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Sourcemap: quanta strada fa un prodotto?

febbraio 1, 2011 Idee, Prodotti, Servizi

Sourcemap, Courtesy of Sourcemap.orgPortarlo nella borsetta o in tasca non pesa più di qualche etto. Produrlo, però, ha pesato sul pianeta venti volte di più. Un telefonino assemblato a Seoul, in Corea del Sud, ha una carbon footprint di 7,88 chili di diossido di carbonio. I pezzi che lo compongono sono arrivati in Corea da ogni parte del mondo: Cina, Cile, Brasile, Sud Africa, Indonesia, Russia, Giappone, Australia, Messico. Produrre un Airbus A380, l’aereo di linea più grande del mondo, presente nella flotta di molte compagnie di bandiera, pesa alla Terra l’equivalente di oltre 6.357 chili di diossido di carbonio. Viene assemblato a Toulouse, in Francia, con componenti che arrivano da Germania, Spagna e da quindici parti diverse della Gran Bretagna

Sono solo due esempi dei tanti casi registrati in Sourcemap, un social network lanciato nel 2009 che ha come obiettivo quello di calcolare la carbon footrpint di qualunque oggetto o attività.

Sourcemap nasce due anni fa dalla mente di Leonardo Bonanni, esperto di design sostenibile e insegnante al prestigioso Mit (Massachussets Institute of Technology) di Boston, il tempio della tecnologia del futuro. Un progetto libero, opensource e mandato avanti da volontari. «Lo abbiamo creato per consentire a tutti di accedere alle informazioni necessarie per fare scelte sostenibili e condividerle con il resto del mondo», si legge sulla homepage. «Senza conoscere da dove vengono gli oggetti e di cosa sono fatti, come possiamo fare scelte informate e sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale? Sourcemap è il primo network che illustra la supply chain (le varie fasi della produzione, fino al consumatore, ndr). Al suo interno si possono cercare e condividere le storie di tantissimi prodotti e servizi», spiega Bonanni. Lo scopo, insomma, è consentire alle persone di vivere in modo sostenibile e trovare informazioni utili, «senza bisogno di avere una laurea in ingegneria».

Raramente un’azienda rende noto fino in fondo dove vengono assemblati i suoi prodotti. In questo senso, Sourcemap vuole essere anche un incentivo alla trasparenza, per selezionare quelli che sono davvero prodotti “verdi”, con un’impronta ecologica ridotta, e dunque meno dannosi per il pianeta. «Sorcemap è anche il primo network che incoraggia i decision-maker a pubblicare la storia che c’è dietro un prodotto», spiega Matthew Hockenberry, direttore del progetto.

Chiunque può iscriversi al network e creare una mappa. È possibile realizzare cartine di  vario tipo: Lifecycle Maps (illustrano tutto il ciclo di vita del prodotto, inclusa l’impronta di carbonio dell’utilizzo e della “morte”), Traceability Maps (descrivono esattamente da dove vengono le diverse parti di un prodotto), Travel Maps (illustrano l’impronta di uno spostamento di persone, una vacanza, un evento), Food Maps (descrivono gli ingredienti che ci sono in un pasto o un alimento e calcolano l’impronta di carbonio per produrlo e mandarlo in un determinate luogo).

Le informazioni contenute nelle mappe vengono da guide e siti internet specializzati, tra cui Okala guide, una guida cartacea sull’origine delle materie prime, The Ecoinvent e Madeinnations, due database consultabili gratuitamente on line. «Il resto delle informazioni che rendiamo accessibili – si legge su Sourcemap – è frutto di una approfondita ricerca».

Navigando sulla homepage, in alto a destra troviamo una serie di cataloghi delle impronte di carbonio. E così si scopre che lo spuntino a base di frutta ha paradossalmente un’impronta di carbonio più alta di un metro quadro di asfalto. E che una bistecca porta con sé l’equivalente di 42,4 chili di diossido di carbonio; il pesce solo 3,76 chili.

Leonardo Bonanni si è dedicato anche a studi ed esperimenti sulla cucina del futuro, sempre nell’ottica di una maggiore sostenibilità degli spazi. Ed è durante queste ricerche che ha inventato il Dishmaker, «un elettrodomestico che produce piatti, vassoi e bicchieri quando servono e li ricicla dopo aver mangiato». «È nato dal desiderio di buttare via i piatti invece di lavarli e metterli a posto, poi è diventato un modo di trattare dei beni fisici come fossero dei beni digitali: quando crei un nuovo documento digitale, questo non occupa volume nella tua casa, quando lo vuoi modificare o buttare via non sprechi materiale», racconta. Altra stravagante, ma effettivamente utile, invenzione di mister Bonanni, è il Living Food, «che permette di far crescere erbe comprate al supermercato in un armadietto dotato di luci e ambiente controllato». E c’è una soluzione anche per ridurre lo spreco di energia legato a quando apriamo il frigorifero: «Ho scoperto che quando l’apertura del frigo è accompagnata dal suono di un vento freddo, le gente tende a tenere lo sportello il meno aperto possibile».

Veronica Ulivieri

 

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