La bruciante ascesa del pellet. Intervista a Diego Ravelli
Il pellet, tra le biomasse legnose, continua la sua corsa bruciante – come racconta oggi Greenews.info sulle pagine di LaStampa.it – e le aziende italiane produttrici di caldaie e stufe crescono a doppia cifra, in totale controtendenza con i numeri neri della crisi. Per capire meglio questo fenomeno di mercato abbiamo intervistato Diego Ravelli, imprenditore quarantenne che, insieme al fratello Stefano, amministra l’omonimo gruppo bresciano, uno dei leader italiani. Ravelli Group negli ultimi quattro anni ha più che raddoppiato il proprio giro d’affari, fino a giungere ai 60 milioni a fine 2013.
D) Dott. Ravelli, il mercato delle stufe e caldaie a pellet ha avuto, negli ultimi anni, una crescita esponenziale nonostante la crisi, o forse proprio grazie alla crisi e alla volontà del consumatore di individuare forme di riscaldamento alternative. Come descrivete questo fenomeno?
R) Innanzitutto c’è un macro trend nel settore del riscaldamento ecologico, quindi pellet e legna: dal 2006 si è cominciato ad utilizzare le stufe a pellet e a legna come fonte primaria di riscaldamento. In Italia c’è una forte cultura legata alla stufa, infatti tutti i più grandi produttori di stufe a livello mondiale sono italiani. Con la meccanizzazione degli anni Ottanta, sembrava che il gas metano fosse la rivoluzione. E lo è stato fino a un certo periodo, perché poi i prezzi del metano sono aumentati ed è diventato anti conveniente. Il pellet quindi è stato visto all’inizio come soluzione economica – perché costava poco – e coscienziosa: una bolletta del metano quanto ti arriva a casa è di difficile interpretazione, mentre con il pellet si ha la coscienza della spesa, che è una cosa fondamentale. Non per ultimo, l’atteggiamento delle persone è cambiato: prima ci si adattava molto di più al freddo, ci si metteva un maglione in più, mentre oggi non è più così. Inoltre, ci sono delle abitazioni che per essere ben riscaldate avrebbero bisogno di uno o due caloriferi in più, ma installarli richiede lavori anche impegnativi. L’alternativa valida è stata la stufa a pellet, che non richiedeva una canna fumaria onerosa come quella di una stufa a legna, almeno fino a qualche anno fa: era estremamente comoda perché facendo un buco nel muro e attaccando una spina, avevi subito una fonte di riscaldamento complementare a quella esistente. Quindi all’inizio è stata vista come un qualcosa in più. Nell’arco degli anni, però, la stufa o la caldaia a pellet sta diventando la fonte principale di riscaldamento dell’abitazione: questo è il grande passo che stiamo vedendo da circa due anni e che si sta confermando adesso. Prima uno spendeva 2.000 euro per riscaldare una parte della casa, oggi chi spende 2.000 euro vuole un prodotto che gli permetta di svincolarsi completamente dal metano e scaldare tutta l’abitazione. E poi c’è sicuramente anche la parte emozionale data dal focolare, che un tempo rappresentava il centro della casa…
D) Quali prevedete siano gli sviluppi in Italia per il prossimo anno?
R) Come dicevo, da stufa complementare al riscaldamento esistente, a stufa che invece sostituisce il riscaldamento esistente. Il passaggio che stiamo vedendo è dalla stufa classica ad aria a sistemi più complessi che si possono integrare completamente al sistema di riscaldamento già installato: si toglie la caldaia a gas e si mette quella a pellet: può essere una caldaia estetica, che va nel soggiorno e che conserva anche le componenti emozionali della stufa, compresa la fiamma, oppure una caldaia da vano tecnico, molto più complessa, in cui la manutenzione è ridotta al minimo, i controlli sono elevati, e non si vede la fiamma.
D) Quanto ritenete abbiano inciso gli incentivi per interventi di efficientamento energetico degli edifici?
R) Hanno influito molto all’inizio: quando è partito questo mercato, c’era una detrazione del 40%, poi portata al 36% e infine al 65%, che sicuramente un minimo ha influito, anche se secondo noi non è stata determinante. Lo vediamo anche nei Paesi esteri, dove il mercato sta partendo un po’ a rilento rispetto all’Italia: mettono un incentivo, fanno partire il mercato, mantengono l’incentivo per 2-3 anni e poi lo tolgono o lo riducono o lo regolano con criteri più rigidi, perché a quel punto il mercato e l’incentivo si svincolano. Oltre alla detrazione, sulle stufe a pellet c’è anche l’incentivo del conto termico che viene dato all’acquisto se si sostituisce una vecchia stufa a gasolio, a legna o a pellet con una nuova a pellet più efficiente.
D) Un commento sulla provenienza del pellet: è possibile con un ulteriore crescita di mercato evitare assurdità come il pellet d’importazione che arriva dall’est europeo, o addirittura dall’Africa?
R) Per assurdo, i più grandi produttori di stufe a pellet sono in Italia, ma i nostri legnami sono pregiati e vengono usati per i mobili, mentre per trovare le conifere adatte al pellet bisogna andare in Trentino Alto Adige e soprattutto poi oltreconfine. Abbiamo alcune piccole aziende, ma hanno un peso irrisorio. La maggior parte arriva da Germania, dove c’è la più grande industria di pellet, la German Pellet e Austria, posti dove ci sono boschi e segherie. Lì tutto lo scarto del ciclo produttivo viene trasformato in pellet. Anche Ucraina e Polonia sono grandi produttori di pellet. E poi adesso si sono aperti i mercati di Canada e Stati Uniti: in Italia arrivano navi intere di pellet. Al porto di Livorno, per esempio, ci sono impianti di insacchettamento e da lì poi partono i camion e distribuiscono.
D) Quali sono le strategie di sviluppo di Ravelli Group per i prossimi anni?
R) Sicuramente lo sviluppo all’estero. Abbiamo una discreta fetta nel mercato italiano, mentre dobbiamo crescere ancora molto oltreconfine, dove ci sono dei mercati che stanno nascendo e che cresceranno nei prossimi anni: Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Danimarca, e, con qualche punto di domanda in più, anche Polonia ed Est Europa. Fuori dall’Europa, puntiamo a Stati Uniti – dove stiamo cercando di entrare nel mercato con una nostra filiale – Giappone, Cile, Nuova Zelanda, Paesi in cui abbiamo nostri importatori. Il grosso incremento lo prevediamo in Europa e negli Stati Uniti. Per quanto riguarda i prodotti, ci sposteremo da stufe a sistemi di riscaldamento, che possano scaldare non solo appartamenti, ma anche, per esempio, palazzine.
Andrea Gandiglio