Più bici in città, ma gli “utenti deboli” della strada continuano a morire di traffico
“Domenica 30 giugno sono stato vittima di un gesto di pirateria stradale a bordo della mia bicicletta. Stavo scendendo sulla strada che da San Mauro di Saline (in provincia di Verona, ndr) porta a Mezzane, intorno alle 11,30, quando prima del bivio per Tregnago, su strada rettilinea a due corsie , un SUV (…) ha sorpassato prima un’auto e poi anche le successive due, invadendo completamente la mia corsia. Dietro di me avevo altri tre ciclisti, che non conosco, per cui saremmo diventati inconsapevoli compagni di morte, se non fosse stato per la nostra prontezza di riflessi che ci ha spinto, a non meno di 15 metri dall’impatto, a gettarci fuori strada, nel campo alla nostra destra. (…) Se oggi non ci sono vedove e orfani, se non abbiamo occupato una pagina de l’Arena, è merito nostro”.
Emanuele Turri è un ciclista veronese. Sul sito della Fiab (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) racconta sbigottito l’episodio che avrebbe potuto costargli la vita. Gli incidenti, con le dovute differenze, spesso di assomigliano: l’automobilista non vede il ciclista, fa un sorpasso azzardato, esce dalla rotonda senza guardare, svolta senza fare attenzione. In molti casi chi è in sella alle due ruote non sopravvive, soprattutto se la velocità è oltre i 30 chilometri orari. E le cose vanno addirittura peggio per i pedoni.
Per richiamare l’attenzione su questo stillicidio silenzioso, questa sera a Torino, davanti al palazzo del Comune, l’associazione Bike Pride ha organizzato una manifestazione: “Nel giorno dalla scomparsa di Gianmatteo Gerlando, il ragazzo di 28 anni investito e ucciso su un attraversamento ciclabile mentre si recava al lavoro, scendiamo di nuovo in piazza per ricordare tutte le vittime innocenti della strada che ogni giorno pagano sulla propria pelle il prezzo di una città a misura di auto ma non ancora di persona”. Proprio nel capoluogo piemontese, solo pochi giorni fa un ragazzo di 24 anni, Christian Ascolese, è stato falciato su un marciapiede da un coetaneo ubriaco al volante. Un episodio che “testimonia come la sicurezza di pedoni e ciclisti sia ancora un tema sottovalutato. La velocità e una cultura che privilegia le auto come uniche utenti della strada, continuano a mettere a repentaglio la vita di chi si muove con altri mezzi”, commentano i membri dell’associazione.
I dati dell’ultimo Rapporto ACI-Istat sugli incidenti stradali, pubblicato lo scorso ottobre, danno l’idea della gravità del fenomeno. Nel 2011 sono morti 282 ciclisti, quasi uno al giorno, e ne sono rimasti feriti più di 16.000. Non va meglio per i pedoni, l’altro “soggetto debole” della strada: in un anno i morti sono 589, i feriti oltre 21.000. “Con qualche anno di ritardo, ci si sta avvicinando al dimezzamento delle morti rispetto al 2001 (-45%) chiesto dall’Unione Europea. Questo dato è però sempre più sbilanciato verso le quattro ruote (-56%, dimezzamento abbondantemente superato) a scapito dell’utenza debole (-37% pedoni, -13% ciclisti, – 30% motociclisti)”, fa notare Edoardo Galatola, responsabile Sicurezza di Fiab. Per il terzo anno consecutivo, caso unico in Europa, nel 2011 i morti nell’utenza debole hanno superano quelli delle auto. In particolare, “i ciclisti sono l’unico segmento che ha visto un incremento seppur minimo di morti rispetto al 2010 (282 contro 263), ma anche per pedoni e motociclisti la riduzione è stata minima”. Nell’insieme, però, c’è una nota positiva: “Questo dato non va letto in valore assoluto, ma rapportato agli spostamenti. Poiché questi sono aumentati, l’incidentalità per chilometro percorso è diminuita”.
Nonostante da un paio d’anni sia aumentata l’attenzione verso la bicicletta, e sia cresciuta per la crisi, ma anche per un’evoluzione degli stili di vita, la percentuale di chi utilizza questo mezzo, sul fronte degli interventi per la sicurezza nei centri urbani c’è ancora molto da fare. “Le ricerche dimostrano che all’aumentare dei ciclisti diminuiscono i rischi, perché la percezione dell’automobilista cambia, e il traffico si modifica di conseguenza”, continua Galatola. Tuttavia, se in Emilia Romagna, Trentino e Puglia si è fatto molto, così come in cittadine come Lodi, in altre aree d’Italia sono pochi gli interventi a misura di ciclista e pedone. “Spesso si pensa alle piste ciclabili, che però sono indispensabili solo sulle strade extraurbane o sulle grandi arterie urbane. All’interno delle città è possibile attuare misure più economiche, ma risolutive, come le zone 30 e la riorganizzazione dello spazio, riducendo per esempio la carreggiata riservata alle auto nel caso di strade a tre o quattro corsie”.
A Roma, intanto, è partito il conto alla rovescia per un evento epocale: la pedonalizzazione dei Fori Imperiali, dove più di un “utente debole” ha perso la vita. Lo stop ai veicoli sulla strada che unisce Piazza Venezia al Colosseo scatterà a fine mese, ma intanto le associazioni di ciclisti urbani sono impegnate a migliorare l’intervento di Ignazio Marino: in particolare, si chiede al sindaco di adattare alla mobilità ciclistica anche la vicina via Labicana, con riduzione della carreggiata riservata alle auto e introduzione del doppio senso di marcia per le bici. In modo che la via monumentale non finisca per essere solo una piccola oasi.
Veronica Ulivieri