“Ferrovie delle meraviglie”: amarcord tra i binari dimenticati della penisola
La prima cosa che viene in mente è la piccola stazione di Piovarolo, fantomatico paesello della provincia rurale padana, in cui uno zelante Totò ferroviere veniva spedito al confino dopo essere arrivato ultimo ad un concorso pubblico. A Piovarolo arrivava un solo treno al giorno, e neanche si fermava. Ma almeno passava. Nelle stazioni e negli scali ferroviari ritratti in “Ferrovie delle meraviglie”, invece, da anni non si sente il fischio di un treno.
Nonostante il titolo dal vago sapore futurista possa far pensare a un elogio della velocità e dello sviluppo del trasporto ferrato, il volume fotografico edito da Co.Mo.Do (Confederazione Mobilità Dolce) è un viaggio un po’ malinconico tra le stazioni fantasma e i binari morti del Bel Paese. Tratti di strada ferrata che affiorano dalla campagna siciliana, semi-cancellati dalla terra polverosa che li fa assomigliare quasi a vestigia elleniche; nomi di paese arrugginiti insieme alle insegne che segnalavano l’arrivo a destinazione; viadotti diroccati tra le campagne dell’Appennino; tetti sfondati, sale d’attesa invase dalle erbacce; tunnel e ponti che si inerpicano tra le rocce dolomitiche, a ricordare di quando lo sferragliare arrivava fin nei paesini di montagna, spersi tra i boschi delle Alpi.
Sono, ad oggi, 6400 i chilometri di rete ferroviaria dismessi in Italia. «La previsione è di arrivare a 10mila nel 2020 – scrive Albano Marcarini, presidente di Co.Mo.Do e curatore del libro insieme a Massimo Bottini – Di fronte alle chiusure un tempo si reagiva con grandi manifestazioni che chiamavano a corteo intere cittadinanze, sindaci in testa, proteste e articoli di giornali a fiotti. Oggi quasi non se ne parla. Soprattutto pochi reagiscono, a parte qualche associazione di appassionati. C’è rassegnazione, o peggio, indifferenza».
Eppure una linea ferroviaria, oltre ad essere un sistema di trasporto ben più ecologico e sostenibile di quello su gomma, è parte del paesaggio e della storia del luogo. Così, per contrastare l’indifferenza, è nata nel 2008 la Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate, attraverso cui Co.Mo.Do ha riunito e censito le varie associazioni, locali e nazionali, che si occupano di conservare o recuperare stazioni e tratti di ferrovia abbandonati.
“Ferrovie delle meraviglie” è il primo risultato di questo censimento. A una quindicina di associazioni – tra cui Greenways, Club Alpino Italiano, Italia Nostra, Legambiente e WWF – è stato chiesto di contribuire al volume con fotografie dei tratti ferroviari “adottati” e con un breve testo che ne tracciasse la storia, lo stato di salute e i possibili interventi di riqualificazione. Se riportare i treni a correre su questi binari deserti appare nella maggior parte dei casi un sogno irrealizzabile, emergono però una serie di progetti legati alla mobilità dolce e al turismo sostenibile, capaci di dare nuova vita ai tracciati dismessi recuperando le infrastrutture esistenti. Si va da idee già in via di realizzazione, come la pista ciclabile che collegherà i laghi di Como e di Lugano sfruttando la linea Menaggio-Porlezza, ad altre che si stanno pianificando, come la greenway fra Santarcangelo di Romagna e San Leo, un suggestivo percorso da affrontare a piedi, in bici o a cavallo attraverso lo splendido paesaggio delle colline romagnole; per arrivare a disegni decisamente più ambiziosi o visionari, come il treno turistico speciale che faccia il giro dei castelli e delle aziende vinicole delle Langhe sulla linea Bra-Mondovì, o le “draisines” – i carrellini a pedali per quattro passeggeri – che si vorrebbero far circolare sul tratto Polla-Petina, sull’Appennino campano.
Tra ieri, oggi e domani, la prospettiva dunque si capovolge, e dall’amarcord nostalgico si passa ad immaginare un futuro riuso, che strappi le strade ferrate dimenticate alle ortiche per riconsegnarle al territorio e alla comunità.
Giorgia Marino