Cuiles: da architettura rurale a nuova risorsa del turismo sostenibile in Sardegna
I pastori sardi fino agli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso stavano lontano da casa per dei mesi, abitavano in capanne di pietra – in calcare o in basalto – con tetto conico di ginepro, un legno molto resistente che garantisce l’impermeabilità della struttura, e frasche. Una vita difficile. Con la motorizzazione, le bonifiche, la valorizzazione dei terreni, la riforma fondiaria e la nascita dei primi caseifici sociali i pastori abbandonarono i luoghi più impervi e lontani dai centri abitati e costruirono case rurali moderne e stalle in cemento. I cuiles – nome sardo degli ovili – restarono senza padroni e iniziò il loro lento e progressivo degrado. Per decenni disabitati, non utilizzati, non curati e preda di vandali che in alcuni casi li bruciarono.
All’inizio degli anni Novanta l’interesse economico verso le escursioni e una differente sensibilità culturale, orientata alla valorizzazione della memoria storica, ha permesso il recupero di questi originali monumenti di architettura rurale della civiltà pastorale. Una storia interessante e ad alto tasso di impegno civico, che prende il via una quindicina di anni fa a Dorgali (uno dei paesi che con Baunei, Oliena, Orgosolo ed Urzulei fanno parte del Supramonte dove c’è una maggiore presenza di cuiles) dove un gruppo di cittadini con un duro lavoro (per raggiungere alcuni ovili è necessario camminare per due o tre ore) ha ristrutturato le capanne: rialzando e rafforzando la base in pietra e recuperando per il tetto il ginepro. La pianta tra l’altro è una specie protetta, e infatti la ristrutturazione è stata fatta in collaborazione con il Corpo Forestale. E’ cambiata naturalmente la loro funzione, ora sono utilizzati dagli appassionati di trekking, in particolare quelli più esperti, che organizzano escursioni di più giorni e che nei cuiles pernottano. Spesso all’interno vengono lasciate posate, attrezzature e anche cibo – sale, zucchero, caffè – utili per chi intende ‘’bivaccare’’ all’interno delle antiche capanne dei pastori. Ormai diventate dei veri attrattori per il turismo escursionistico nel Supramonte, anche in quello marino che si affaccia nella costa di Cala Gonone e Baunei e dove ci sono sentieri molto impegnativi come il ‘’Selvaggio Blu’’.
Solidarietà, beni comuni e naturalmente green economy sono i punti chiave delle numerose offerte delle cooperative e società di servizi turistici che hanno confezionato pacchetti con visita ai cuiles. “Abbiamo diverse proposte di escursione che prevedono soste negli ovili sia con pranzo al sacco portato in spalla dentro lo zaino o organizzato direttamente dal pastore”. Marco Canu della Cooperativa Ghivine, che dai primi anni Novanta ha scommesso sul turismo naturalistico e culturale, spiega le diverse modalità del ‘’Cuile Tour’’ dove sono coinvolti anche i pastori, che in questo modo riescono ad integrare il reddito dell’allevamento.
Ma l’offerta non è riservata solo a chi ha fiato e gambe buone: “Per chi non è un gran camminatore – pensiamo anche ad anziani o persone con difficoltà motorie – organizziamo il tour in fuoristrada. E’ prevista anche una tappa al villaggio nuragico (parliamo dell’età del bronzo), dove attraverso l’osservazione delle capanne preistoriche sottolineiamo le affinità con quelle utilizzate dai pastori fino a qualche decennio fa”. Filo millenario tra civiltà della pietra e del legno e trama narrativa e antropologica molto avvincente, come ha scritto Leo Fancello - autore di ‘’Trekking dei Cuiles. Guida pratica ai sentieri del Supramonte’’ per l’editore Archivio Fotografico Sardo – che descrive un vero spazio sociale dove il pastore “coltivava l’orto, lavorava il formaggio, custodiva le arnie per il miele”.
Insomma non solo un rifugio ma un microsistema economico autostostenibile, almeno per le esigenze primarie. Fancello ha studiato ha fondo questa organizzazione e come si legge nel sito della sua società, la Gennargentu, offre il Trekking del Supramonte : “In due giorni e si dorme nei vecchi ovili dei caprai”. Servizio che offre anche la Green Best di Maria Lucia Cossu e Paolo Insolera che nei loro servizi prevedono notte in ovile e giornata con il pastore. Un successo: “Sta diventando uno dei servizi più richiesti“. Il menù di proposte è ricco e vario, ma queste piccole realtà imprenditoriali devono molto al ‘’Comitato per il ripristino de Sos Cuiles’’. I volontari di Dorgali che hanno permesso il ‘’Rinascimento’’ del simbolo più noto della civiltà pastorale del Supramonte.
Gian Basilio Nieddu