Andiamo a giocare bambini! (Su una foglia di insalata)
Una foglia di insalata e non di più. È questa la superficie di verde che i bimbi di Taranto hanno a disposizione. Va meglio, ma si fa per dire, ai bimbi di città di media grandezza, come Lecco, Imperia, Olbia, dove lo spazio verde è più piccolo della loro cameretta. Sono i dati contenuti nel rapporto presentato stamani alla Banca d’Italia dall’associazione Save the Children, dal titolo “L’isola dei tesori. Atlante dell’infanzia (a rischio) in Italia”.
Lo studio si occupa di vari aspetti: dai nomi più diffusi alle situazioni di povertà e sfruttamento, fino agli asili nido e alle scuole. Una parte interessante è dedicata a bambini e adolescenti «poveri di aria pulita e di verde». E i dati che emergono sono preoccupanti.
L’Italia settentrionale spicca per gli alti tassi di inquinamento dell’aria, anche in rapporto al resto d’Europa. Torino, Milano, Brescia, Padova, Modena, Bergamo, Pescara, Napoli, Venezia, Rimini e Reggio Emilia sono le città prime in Italia per il maggior numero di giorni in cui viene superato il limite di polveri sottili nell’atmosfera. Piccole particelle sospese nell’aria che penetrano nelle vie respiratorie causando problemi cardio-polmonari e asma. E in molte di queste città risultano oltre i livelli di guardia anche le concentrazioni di biossido di azoto. «Come possiamo dire che Cagliari, dove ci sono 6 auto per bambino, è una città attenta all’ambiente? A Roma ce ne sono 5,2, a Milano 4,5», sottolinea il direttore generale di Save the Children Italia Valerio Neri.
Rispetto dell’ambiente, però, «non significa solo aria pulita, ma anche suolo libero dal cemento, che le nuove generazioni avranno a disposizione come risorsa». E da questo punto di vista, le cose non vanno meglio. L’Italia infatti, si legge nell’Atlante, viene cementificata a un ritmo di più di 100 ettari al giorno. Tra i il 1998 e il 2006, la cementificazione del suolo ha raggiunti livelli altissimi e davvero preoccupanti in molte città italiane grandi e piccole. In testa alla classifica Roma, con un incremento annuo di 336 ettari di suolo “impermeabilizzato”, per un totale di 23 chilometri quadrati di costruzioni, seguita da Venezia, con una media annua di 151 ettari, Parma (116), Milano (82), Taranto (78). Napoli, pur non essendo nella top ten delle città con la maggiore crescita annua di suolo costruito, ha il triste primato di città italiana con più cemento e con meno aree verdi attrezzate: più del 65% della superficie è occupato da costruzioni. E la situazione di Milano non è molto dissimile da quella della città partenopea. «Bisogna iniziare a pensare alle generazioni future. I bambini vivono oggi in città sempre più squallide, con aria sporca e pochi spazi verdi. Senza parlare di come vivranno i bimbi di domani».
In media, in Italia, ogni persona ha a disposizione uno spazio verde pari a 106 metri quadri. Ma la cifra si abbassa terribilmente già in città di media grandezza come Imperia, Savona, Lecco, Ascoli Piceno, Chieti, Crotone e Olbia, dove gli abitanti non hanno più di 5 mq di verde ciascuno. Per non parlare di Taranto: qui i cittadini si devono accontentare di una foglia di insalata (0,2 mq) per ognuno. «L’Italia – spiega Valerio Neri – è una realtà molto parcellizzata e frammentata. Spesso le opportunità a disposizione di un bambino dipendono dalla provincia in cui nasce. Ma dal punto di vista della cementificazione, non ci sono differenze tra nord e sud. Se per esempio in pianura Padana una buona parte del suolo è occupata da zone industriali, al sud, dove c’è un grave ritardo di industrializzazione, c’è stata comunque una cementificazione molto rapida».
La città più virtuosa è L’Aquila, dove gli abitanti hanno a disposizione 2.787 metri quadri di verde a testa, seguita da Pisa (1.521 mq), Ferrara (1.259) e Matera (1.140). Ci sono poi, soprattutto nel meridione, aree ancora abbastanza immuni dal cemento: «Pensiamo a certe zone del Molise, alla Sicilia centrale, al Tavoliere delle Puglie. Questo non è dovuto ad amministrazioni virtuose, ma allo scarso interesse dei gruppi di investimento a costruire in queste aree. E poi abbiamo ancora i parchi naturali e le aree protette».
In Italia, sottolinea Neri, non c’è un Garante dell’Infanzia e il mandato dell’Osservatorio Nazionale Infanzia è scaduto ad agosto scorso. Un Piano Nazionale per l’Infanzia manca dal 2004: «Stava per essere varato, ma se adesso cade il governo non avremo neanche quello». E comunque la nomina di questi organi non potrebbe bastare a garantire a un bambino uno spazio verde che sia più grande della sua cameretta, o almeno della foglia di insalata di Taranto. «La politica non parla mai di ambiente in relazione all’infanzia. E’ come se si pensasse che i bambini possono anche non respirare. E invece gli amministratori devono iniziare a considerare anche l’ambiente tra i valori importanti per i bambini. Bisogna cominciare ad avere una visione più ampia dell’infanzia, non bastano i pediatri e gli asili nido».
Veronica Ulivieri