Breve storia del gelato: dal pop anni ’80 al ritorno alla natura
Colorato, sempre uguale e dolcissimo. Il gelato degli anni ’80 e ’90 per molti può essere una nostalgia d’infanzia (come le canzoni di Michael Jackson e il Monclair), ma non è certo un bel ricordo per lo stomaco. Rispetto ai decenni precedenti, quando era ancora vagamente artigianale e sapeva di latte, uova, e pochi altri semplici ingredienti, in quegli anni il dolce estivo per eccellenza è diventato artificiale e il gusto si è standardizzato. Le antiche ricette e un concetto di gelato più “naturale” sembravano allora dimenticati. Ma ecco che, all’inizio del nuovo millennio, si innesca, inaspettata, l’inversione di tendenza.
Un’idea nuova, che però arriva da lontano e che conquista, prima del pubblico, gli aspiranti gelatai, fino a quel momento impegnati a fare altro nella vita. Se gli ormai mitici Guido Martinetti e Federico Grom – enologo il primo e manager di finanza il secondo – hanno lasciato il loro lavoro per dar vita, a Torino, all’omonimo gelato “come una volta” (così recita il claim), lo stesso hanno fatto i brianzoli Fabio e Monia Solighetto, anche loro manager in carriera che hanno abbandonato la scrivania conquistati dall’avventura dell’Albero dei Gelati (che a luglio ha aperto a Brooklin, NY). Simile il caso di Niccolò Curto, che dopo una laurea in giurisprudenza e una specializzazione in business administration, fonda Sublime, attratto da un concetto di boutique artigianale, e dice definitivamente addio al mondo della finanza. Sono solo alcune delle tante storie italiane che si potrebbero raccontare.
L’anno esatto in cui qualcosa cambia, tra palette e carapine, è il 2003, quando Guido e Federico aprono la prima gelateria Grom a Torino. Allora, racconta il primo, “non si prestava attenzione ad aspetti, per noi invece importanti, come la selezione attenta delle materie prime o le ricadute in termini ambientali. Giorno dopo giorno abbiamo notato i cucchiaini di plastica accumularsi nei nostri cestini. Dovevamo fare qualcosa. Non c’erano strade battute da seguire e abbiamo dovuto costruire tutto da zero”. I progetti più concreti hanno preso corpo col tempo: “Nel 2007 abbiamo acquistato i primi 8 ettari – oggi sono 17 – della nostra azienda agricola Mura Mura, nella quale facciamo sperimentazione e coltiviamo frutta per i nostri sorbetti in modo biologico e rispettoso della natura e della biodiversità. E dal 2009 abbiamo eliminato la plastica dalle gelaterie a favore del Mater-Bi, un materiale totalmente biodegradabile e compostabile, ricavato da fonti rinnovabili di origine agricola, come amido di mais e oli vegetali. Ma siamo sicuri che in futuro faremo ancora molto”. Oggi i punti vendita sono più di 60, in molte città italiane e anche all’estero, da Malibù a Osaka.
Sulla scelta di materie prime sostenibili punta anche L’Albero dei Gelati, marchio “nato nell’oasi” che comprende due gelaterie in Brianza e una con caffetteria annessa da poco aperta a New York. Nata come gelateria tradizionale nel 1985, dopo il passaggio del testimone dai genitori ai figli l’attenzione si è spostata sulla sostenibilità ambientale: la qualità dei prodotti, la filiera corta, adottando il modello della co-produzione con gli agricoltori. “Un accordo tra “chi utilizza” e “chi produce”, le materie prime. Dà la possibilità di essere parte integrante del processo produttivo, di conoscere in prima persona i metodi di coltivazione, rigorosamente bio, ma anche di condividere responsabilità e problematiche quotidiane”, racconta Fabio, che oggi gestisce le gelaterie insieme alla sorella Monia e al cognato Alessandro. Per adesso il modello è limitato a uova e fragole, ma anche nel caso degli altri prodotti c’è un confronto costante con gli agricoltori: “Trattandosi di aziende molto piccole, non sempre possono sostenere i costi della certificazione biologica. Noi però andiamo a vedere come lavorano, li conosciamo, e instauriamo con loro un rapporto di fiducia”. E se nella Brianza il verde è stato spesso soppiantato dai capannoni, nelle gelaterie c’è il tentativo di riportare i bambini a un contatto diretto con la natura, attraverso piccoli orti coltivati con piante autoctone.
Niccolò Curto, fondatore del marchio torinese di cioccolato e gelato Sublime, si è invece concentrato sul packaging: “Il nostro gelato, che per adesso distribuiamo solo nel Nord Italia, è confezionato in barattoli di vetro, il materiale più ecologico ed efficace per la conservazione. Nel nostro locale in via Nizza, a cui presto potrebbero aggiungersene altri due, uno a Torino e uno a Legnano, utilizziamo solo stoviglie riciclabili e compostabili: la ceramica è bandita per limitare il consumo di acqua”. Altro aspetto su cui sta puntando Niccolo è quello della distribuzione: “Abbiamo inaugurato questa estate la vendita ambulante di gelato con un piccolo mezzo elettrico che gira in città. Quest’estate ha funzionato solo a Torino, ma vorremmo fare lo stesso anche a Milano e a Forte dei Marmi”.
Veronica Ulivieri