Sharing economy, gli italiani campioni di condivisione
Si può ridurre il proprio impatto ambientale grazie alla condivisione di beni e servizi? Una risposta possibile è la sharing economy. Abitazioni “collaborative” con palestra, lavanderia, governante, portineria e badante condominiale, Gruppi di Acquisto Solidali, Case dell’Acqua (dove rifornirsi di acqua filtrata naturale o gasata), Tages Mutter, car sharing e car pooling, bike sharing e anche foodsharing. Condivisione e scambio nascono come necessità ma si trasformano in una nuova economia.
Il valore a scala globale della sharing economy si aggira intorno ai 26 miliardi di dollari e, secondo alcuni studi presentati durante la fiera Experimentdays, in Italia la propensione alla condivisione sarebbe (il condizionale è d’obbligo) tra le più alte d’Europa perché solo il 44% degli italiani non dichiara disponibilità alla condivisione, mentre dicono espressamente no il 54% dei tedeschi e il 71% di inglesi e francesi.
Sono circa 20 le esperienze nazionali di abitazioni in cohousing nate dal 2005 in poi con il primo esperimento di Urban Farm Bovisa a Milano. Ad oggi si possono contare 3 cohousing realizzati a Milano, 1 a Torino, 1 a Ferrara, i a Bologna,1 a Villorba, 1 a Faenza, 1 a Fiorenzuola d’Arda. Altri progetti sono in corso ancora a Milano e provincia, a Varese, a Como, a Bologna e a Forlì.
Esistono poi numerose abitazioni costruite in cooperativa che dispongono di spazi comuni importanti. Anche se non nascono come cohousing veri e propri, nella realtà ne riproducono le stesse dinamiche di socialità e condivisione. A Milano sono circa una decina: tra di essi Villaggio Grazioli, Villaggio Scarsellini, Casa Ecologica.
Ma l’abitare collaborativo non è solo cohousing. Si pensi ai progetti di Housing Sociale che presenta spazi comuni importanti anche aperti al quartiere: Milano via Cenni, Zoia, Villaggio Barona. I condomini solidali di Mondo Comunità e Famiglie, 18 in tutto: tre in Piemonte, una in Toscana, una in Friuli Venezia Giulia e le rimanenti in Lombardia. E anche la Rete degli Ecovillaggi con oltre 30 esperienze italiane.
Da poco sono poi nati NextDoorHelp e Cambia Cibo, strumenti collaborativi di foodsharing che abilitano i cittadini allo scambio delle loro eccedenze alimentari. E questo per ridurre lo spreco domestico, che costituisce la percentuale più alta lungo l’intera filiera (42%). Secondo i dati raccolti recentemente dall’Adoc ogni famiglia, in Italia, ogni anno getta nel cassonetto circa 480 euro; ogni mese, invece, spende in media 570 euro per generi alimentari. Il 36% dei prodotti che vengono buttati sono quelli freschi.
Notizia fresca fresca è, infine, che la giunta di Palazzo Marino è pronto ad approvare una delibera che possa sviluppare ancora di più la cosiddetta economia collaborativa per una città condivisa con incentivi e un bollino di qualità. Quella che già oggi lavora – in 40 spazi di coworking – o produce in comune, tra fab lab e indirizzi dedicati ai makers, gli artigiani digitali. Quella che sperimenta il crowdfunding e che, quando la prossima primavera alle 3.500 biciclette e alle 1.900 auto si aggiungeranno anche 1.000-1.500 scooter, potrà viaggiare con qualsiasi mezzo ‘di tutti’. E non solo. Perché la città dello sharing è anche quella che si prepara a Expo. Con i servizi che potrebbero aumentare ulteriormente in attesa dei 20 milioni di visitatori: dai gruppi che vorrebbero lanciare un’App per far vivere tour inconsueti di Milano agli alloggi in condivisione e alle case da scambiare; dai passaggi in auto all’assistenza a bambini, anziani e animali fino alle cene e ai corsi di cucina.
Francesca Fradelloni