L’Accademia del Riciclo
Intervista con Marco Torchio, designer e Presidente di Re-Academy.
Make money saving the planet. E’ questo il motto e il filo conduttore che lega, dal 2004, le attività di un gruppo di lungimiranti imprenditori franco-italiani facenti capo alla Compagnia di Finanza Etica presieduta da Michelangelo Bergia, una “finanziaria partecipativa” di Racconigi, in provincia di Cuneo, che ha scelto di fare quello che le banche tradizionali non stanno facendo, ovvero supportare sul territorio progetti di sostenibilità capaci di far quadrare la tutela dell’ambiente con le esigenze dell’industria e del mercato. L’approccio genericamente buonista e “terzomondista” non fa parte infatti della filosofia di questa realtà, che unisce architetti, ingegneri, designers e ricercatori accomunati dalla passione per un modo nuovo e alternativo di fare impresa, quanto dalla convinzione che per farlo si debba guadagnare e cioè essere “sostenibili” anche dal punto di vista economico e commerciale.
E’da questa fucina di creatività e spirito imprenditoriale che sono nati, negli ultimi tre anni, progetti come Mr.Pet, il rivoluzionario deposito interattivo che consente agli utenti di restituire bottiglie usate in PET ottenendo in cambio – attraverso la Mr.Pet Card – punti fedeltà spendibili presso i supermercati convenzionati, o la linea di carrelli e cestini per la grande distribuzione Eko Logic Shop to Shop, realizzata in KEOREX, la plastica delle bottiglie recuperate dalla raccolta differenziata (anche attraverso Mr.Pet) ben nota ai clienti di Eataly, o ancora le Sedie del Torchio, una linea di elementi di arredo realizzati con le doghe delle barriques, le botti di rovere destinate al macero. Modi differenti di trasformare i rifiuti in risorsa – un concetto ormai noto ma tuttora urgente.
Oggi la sfida più importante (e appassionante) per questi pionieri del riciclo si chiama Re-Academy, il progetto di una vera e propria “Accademia del Riciclo” che dovrà sorgere nel sito dismesso dell’ottocentesca conceria La Bassa di Bra – un complesso di 12.700 mq. simbolo di un’importante fonte di ricchezza nel passato della città, ma anche di malattie e inquinamento – in cui sarà ospitato un Business & Support Centre per fare da ponte tra università e aziende e diffondere informazione, cultura e tecnologia del riciclo, supportando anche lo start up di nuove aziende.
Per capire meglio la visione alla base di questa ambiziosa iniziativa abbiamo intervistato l’architetto albese Marco Torchio, designer delle omonime sedie e Presidente dell’Associazione Re-Academy.
D) In apparente controtendenza con nomi come “Compagnia di Finanza Etica” e “Unione e Fratellanza” (la Srl che racchiude la finanziaria e partecipa alle differenti realtà imprenditoriali), che potrebbero far pensare ad un approccio fortemente ideologico alle questioni ambientali, voi utilizzate spesso, in maniera chiara e trasparente, termini come “convenienza”, “mercato”, “guadagno”, banditi da un certo ambientalismo radicalista. Come si configura questo approccio molto pragmatico?
R) Noi siamo prima di tutto degli imprenditori e riconosciamo che non ci può essere convenienza alla sostenibilità, da parte di un’azienda, se non a fronte di una convenienza economica. L’economia sostenibile è l’economia che adotta la giusta tecnologia. Se da una parte c’è un problema ambientale e dall’altra un mercato, ciò che deve stare in mezzo è un progetto che trasformi il problema ambientale in una risorsa di mercato. Si tratta dunque di capire cosa vuol dire“il rifiuto”, cosa vuol dire “l’energia”, cosa vuol dire “il processo produttivo” e andarli ad analizzare nella forma giusta, compatibile con il rispetto ambientale ma anche con l’appetibilità sul mercato.
D) Si è parlato, nel caso della vostra gestione del rifiuto, di “rifiuto a km.0”, in che senso?
R) Ingegnerizzare il rifiuto vuol dire pensare al rifiuto collocato in un contesto geografico, ovvero alla tecnologia per trasformarlo disponibile in quel luogo. Una bottiglia di PET in Italia va pensata in un modo differente da quanto può essere in Centro Africa. Questo non significa che non ci debba essere contaminazione di esperienze. A Nairobi c’è un distretto di battilastra fatto da centinaia di artigiani che tagliano bidoni per il petrolio e ne fanno qualsiasi cosa. In questo senso i paesi del Terzo Mondo, che recuperano per necessità, possono insegnare molto. E’per questo che vediamo Re-Academy come un luogo di scambio e assimilazione di esperienze e buone pratiche dal mondo, che ciascuno metterà poi a frutto a casa propria, secondo le esigenze di mercato e le condizioni locali. L’idea del recupero come forma di sostenibilità è qualcosa che è sempre esistito anche da noi, ma che si è perso. Portare questo processo ad una dimensione industriale vuol dire semplicemente partire da un processo artigianale noto e farlo progredire. Se pensiamo alla differenza tra sedie di cartone riciclato e sedie di cartone recuperato si capisce quanto pesano le differenze geografiche e le tecnologie: laddove ci sia l’industria per farlo si può pensare di utilizzare un processo di riciclaggio dei materiali, dove questa tecnologia non sia disponibile interverrà invece un processo di recupero e trasformazione artigianale. L’impatto ambientale maggiore è dato dal trasporto del bene. In un modello ottimale l’oggetto dovrebbe essere prodotto con materiale raccolto in loco e consumato su quel mercato. Se faccio fare 1.000 km. a una poltrona di cartone riciclato ho già annullato gran parte dei benefici. A nostro parere ha senso lo scambio di progetti, ma non ha senso far produrre in Africa e vendere a Milano ciò che potrebbe essere prodotto a Milano. Bisogna far viaggiare i progetti, non i rifiuti!
D) Quanto influiscono, a suo avviso, il prezzo e l’aspetto estetico sulla scelta del prodotto?
R) Moltissimo. Noi lo notiamo, oltre che sugli oggetti di design, anche sui nostri carrelli per la spesa in plastica riciclata. Anche qui è un discorso di innovazione e di tecnologie: l’affinamento del processo di industrializzazione ci ha portato a produrre oggetti che non solo sono belli quanto (e forse più di) quelli della concorrenza, ma che costano uguale o meno. Questa è la formula giusta secondo noi. Ma non bisogna nemmeno dimenticare il discorso di distribuzione della ricchezza lungo il processo produttivo. Noi siamo a favore della ricchezza e contro la povertà, ma perché questa non sia una formula sterile bisogna capire che l’economia che si genera da un progetto deve avere come base la filosofia del creare ricchezza diffusa, ovvero per tutti quelli che partecipano a quella catena economica. A maggior ragione nell’industria del rifiuto che, se si vuole, approfitta della cosa più comoda e più economica che si possa trovare in giro.
D) Siete soddisfatti dalla risposta degli utenti nei confronti dei vostri progetti?
R) La strada della sostenibilità è complessa e non sempre facile da comunicare e condividere, ma le posso fornire un dato significativo: da giugno 2006 a gennaio 2009 MrPET ha recuperato 8.887.013 bottiglie in PET, evitando di consumare 1.273.963 Kg di petrolio e di produrre 3.425.575 Kg di CO2. Il modello dunque funziona.
Andrea Gandiglio
L’intervista è stata pubblicata anche sul numero 5 del mensile Ecoideare, dicembre 2009
Clicca qui per vedere il video sulle Sedie del Torchio andato in onda su Striscia la Notizia.