alla ricerca di terreni abbandonati che non producono da almeno dieci anni. E sono tantissimi. L’Italia perde quasi centomila ettari all’anno di terreni. Lo stesso accade in altri Paesi europei». Guido Ghisolfi sottolinea che lo stato di abbandono del terreno verrà certificato: «Nelle trattative con i proprietari dei terreni siamo chiari: se hai un terreno che coltivi non lo vogliamo neanche prendere in considerazione. Per certificare questa situazione ci stiamo accordando con il Ministero dell’Agricoltura affinché prima della firma di un contratto ci sia un certificato ministeriale che attesti lo stato di abbandono del terreno. Non si parte con un progetto da centinaia di milioni di euro di investimento se non si hanno accordi stabili e duraturi. In quest’ottica stiamo inoltre avviando intese molto importanti con le associazioni di categoria. Quest’accordo c’è già in Sardegna e sta diventando realtà anche in Sicilia e in Puglia».
Un altro aspetto innovativo della bioraffineria, sottolineato dall’azienda, risiede nella piattaforma tecnologica impiegata per ottenere il bioetanolo: «L’innovativa tecnologia PROESA® (PROduzione di Etanolo da biomasSA), combinata con gli enzimi Cellic® prodotti da Novozymes, utilizza gli zuccheri presenti nelle biomasse lignocellulosiche per ottenere alcol, carburanti e altri prodotti chimici, con minori emissioni di gas climalteranti e a costi competitivi rispetto alle fonti fossili. PROESA® – secondo i calcoli di Beta Renewables – produce biocarburanti che assicurano una riduzione delle emissioni di gas serra vicina al 90% rispetto all’uso di combustibili di origine fossile, notevolmente superiore alla riduzione raggiunta dai biocarburanti di prima generazione». Lo stabilimento, inoltre, è totalmente autosufficiente per quanto riguarda i consumi energetici (13MW di energia elettrica prodotti utilizzando la lignina) e non produce reflui derivanti dalla produzione industriale, assicurando un riciclo dell’acqua pari al 100%.
A regime la bioraffineria avrà una capacità produttiva di 75 milioni di litri all’anno di bioetanolo di seconda generazione destinato al mercato europeo. Ma attualmente qual è lo stato dell’arte di questo mercato? «In Europa la prima generazione di biocarburanti copre un mercato di 3 milioni di tonnellate. Il 9 settembre scorso – ha ricordato Guido Ghisolfi – il Parlamento europeo ha fissato per i biocarburanti un target del 2,5% al 2022 sul totale dei consumi (circa 400 milioni di tonnellate di carburanti) da raggiungere attraverso miscelazione. Si è creato de facto un mercato per 9 milioni di tonnellate per questo biocarburante».
Non ci sarà bisogno di nuovi motori per utilizzare il bioetanolo di Crescentino: «Forse in pochi lo sanno – ha ricordato l’amministratore delegato di Beta Renewables – ma le automobili attuali già utilizzano bioetanolo e hanno una tolleranza del 15% sul totale del carburante. La nostra benzina viene infatti già additivata con un prodotto che si chiama ETBE (etil-t-butil-etere) che contiene etanolo. Questo prodotto rappresenta un mercato di circa un milione di tonnellate di prima generazione provenienti principalmente dal Brasile. Prevediamo che in futuro la domanda italiana salirà a tre milioni di tonnellate».
Ma quanto costerà un litro di bioetanolo? «L’etanolo avrà un costo competitivo se il petrolio rimarrà tra i 70 e i 100 dollari al barile – ha spiegato Guido Ghisolfi -. Oggi con il petrolio a 105 dollari al barile, la benzina vale 90 centesimi al litro esentasse. L’etanolo ha un rendimento del 75% rispetto alla benzina. Per paragone occorre vendere l’etanolo al 75% (o meno) del prezzo della benzina. Con la benzina a 90 centesimi è possibile vendere l’etanolo a un prezzo competitivo di 60-62 centesimi». Nel caso il prezzo del petrolio si discostasse da quella forbice? «Nel caso il petrolio salisse, l’etanolo non salirebbe nella stessa maniera. C’è un effetto deflattivo. Se invece il petrolio scendesse sotto i 70 dollari si tenderebbe a comprare solo più benzina. Tuttavia – ha concluso Ghisolfi – le probabilità che scenda sotto quel prezzo allo stato attuale sono poche».
Giuseppe Iasparra