Presentato il Rapporto Energy[R]evolution
Greenpeace è approdata oggi ad “Uniamo le Energie“ rappresentata da Francesco Tedesco, Responsabile Campagna Energia e Clima, per presentare il Rapporto Energy[R]evolution Italia.
Il progetto si colloca nell’ambito di un contesto ampio e ambizioso, sviluppato con EREC (European Renewable Energy Council), che mira a suggerire una strategia globale per ristrutturare il sistema energetico del pianeta.
L’escalation di pronostici allarmanti dalla comunità scientifica, comprovati da sempre più frequenti disastri ambientali, ha iniziato a smuovere l’opinione pubblica. L’Himalaya, terzo polo ghiacciato della Terra, minaccia di ridursi dell’80% entro il 2040, con il rischio di esporre ad una devastante crisi idrica un quinto della popolazione mondiale. Nel frattempo i ghiacciai dell’Artico, soggetti per natura ad una riduzione ciclica, registrano ogni anno un record negativo relativo al punto di minimo: se, come previsto, la superficie bianca lasciasse spazio all’oceano blu scuro, i raggi solari sarebbero assorbiti causando un aumento delle temperature. Così, alla vigilia della Conferenza Onu sul clima di Copenaghen, il mondo politico risponde con preoccupazione. Da Ban Ki-Moon a Barroso e Obama il messaggio sembra essere univoco: “Bisogna agire e occorre farlo in fretta”.
La questione resta se sia possibile fermare questa escalation e, soprattutto, come.
Greenpeace sottolinea la necessità di contenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C (ad oggi l’aumento è dello 0.8°C). Occorre, in base al rapporto Energy[R]evolutions puntare ad una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra al 2020 per arrivare alle emissioni zero nel 2050.
Il problema che simili obiettivi sollevano è se, dalla lettera dei progetti, si possa effettivamente arrivare a risultati concreti. Una rivoluzione energetica ha, infatti, costi enormi che non sempre i Paesi sono disposti, o capaci, di affrontare. Nel caso dei paesi in via di sviluppo, le spese per adeguare il sistema produttivo agli standard del protocollo di Kyoto non sono sostenibili, anche se è esattamente in queste aree che i danni di un progresso incauto lasciano maggiormente il segno. Per mettere in atto misure di adattamento occorrerebbero 110 miliardi di euro l’anno fino al 2020, ipotesi che subisce una battuta d’arresto di fronte all’offerta da parte dell’UE di 10-15 miliardi l’anno. Cifre tanto elevate assumono tuttavia una dimensione più tangibile se poste nei dovuti rapporti di paragone: considerando che l’evasione fiscale italiana si aggira attorno ai 100 miliardi annui sembra del tutto irrisoria la richiesta di 60 avanzata dal continente africano.
Questione economica a parte il rapporto Energy[R]evolution stima come traguardi possibili per l’Europa la riduzione delle emissioni di Co2 del 30% al 2020 (e dell’80% al 2050), il passaggio da 7,9 a 2 tonnellate di Co2 procapite, l’eliminazione del nucleare entro il 2040 e la progressiva diminuzione dell’utilizzo di carbone e altre fonti fossili. Perché questo sia possibile occorre necessariamente ridurre i consumi e puntare sull’efficienza energetica, che permetterebbe un risparmio del 53% dell’energia primaria. Ai costi richiesti dall’utilizzo di fonti rinnovabili risponderebbero risparmi sul medio-lungo periodo: uno sviluppo pulito libera risorse economiche, crea maggiore occupazione, libera dai rischi del nucleare e, soprattutto, svincolerebbe l’Europa dalla dipendenza energetica da altri paesi.
L’eolico e il solare fotovoltaico sono le rinnovabili più conosciute, ma la vera regina delle rinnovabili è il solare a concentrazione. In poche parole, questo sistema di specchi, veicola l’energia solare in celle e il vapore prodotto, azionando le turbine, genera energia pulita. Il sistema proposto dal nobel Carlo Rubbia, invece, prevede di sostituire gli oli usati come vettori nel modello classico con un composto salino che funge da volano termico, ovvero immagazzina il calore per poi restituirlo secondo necessità. Il fatto che Rubbia abbia portato i suoi progetti dallo stivale alla ben più lungimirante penisola Iberica, la dice lunga. Spagna e California, capofila nell’utilizzo del solare a concentrazione, sembrano averne compreso i vantaggi. Questo sistema, prescindendo dal sistema “diffuso” che caratterizza gli altri impianti di energia rinnovabile, funziona come una vera e propria centrale energetica, ma senza rischi ed emissioni nocive.
Energy[R]evolution presenta due possibili scenari di crescita. Il primo, moderato, auspica una produzione di 800 GW entro il 2050; il secondo, detto “spinto” con la produzione di 1500 GW farebbe risparmiare almeno 6 tonnellate di emissioni (pari a quelle prodotte dalla Cina in un anno). Il problema, però, deriva ancora una volta dalla concretezza di queste previsioni: mentre la Spagna e la California si muovono nella direzione giusta, paesi come l’Italia sembrano arretrare. Non solo non vengono rispettati i parametri comunitari e il Protocollo di Kyoto, ma addirittura si registra un ritorno al carbone, con relativo aumento delle emissioni.
In conclusione, una Rivoluzione energetica è possibile secondo Greenpeace - o, quantomeno, auspicabile – ma ad oggi gli scenari di sviluppo poggiano su un fragile sistema di doppie fondamenta. I pilastri della sostenibilità aspettano di essere supportati da solide basi politiche, senza le quali non possono reggere. Il presidente Obama, nel suo discorso di apertura ha dichiarato: “non possiamo consumare le risorse del mondo senza pensare agli effetti, perché il mondo è cambiato e dobbiamo cambiare con lui.” Non resta che aspettare Copenhagen.
Ilaria Burgassi