Birra Peroni, una matrice per misurare la sostenibilità della bionda italiana
I padiglioni dello stabilimento di Roma del gruppo Birra Peroni – in zona industriale Tor Sapienza – sono annunciati da un’enorme insegna a sfondo rosso con la scritta Peroni in bianco, che gli automobilisti proprio non possono fare a meno di vedere. Una superficie di 210.000 mq dotata di una capacità produttiva pari a quasi 5 milioni di ettolitri l’anno: una struttura gigantesca dotata oggi di un impianto di cogenerazione da 3 MW che produce energia elettrica per tutto lo stabilimento e un impianto di depurazione delle acque reflue equivalente a quello di una cittadina di 95.000 abitanti. Gli altri stabilimenti italiani sono a Padova e Bari.
Ma i numeri di Peroni sono anche altri e riguardano la sostenibilità. Per presentarli alla stampa la fabbrica romana ha aperto le proprie porte, in occasione dell’iniziativa, promossa da Federalimentare insieme al Ministero dell’Istruzione, “Apertamente 2012, il gusto fa scuola”. I dati sulla riduzione del consumo idrico, sulle percentuali di rifiuti riciclati, sulla promozione del consumo responsabile sono, dunque, contenuti nel secondo Bilancio di Sostenibilità, sia ambientale che sociale.
Oggi parte del colosso sudafricano SABMiller, il secondo produttore di birra al mondo, Peroni – con una storia italiana alle spalle, lunga 160 anni – conta anche su marchi come Nastro Azzurro e Pilsner Urquell, a cui si sono aggiunti Miller Genuine Draft, Peroni Gran Riserva, Raffo e Wuhrer.
Chi non ricorda lo slogan “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”, che ha attraversato tutto il Novecento, entrando nell’immaginario collettivo italiano? Un secolo fa. Quando ancora la questione, oggi centrale, della produzione sostenibile era lontana dal porsi.
“Per noi che crediamo nell’Italia” è il titolo del Rapporto che individua ben dieci “priorità per lo sviluppo sostenibile”: consumo responsabile, acqua, energia ed emissioni, packaging, rifiuti, sviluppo dell’imprenditorialità, comunità. “Per monitorare le performance raggiunte rispetto ai prinicipi indicati nelle dieci priorità”, spiega il capo delle relazioni esterne di Peroni, Federico Sannella, “SABMiller ha ideato il Sustainability Assestment Matrix, un modello di misurazione che consente di tenere sotto controllo i progressi e sintetizzare i risultati raggiunti dalle aziende che fanno parte del gruppo”. In pratica, una “scala di cinque livelli indica il grado di aderenza ad ogni priorità”: si passa da uno standard minimo a un “leading edge”, un livello di leadership globale su una determinata tematica. “I criteri di valutazione”, spiega Sannella, “per raggiungere ciascun livello, sono suscettibili di misurazione tanto quantitativa quanto qualitativa”. Un’autovalutazione che “l’azienda compie ogni sei mesi” e il ritardo al raggiungimento del livello più basso da parte di un’azienda implica l’obbligo di questa a dotarsi di un piano d’azione per colmare il ritardo. Naturalmente, il “modello di valutazione è unico per tutti i paesi”, dotati di team che mettono in comune dati e best practices, verificandosi a vicenda. Nella massima trasparenza: ogni scheda, compilata dall’azienda è caricata sul sito di SABMiller.
Non solo parole dunque, ma dati. Sulla base di risultati misurabili, Peroni è in grado di provare i miglioramenti ottenuti dall’azienda negli ultimi tre anni nelle aree del consumo responsabile (“per aver condiviso politiche aziendali e iniziative di sensibilizzazione dei consumatori con le associazioni di settore”); nell’ambito della “comunità” (“oltre l’80% degli investimenti sono andati in progetti e a favore della comunità di riferimento”, come quelli rivolti alla Comunità di Sant’Egidio che opera per favorire l’inclusione sociale, soprattutto nel territorio romano); in trasparenza ed eticità (“per aver coinvolto gli stackholder per verificare la coerenza delle attività svolte dall’azienda in linea con le dieci priorità per lo sviluppo sostenibile”).
Ancora, Peroni è riuscita ad abbattere i propri consumi di acqua – risorsa preziosissima per la produzione della birra – del 7,4% durante il processo produttivo: circa 140 milioni di litri in meno rispetto al 2011, riduzione resa possibile grazie all’introduzione di nuove tecnologie. Un risultato che, sottolinea Sannella, “centra l’obiettivo di ridurre del 37% il rapporto tra l’acqua e la birra prodotta nel periodo 2008-2015”.
Anche nel risparmio energetico, grazie all’introduzione dell’“ebollizione dinamica” del mosto, che utilizza meno vapore, Peroni è riuscita ottimizzare i processi produttivi e con l’impianto di cogenerazione a metano per la produzione di energia elettrica e termica, è stata capace di recuperare oltre il 30% di energia, sotto forma di acqua calda e vapore. Il 10% del fabbisogno energetico totale, inoltre, è soddisfatto grazie alla produzione interna di biogas.
Altre voci, sotto il capitolo della sostenibilità, sono state individuate nel “packaging e nella gestione dei rifiuti”: “Oltre un terzo dei componenti è tratto da materiali riciclati: l’80% della carta e del cartone delle confezioni, il 57% di alluminio delle lattine, il 72% del metallo dei tappi, il 67% del vetro delle bottiglie”. Il ciclo virtuoso dei rifiuti, poi, nel biennio 2011-2012, ha permesso di recuperare il 97% delle oltre 5mila tonnellate di scarti di produzione.
La visita all’interno del birrificio romano – attraverso le odorose sale cottura e i padiglioni che ospitano enormi caldaie da miscela e serbatoi di fermentazione – termina al Museo Peroni: un viaggio nella storia della birra italiana più bevuta. Filmati d’epoca, materiali di confezionamento e promozionali, fotografie, manifesti e antichi macchinari compongono una sorta di “archivio storico” della memoria Peroni. Una curiosità: negli anni, il marchio si è modificato, come sono cambiate – per esigenze di marketing – la forma delle bottiglie e il colore del vetro (lo sapevate che la lattina conserva meglio della bottiglia il gusto della birra?): l’unico a non aver subito trasformazioni è il tappo Peroni. Rosso e dorato.
Ilaria Donatio