A Milano sfila la moda sostenibile
Anche la moda scommette sull’ecosostenibilità. Lo testimoniano le creazioni presentate alla Settimana della Moda di Milano: pezzi unici, perché completamente artigianali, ma soprattutto prodotti a basso impatto ambientale e rispettosi della dignità delle persone che li realizzano.
Nella vetrina più prestigiosa del fashion di lusso, le borse di Ilaria Venturini Fendi e i vestiti del Consorzio Goel per Cangiari sono l’esempio più eclatante di come il bello possa essere sostenibile e conveniente. “Credo davvero che la moda etica possa diventare un modello di business imprenditoriale”, spiega a Greenews.info Ilaria Venurini Fendi.
Figlia di Anna, nel 2006 Ilaria ha creato Carmina Campus, un brand che utilizza materiali di riciclo, ma che soprattutto fa del rispetto per l’ambiente una filosofia aziendale e un modo di vivere (lei stessa vive in un’azienda agricola nel Parco di Veio, dove alleva animali e coltiva secondo il metodo biodinamico). Da acuni anni Ilaria ha scelto di collaborare con l’Itc, agenzia nata dalla collaborazione dell’Onu e del Wto per promuovere il lavoro in Africa. È nata così la collezione “100% made in Africa”, borse realizzate con scarti di coperte militari e tende da safari, con inserti di tessuti colorati della tradizione locale, come i kanga e gli shukas, i drappi a disegni tartan indossati dai guerrieri Masai. Su un lato della borsa, la scritta Not Charity Just Work (“non beneficenza ma lavoro”) che sintetizza la filosofia di Carmina Campus: assicurare dignità e condizioni lavorative eque a tutti coloro che fanno parte del progetto.
“100% made in Africa” è una linea colorata, vivace, adatta a una donna giovane che vuole distinguersi. È più economica della linea “100% made in Italy”, borse realizzate con i più svariati materiali di riciclo: zanzariere, tappezzerie delle automobili o degli aerei, corde da montagna o reti di pallavolo, maniglie di cassetti, cinte militari o vintage, cannucce e perfino fondine di pistole, mentre i manici sono creati riutilizzando le cinghie delle tapparelle. E poi gli accessori: i bracciali vengono confezionati con scarti di pentolame e per i fermagli da capelli si usano i cavi a spirale del telefono. “Sono materiali – prosegue la stilista – che raccontano una storia e che testimoniano come anche il lusso possa essere ecologico. Credo che questo concetto vada spiegato e diffuso: dentro ogni nostra borsa o accanto a ogni accessorio, è inserito un ‘passaporto’, un documento cioè che spiega come nasce il prodotto e tutte le sue fasi di lavorazione, rimarcando il nostro concept: save waste, from waste, salvare i rifiuti dallo spreco”.
A sostenere l’idea del lusso sostenibile sono anche le collezioni Cangiari, il marchio di alta moda etica e sociale che ha portato l’artigianato calabrese nelle migliori boutiques d’Italia. Cangiari – tutorato dall’imprenditore Santo Versace con la collaborazione di Carlo Rivetti - è il nuovo brand di moda nato all’interno del Consorzio Sociale Goel, che raggruppa nella Locride cooperative attive in vari settori per la liberazione delle comunità locali dalla mafia. Il claim “Beauty is different” è una provocazione che aiuta a riflettere sulle potenzialità della dignità delle persone, del rispetto per l’ambiente e dell’equità socio-economica nella creazione del bello oltre che del giusto.
“L’unicità dei nostri capi – spiega a Greenews.info Vincenzo Linarello, presidente di Goel – è data dalle applicazioni di artigianalità tessile d’eccellenza: ricami a mano e tessuti al telaio artigianale, realizzati secondo le antichissime tradizioni calabresi, rivisitati e attualizzati”. Naturale nelle tinte e originale negli inserti, Cangiari predilige la versione biologica dei tessuti utilizzati, unendo ricerca e innovazione al massimo rispetto per l’ecosistema: uniche le preziose varianti “limited edition” di capi contenenti inserti di seta prodotta senza l’uccisione del baco, o di tessuto di ginestra dell’Aspromonte cardata, filata e tessuta rigorosamente a mano. I colori predominanti sono quelli del Mediterraneo: il rosso dell’alba jonica, il blu del cielo, l’avorio di una terra calda e seducente.
“La moda etica – aggiunge Linarello – deve sempre di più essere non solo giusta, ma anche efficace, per offrire un vantaggio competitivo alle imprese. I nostri prodotti vengono acquistati prima di tutto perché piacciono; spesso, i clienti scoprono soltanto a casa la filosofia che c’è dietro ad ogni capo: per essere concorrenziale, deve essere di qualità”. Perché, quanto più lontano da un indulgente e generico buonismo, il fashion sostenible è il vero business del futuro.
Agnese Pellegrini