Our Secret Garden: un orto urbano nascosto in città
La Torino grigia e postindustriale, fittamente abitata e ad alta densità edilizia non è del tutto scomparsa, ma sicuramente sta nascendo, da alcuni anni, una città dentro la città che cerca una riqualificazione verde, con l’obiettivo di una maggiore vivibilità. La possibilità di intervenire sui cortili interni degli edifici e inverdirli con orti può rappresentare un passo importante, non solo da un punto di vista ambientale ma anche sociale. Ne abbiamo parlato con l’Arch. Elena Carmagnani dello STUDIO999, artefice, con i colleghi, della di un progetto pilota di orto urbano, che costituisce oggi un interessante caso di studio nazionale.
D) Come nasce l’idea di Our Secret Garden?
R) L’idea è nata dal nostro Studio, in un edificio dell’Ottocento appartenente al quartiere di San Salvario, proprio in un momento di forti contrasti sociali. Abbiamo riqualificato l’edificio storico e nel 2010 abbiamo fatto partire il progetto pilota Orto assieme agli abitanti del condominio: è così che è stato realizzato l’orto sul tetto, con dieci piccoli appezzamenti coltivati. Da oltre dieci anni il nostro Studio è così diventato luogo di incontro e motore della trasformazione di un quartiere difficile, dove c’è spazio tuttavia per attività condivise.
D) Quali sono i vantaggi, dal punto di vista energetico e ambientale, oltre l’evidente valore estetico?
R) L’orto garantisce vantaggi a tutti i livelli: realizzato con isolante e terra, produce un miglioramento energetico in grado di abbassare anche del 30% i costi di riscaldamento e di condizionamento. Vi è poi il vantaggio di un ottimo isolamento e lo sfruttamento della terra come inerte naturale. L’acqua meteorica viene in buona parte assorbita dal terreno e quindi utilizzata in modo cosciente e non sprecata. L’idea sarebbe quella di creare una rete di orti, nelle città e quindi nei relativi cortili, in cui la produzione alimentare potrebbe essere messa a disposizione del quartiere. Ci si potrebbe accordare con i proprietari dei negozi, tramite la vendita e la distribuzione di alcuni prodotti, e si potrebbe pensare ad una vera e propria linea, un brand per questo tipo di prodotto a km 0 , in modo da diffondere questo processo con maggior facilità. San Salvario è un quartiere che si presta molto a questo genere di iniziative, che però richiedono risorse umane e soprattutto competenze tecniche.
D) Come è stata accolta quest’iniziativa dai condomini? Avete riscontrato opposizioni? Magnani sostiene che ”le buone pratiche non bastano se non sono socialmente condivise”…
R) La situazione di partenza qui era ottimale ed è stata, da subito, approcciata in modo favorevole: tutti hanno contribuito, tutti oggi coltivano e raccolgono. Nel caso di privati, la situazione è più facile poiché non si deve chiedere il permesso di nessun altro. Più problematica è la situazione condominiale, in quanto si deve raggiungere un accordo con gli altri condomini. Abbiamo provato, in seguito all’eco che quest’esperienza ha avuto, a fare cose analoghe in altri cortili su richiesta dei cittadini. Ma ci siamo trovati di fronte a diverse difficoltà perché, anche in situazioni che si presentavano ideali – quali edifici con tetto piano, facilità di accesso, ecc – era quasi un’impresa impossibile convincere gli abitanti che ci sarebbe stato un miglioramento energetico e nei costi. E’ perciò necessario che questo tipo di pratiche sia accompagnato in modo consapevole fin dalla nascita, in modo da far capire a tutti quali siano i reali vantaggi e le tecnologie utilizzate.
D) In che modo il vostro Studio offre consulenza a chi voglia replicare questa esperienza nel proprio quartiere e più in generale in città? Avete già ricevuto delle richieste?
R) Quando è partita quest’esperienza abbiamo avuto da subito molte richieste, abbiamo studiato insieme agli abitanti diverse situazioni e in alcuni casi siamo anche riusciti a fare qualche intervento. Si trattava però sempre di situazioni private: replicare una situazione favorevole come questa, in cui tutti prima si mettono d’accordo e innescano le pratiche di condivisione degli spazi, risulta, come dicevo, molto complicato. E’ proprio su questo che stiamo lavorando ora per cercare di rendere le cose più facili. Ci servirebbe forse un appoggio dalle Amministrazioni, perché una pratica del genere possa essere maggiormente diffusa. Bolzano è un ottimo esempio italiano: ci sono degli incentivi per chi innesca progetti sostenibili e sono stati definiti incentivi fiscali per facilitare e convincere la gente a intraprendere la strada del verde.
D) Per quanto riguarda i costi di realizzazione e manutenzione come si rapporta il progetto pilota Orto rispetto ad un comune tetto verde?
R) Per un tetto con una semplice guaina (sempre che sia già in buone condizioni e non debba esser sostituita) con 15- 20 cm di profondità – dimensione ideale per coltivare patate, pomodori ecc – si possono considerare 45 euro al mq. Chiaro che i costi aumentano nel caso in cui si debbano fare particolari pavimentazioni, come abbiamo fatto noi, in legno. Si tratta comunque di una spesa assolutamente accessibili per tutti.
D) Quali sono le coltivazioni possibili?
R) Noi coltiviamo pomodori, patate, insalate di varie tipologie, fave, finocchi e a volte anche zucchine. Su questo tipo di profondità è il massimo che si può piantare.
D) Torino si candiderà come Capitale del Paesaggio, nel 2016; ma già il 4 giugno in città si svolgerà il convegno Nutrirsi di Paesaggio all’interno del Festival dell’Architettura. La Città sta facendo molti progressi da un punto di vista ambientale. Come si pone la vostra iniziativa in questo contesto?
R) Sicuramente questo piccolo esempio può esser ritenuto un tassello che dovrebbe innescare una rete di iniziative analoghe: proprio per questo motivo è stato premiato da Legambiente come Innovazione Amica dell’Ambiente nel 2010. Nell’ambito di un ragionamento allargato sul territorio sarebbe interessante inserirsi nel contesto del paesaggio urbano. Il nostro intento sarebbe quello di contribuire alla trasformazione di queste superfici in orti e giardini, creando una rete di piccoli interventi a basso costo e realizzabili con facilità da tutti in poco tempo; è proprio grazie a frammenti verdi come questi che si può immaginare un progetto più globale, che potrebbe andare a interessare tutto il territorio italiano.
Valentina Burgassi