Piccole imprese “green” crescono. Tre metri più delle altre
Fiducia nel settore, propensione a investire in innovazione, fatturati ed export invariati e una prudente attesa di ripresa, da qui a giugno. È quanto pensano le piccole imprese che operano nel variegato mondo della green economy monitorate dalla Fondazione Impresa di Mestre. Ed è anche ciò che contraddistingue le “eco-aziende” rispetto a quelle tradizionali.
Nella seconda indagine dell’Osservatorio Congiunturale sulla Piccola Impresa Green in Italia, pubblicato in questi giorni dalla fondazione veneziana, sono state intervistate telefonicamente 400 aziende con meno di venti addetti che operano nei settori green per eccellenza, come le energie rinnovabili (fotovoltaico ed eolico in primis), il riciclaggio dei rifiuti, la tutela ambientale, la certificazione di prodotti e processi produttivi e la consulenza in materia di ambiente. Ai piccoli imprenditori italiani è stato chiesto di raccontare lo stato di salute delle loro aziende nel 2011 e di ipotizzare come andrà quest’anno, attraverso l’analisi di indicatori economici precisi, come la produzione, il volume di fatturato e di ordini, la percentuale di esportazioni, i prezzi dei loro fornitori, il livello di occupazione e di investimenti da loro operati. Se in questo contesto di recessione economica il futuro non è del tutto roseo, le imprese green sono comunque convinte di aver fatto un passo in avanti verso l’uscita dal tunnel della crisi e mantengono una discreta fiducia nel settore, che si traduce con un boom di investimenti, per un quarto in innovazione.
«Nonostante la crisi recessiva – si legge nel rapporto – nel secondo semestre del 2011, rispetto al primo dello stesso anno, le piccole imprese green hanno registrato una diminuzione della produzione di appena lo 0,1%, mentre il fatturato non ha conosciuto variazioni. Gli ordini hanno registrato un meno 0,4%, tuttavia ha tenuto l’export, registrando aumenti dello 0,6%. L’unico dato poco confortante registrato nel secondo semestre del 2011, rispetto a quello precedente, è rappresentato da una flessione dell’occupazione dello 0,8%. A livello previsionale, gli operatori del settore manifestano una certa prudenza, ipotizzando andamenti per la produzione e per il fatturato rispettivamente del meno 0,1% e del più 0,1%. Per i primi sei mesi del 2012, tuttavia, è prevista una ripresa degli ordinativi (più 0,5%) e delle esportazioni (più 0,8%), dovrebbe stabilizzarsi positivamente l’occupazione (più 0,3%) e aumentare l’incidenza degli investitori, attestandosi intorno al 16 %».
Insomma, se son rose fioriranno. Quello che si capisce dai dati congiunturali del rapporto nel loro insieme è però che l’economia sostenibile, pur nel contesto generalizzato di crisi dei mercati interni ed esteri, “tiene” molto più di altri settori e gli operatori si dimostrano tendenzialmente fiduciosi.
La domanda nel secondo semestre del 2011, ad esempio, ha sì avuto una flessione dello 0,1% ma gli operatori, pur ammettendo risultati negativi rispetto ai primi sei mesi dell’anno, ipotizzano andamenti col “più” davanti nel 2012, con un saldo di opinione positivo di 1,9.
Se per il fatturato siamo alla cosiddetta “crescita zero”, la previsione nei primi sei mesi del 2012 è di un aumento dello 0,1%, mentre il saldo di opinione degli operatori che stimano un fatturato in ascesa nel primo semestre 2012 è più 3,2. E ancora, se il 2011 si è chiuso con un meno 0,4% anche per gli ordinativi, tuttavia molte imprese ipotizzano per il primo semestre del 2012 un aumento dello 0,5%.
Poco incoraggianti, come anticipato, i dati del primo semestre del 2011 relativi ai prezzi dei fornitori e al personale assunto. I primi sono aumentati del 2% e secondo gli imprenditori cresceranno ancora fino al 2,4% (l’incremento dovuto per gli intervistati a un aumento dei costi diretti e indiretti della produzione, influendo anche sui costi finali dei propri prodotti, si riflette anche su domanda e produzione). Il secondo è invece diminuito, con una perdita di posti di lavoro dello 0,8%, che dovrebbe però arrestarsi nel primo semestre di quest’anno, attestandosi a più 0,3%.
Una boccata d’ossigeno alle imprese la danno i mercati esteri. A differenza di quello nazionale, stagnante, il fatturato dalle esportazioni registra un più 0,6% negli ultimi sei mesi del 2011 rispetto ai primi sei, mentre la previsione per la prima metà di quest’anno è addirittura del più 0,8%.
A differenziare le piccole imprese green sono soprattutto la capacità di investire e la tipologia degli investimenti. «Nonostante la crisi, le piccole imprese green dimostrano di continuare a credere nel settore, manifestando una buona propensione all’investimento – spiegano i ricercatori di Fondazione Impresa -. L’11,6% degli operatori, infatti, ha operato investimenti nel secondo semestre del 2011 e il 16% intende farlo nei primi sei mesi del 2012».
Un piccolo imprenditore su tre (37,7% degli intervistati) negli ultimi sei mesi del 2011 ha investito per un valore superiore ai 50mila euro e, rispetto ai primi sei mesi del 2011, gli investimenti superiori ai 200mila euro sono passati dall’11,4% al 16 %.
Se le piccole imprese tradizionali investono in innovazione e automazione il 9,5% dei loro investimenti, le loro alter ego green innovano per più di un quarto dei loro investimenti (26,5%) e una su due (52%) ricorre preferibilmente a risorse finanziarie proprie, anche se nel secondo semestre del 2011 rispetto alla prima metà dell’anno chi ha fatto ricorso alle banche è passato dal 27,5% al 43,6%.
I ricercatori hanno pure misurato, in termini metrici, la percezione di uscita dal “tunnel della crisi” degli operatori della green economy. «Negli ultimi sei mesi del 2011, le piccole imprese green hanno dichiarato di aver compiuto quasi “un metro” in avanti rispetto ai primi sei mesi dello stesso anno, passando da 68,7 metri a 69,6 metri”, spiegano. “Le piccole imprese green sono più avanti rispetto alle piccole imprese in generale, che nel secondo semestre del 2011 si sono fermate a 66,8 metri».
Alessandra Sgarbossa